tag:blogger.com,1999:blog-82507391661207267502023-11-16T12:59:35.580+01:00Fondazione Berti-per non dimenticareBERTI.GIANhttp://www.blogger.com/profile/02367020598082211162noreply@blogger.comBlogger378125tag:blogger.com,1999:blog-8250739166120726750.post-65036694755861189002021-04-13T08:44:00.002+02:002021-04-13T08:44:26.884+02:00La scuola di Francoforte e l'analisi della personalità autoritaria<p>La Scuola di Francoforte (operante dagli anni ’20 agli anni ’70) ha
sviluppato una teoria critica del capitalismo e del comunismo
sovietico, alla luce dell'ideale rivoluzionario di un'umanità futura
libera e disalienata. Il pensiero critico mira a smascherare le
contraddizioni dei due suddetti sistemi e a prospettare un modello
utopico alternativo a entrambi.
Il quadro di riferimento teorico
Theodor Adorno Max Horkheimer Herbert Marcuse Leo Löwenthal
Erich Fromm Jürgen Habermas Franz OppenheimerOpere
• Max Horkheimer, (1930), Anfänge der bürgerlichen Geschichtsphilosophie. Gli inizi
della filosofia borghese della storia. Da Machiavelli a Hegel.
• Erich Fromm, Max Horkheimer, Herbert Marcuse (1936), Studien über Autorität und
Familie: Forschungsberichte aus dem Institut für Sozialforschung, Studi sull'autorità
e la famiglia
• Erich Fromm (1941), Escape from freedom, Fuga dalla libertà
• Max Horkheimer, Theodor W. Adorno (1947), Dialektik der Aufklärung.
Philosophische Fragmente. La dialettica dell‘Illuminismo
• Max Horkheimer, (1947), Eclipse of Reason. Eclissi della ragione. Critica della
ragione strumentale
• Theodor W. Adorno, Else Frenkel-Brunswik, Daniel J. Levinson e Nevitt Sanford
(1950), The authoritarian personality, La personalità autoritaria
• Theodor W. Adorno, (1951), Minima Moralia. Reflexionen aus dem beschädigten
Leben, Minima moralia. Meditazioni della vita offesa
• Erich Fromm (1955), The sane society, Psicanalisi della società contemporanea
• Herbert Marcuse (1955), Eros and Civilization: A Philosophical Inquiry into Freud,
Eros e civiltà
• Jürgen Habermas, (1962), Strukturwandel der Öffentlichkeit. Untersuchungen zu
einer Kategorie der bürgerlichen Gesellschaft, Storia e critica dell'opinione pubblica
• Theodor W. Adorno, (1963), Drei Studien zu Hegel, Tre studi su Hegel
• Herbert Marcuse (1964), One-Dimensional Man: Studies in the Ideology of
Advanced Industrial Society, L’uomo ad una dimensione
• Theodor W. Adorno, (1966), Negative Dialektik, Dialettica negativa
• Jürgen Habermas, (1981) Theorie des kommunikativen Handelns, Teoria dell‘agire
comunicativogli autori fondamentali cui la scuola si rifà sono Hegel,
Marx e Freud:
dalla tradizione hegelo marxista, la scuola deriva la
tendenza filosofica a
impostare un discorso
dialettico e totalizzante intorno
alla società: si mette in
discussione la società
globalmente intesa (come
sistema), esprimendosi su
come dovrebbe essere
da Freud la scuola deriva gli
strumenti analitici per lo studio
della personalità e dei
meccanismi di "introiezione"
dell'autorità :
i concetti di libido e ricerca del
piacere devono essere
interpretati come istinti creativi
che devono essere liberati
dalle imposizioni autoritarie
della società classista
Gli autori di riferimentoTutte le elaborazioni teoriche della Scuola devono essere messe in
rapporto ai tre fenomeni storici principali dell'epoca:
Il nazifascismo in
Europa occidentale
che stimola la
problematica
dell'autorità e i suoi
nessi con la società
industriale moderna
lo stalinismo nella
Russia sovietica
considerato come
l'altra faccia del
capitalismo odierno
la moderna società
tecnologica e
opulenta americana
che stimola la
riflessione
sull'industria
culturale,
sull'individuo
eterodiretto
La delusione per il socialismo reale, la fine del fascismo non per una
rivoluzione popolare, l’integrazione delle masse nel sistema capitalistico
grazie all’industria culturale, alimentano la mancanza di speranza nella
società nuova constatando l’inumanità della vita presente
Posizionamento storico-politicoHorkheimer riflettendo sul concetto di razionalità distingue la ragione
soggettiva da quella oggettiva, universale, tipica dei grandi sistemi
filosofici: si tratta della ragione della civiltà industriale che si risolve nella
funzionalità, nella tecnica, nell'utilità.
«Dal momento in cui la ragione divenne lo strumento del dominio
esercitato dall’uomo sulla natura umana ed extraumana - il che
equivale a dire: nel momento in cui nacque -, essa fu frustrata
nell’intenzione di scoprire la verità. Ciò è dovuto al fatto che essa
ridusse la natura alla condizione di semplice oggetto e non seppe
distinguere la traccia di se stessa in tale oggettivazione. […] Si
potrebbe dire che la follia collettiva imperversante oggi, dai campi di
concentramento alle manifestazioni apparentemente più innocue
della cultura di massa, era già presente in germe nell’oggettivazione
primitiva, nello sguardo con cui il primo uomo vide il mondo come una
preda» (Horkheimer, Eclissi della ragione)
Il paradosso della razionalità strumentaleLa logica del dominio, alla base della prassi dell'Occidente, coincide con
l'ideale di razionalizzazione del mondo per plasmarlo e soggiogarlo a
vantaggio dell'uomo: è la storia dell'illuminismo il cui apice è costituito dalla
moderna società industriale.
Ma l'illuminismo è segnato da una dialettica auto-distruttiva: la pretesa di
accrescere sempre più il potere sulla natura tende a rovesciarsi in un
progressivo dominio dell'uomo sull'uomo ed in un asservimento degli
individui al sistema..
«L'illuminismo nel senso più ampio di pensiero in continuo
progresso, ha perseguito da sempre l'obiettivo di togliere agli
uomini la paura e di renderli padroni, ma la terra interamente
illuminata splende all'insegna di una trionfale sventura, gli
uomini pagano l'accrescimento del loro potere con
l'estraniazione da ciò su cui lo esercitano. L'Illuminismo si
rapporta alle cose come il dittatore agli uomini, che conosce in
quanto è in grado di manipolarli. Ogni tentativo di spezzare la
costrizione naturale spezzando la natura, cade tanto più
profondamente nella coazione naturale: è questo il corso della
civiltà europea» (Horkheimer- Adorno, Dialettica
dell’illuminismo)
La dialettica dell’Illuminismo (1947)Il prezzo di questo processo di decadimento è la perdita della libertà
e della felicità: le vicende epiche di Ulisse adombrano il destino
dell’uomo occidentale il quale porta a termine il progetto di
asservimento della natura soltanto rinunciando a se stesso…
«In un racconto omerico è custodito il nesso di mito,
dominio e lavoro. Il dodicesimo canto dell’Odissea narra
del passaggio davanti alle Sirene.[…] é impossibile udire
le Sirene e non cadere in loro balía: esse non si possono
sfidare impunemente. Sfida e accecamento sono la
stessa cosa, e chi le sfida è già vittima del mito a cui si
espone. Ma l'astuzia è la sfida divenuta razionale. Ulisse
non tenta di seguire un'altra via da quella che passa
davanti all'isola delle Sirene. E non tenta neppure di fare
assegnamento sul suo sapere superiore, e di porgere
libero ascolto alle maliarde, nell'illusione che gli basti
come scudo la sua libertà. Egli si fa piccolo piccolo, la
sua nave segue il suo corso fatale e prestabilito, ed egli
comprende che, per quanto possa distanziarsi
consapevolmente dalla natura, le rimane, come
ascoltatore, asservito»
La perdita della libertà e della felicità «Proprio in quanto - tecnicamente illuminato - si fa
legare, Ulisse riconosce la strapotenza arcaica del
canto. Egli si china al canto del piacere, e lo sventa, cosí
come la morte. L'ascoltatore legato è attirato dalle Sirene
come nessun altro. Solo ha disposto le cose in modo
che, pur caduto, non cada in loro potere. Con tutta la
violenza del suo desiderio, che riflette quella delle
creature semidivine, egli non può raggiungerle, poiché i
compagni che remano, con la cera nelle orecchie, non
sono sordi solo alle Sirene, ma anche al grido disperato
del loro capitano» (Horkheimer e Adorno, Dialettica
dell'illuminismo)
L’astuzia di Ulisse con cui riesce a resistere al pericolo
distruttivo rappresentato dalle Sirene è il simbolo
dell’illuminismo, della razionalità calcolatrice, che finisce per
ritorcersi contro lo stesso eroe che da essa viene imprigionato e
dominato. Ulisse può godere del canto solo in quanto esso resta per
lui lo struggente annuncio di una felicità ormai irraggiungibile:
all’uomo razionale, chiuso nella propria solitudine, l’arte non può
arrecare più nulla se non la nostalgia infinita della condizione di
felicità dalla quale l’intera storia lo ha allontanato
La perdita della libertà e della felicità Il dominio del sapere scientifico, della razionalità, della
tecnica e dell’oggettivazione si abbatte non solo sulla
natura e sull'ambiente, ma anche dagli uomini sugli
uomini, sugli istinti umani e su chi è percepito come
diverso, secondo un’ottica della accettazione di tutto ciò
che è identico e di rifiuto ovvero di eliminazione di tutto
ciò che presenta caratteristiche differenti.
Conseguenze negative=
• Impoverimento dell’esperienza [standardizzazione e
omologazione]
• Consumismo
• Personalità autoritaria
• Conformismo
• Assenza di critica e di visioni alternative
La logica del dominioAnche il marxismo inseguendo l'ideale di un padroneggiamento
della natura e della società finisce per rientrare nella logica
illuministica della nostra civiltà:
«Ciò che Marx immaginò essere il socialismo è in realtà il mondo
amministrato» (Horkheimer, La nostalgia del totalmente Altro)
Le previsioni di Marx si sono dimostrate illusioni: la rivoluzione, il
futuro regno della libertà, l’identificazione di giustizia e libertà
«la situazione sociale del proletariato è migliorata senza la
rivoluzione, e l'interesse comune non è più il radicale mutamento
della società, ma una migliore strutturazione materiale della vita»
«la logica immanente della storia ... porta in realtà ad un mondo
amministrato. Tramite la potenza in via di sviluppo della tecnica,
l'aumento della popolazione, la ristrutturazione inarrestabile dei
singoli popoli in gruppi rigidamente organizzati, tramite una
competizione senza risparmio di colpi tra i blocchi contrapposti di
potenza, a me sembra inevitabile la totale amministrazione del
mondo»
«giustizia e libertà sono in realtà concetti dialettici. .. se si vuole
conservare l'uguaglianza allora si deve limitare la libertà; se si vuole
lasciare agli uomini la libertà, allora non c'è più l'uguaglianza»
La critica del marxismoLa personalità autoritaria, i cui principali autori sono
Adorno, Brunswick, Levinson e Sanford, è il risultato di
un complesso studio iniziato nel 1944 e terminato nel 1949,
anni in cui la Scuola di Francoforte di Max Horkeimer si
trovava negli Stati Uniti perché costretta alla fuga dal
nazismo.
L’opera raccoglie i risultati di una ricerca inter-disciplinare sulla
psicologia della discriminazione sociale ed in particolare
dell’antisemitismo.
Il tema centrale consiste nel supporre che l’antisemitismo fa parte ed
è espressione di un’ideologia etnocentrica più complessa e a sua
volta legata a una struttura autoritaria del carattere.
L’interesse principale è lo studio intensivo e la definizione di una
nuova “specie antropologica”, il tipo autoritario di uomo, che fa
confluire al suo interno le idee e capacità di una società altamente
industrializzata e credenze irrazionali o anti-razionali.
Lo scopo ultimo è aprire una nuova ricerca che si propone di
comprendere i fattori socio-psicologici che hanno consentito più
volte alla personalità autoritaria di prendere il posto della personalità
individualistica, autodeterminata e democratica prevalente negli
ultimi 200 anni della nostra civiltà.
La personalità autoritariaI ricercatori rivolsero i loro studi verso 2099 soggetti
Americani di classe media appartenenti ad
organizzazioni quali università, sindacati o associazioni
di combattenti. Le uniche due eccezioni sono costituite da
un gruppo di detenuti della prigione di San Quintino e di
ricoverati di una clinica psichiatrica.
I soggetti furono sottoposti a questionari contenenti sia domande
riguardo alla loro collocazione sociale e la loro storia, sia
soprattutto quesiti che fornissero informazioni sulla loro mentalità,
sulle loro fantasie e sulla loro visione del mondo.
Su queste ricerche furono costruite quattro scale di valutazione dei
singoli soggetti: la scala dell’antisemitismo, dell’etnocentrismo, del
conservatorismo politico-economico e delle tendenze
antidemocratiche (del fascismo). Di qui la distinzione tra i soggetti
ad alto punteggio più inclini all’autoritarismo e più anti-democratici e
quelli a basso punteggio.
Infine, tutto lo studio è stato affrontato tenendo conto sia della
necessaria divisione tra indagine “quantitativa” (elaborazione
statistica) e “qualitativa” (esplorazione psicologica dei singoli
individui), sia della necessità di formulare quesiti attendibili, di
escludere elementi di pregiudizio dall’intervistatore o altre influenze
al fine di una corretta valutazione.
La personalità autoritariaLa scuola di Francoforte nasce anche e soprattutto grazie
agli studi di Freud sulla psicoanalisi, ed anche in
quest’opera è sostanziale la sua teoria sulla struttura della
personalità umana, che i ricercatori hanno utilizzato come
premessa fondante e guida del loro studio.
Secondo questa teoria la personalità è un’organizzazione più o
meno durevole di forze che determinano il comportamento
dell’individuo in varie situazioni e alle quali si attribuisce la
coerenza del comportamento verbale o fisico. La personalità è
organizzata e strutturata, essa sta “dietro” il comportamento e
“all’interno” dell’individuo.
Le forze della personalità possono essere inibite e si trovano a un
livello più profondo (inconscio) di quelle che si esprimono nel
comportamento manifesto; esse sono “bisogni” (spinte, desideri,
pulsioni emotive) che variano ed interagiscono con altri bisogni in
modo equilibrato o contrastante.
ES= parte irrazionale e di ricerca del piacere
IO= mediazione tra ES e SUPER-IO
SUPER-IO= coscienza morale, rispetto per le convenzioni, le norme,
la sottomissione ad esse e alle autorità
La personalità autoritariaGli studi sulla personalità autoritaria aprirono la strada a
due importanti filoni di interpretazione:
1) il primo era una critica alle autorità borghesi
2) il secondo invece aveva una tonalità nostalgica rispetto
alla famiglia borghese del passato quali luogo di
intimità affettività e sfera valoriale incarnata dalla
figura paterna che però ormai era in decadenza ed era
sostituita da qualsiasi forma di autorità sociale sotto il
dominio della sfera economica
Nel Novecento la famiglia è inserita in un rapporto di dipendenza
da forme autoritarie che sono esterne ad essa e si sottomette
dunque alla sfera economica, riproducendo al suo interno forme
autoritarie le quali garantiscono così il perpetuarsi dell'ordine
borghese.
Anche se Horkheimer non partecipò alle ricerche e alla scrittura del
volume su La personalità autoritaria, riteneva che ogni individuo
sin dai primi anni di vita apprende l’atteggiamento della
sottomissione, reprime le pulsioni istintuali, le sostituisce con il
desiderio di adempimento del dovere che viene primariamente
trasmesso la struttura familiare borghese.
La personalità autoritariaInteriorizzazione e identificazione (qui lo schema dei
processi è simile alla socializzazione secondo Parsons)
contribuiscono a riprodurre con il contributo fondamentale
della famiglia, la personalità autoritaria dal padre ai figli.
Molti atteggiamenti e bisogni che determinano la personalità
autoritaria hanno origine dalla situazione familiare. È infatti
nella famiglia che il bambino apprende come affrontare le
relazioni con l'altro all’interno di un sistema che viene definito
rafforzandosi sul binomio premio punizione
In questo caso il bambino impara a capire quali comportamenti sono
appropriati (premio) e quali sono invece da evitare (punizione e non
sanzione). Oltre ai comportamenti, anche i valori vengono sottoposti
a rigido in controllo al fine si sostenere quelli della sottomissione e
punire quelli della trasgressione.
La continua sottomissione tende a creare una idealizzazione dei
genitori e in particolare del genitore che detiene, per rinforzo sociale,
l’autorità.
Il bambino e più tardi l’adulto rifugge le critiche verso i
genitori/autorità
La personalità autoritariaPadre = capofamiglia, rappresentante del diritto, responsabile
morale, sacerdote della casa, padrone e detentore del potere
economico e politico, proprietario della sua forza lavoro che cede
al datore di lavoro (autorità) dal quale riceve in cambio un reddito
che utilizza nella famiglia e che gli conferisce autorità.
Madre (moglie, figlia, sorella)= non si emancipa del tutto soprattutto a
livello economico; è posta in una posizione di chiara subordinazione rispetto
all'uomo; dipende dal marito, dalla posizione di quest’ultimo, dalla sua
adesione al sistema sociale dominante; deve essere pura, immacolata,
premurosa e sottomessa; considerata solo in funzione di qualcosa o
qualcuno: moglie di…., madre di…, sorella di…., figlia di…, promossa sposa
a…., dispensatrice di cure.
La personalità autoritaria
La famiglia educa al comportamento autoritario: ogni individuo, sin dai
primi anni di vita a prendere atteggiamento della sottomissione, reprime
pulsioni istintuali e le sostituisce con il desiderio di adempimento del
dovere che viene primariamente trasmesso dalla struttura familiare
borghese.
Caratteristiche ❖ Autocontrollodella famiglia borghese:
❖ Propensione alla laboriosità
❖ Senso del dovere
❖ Disciplina
❖ Assolutismo acritico delle idee
❖ Attitudine all’applicazione
❖ Rispetto del padre
❖ Direzione del padre
❖ Tendenza masochistica ad
abdicare alla propria volontà in favore
di quella paterna Lo studio ha portato ad individuare 2 modelli di personalità:
da una parte il modello autoritario in tutte le sue
sfaccettature, dall’altra il modello democratico; tali modelli
non sono da considerare in termini assoluti poiché fra l’uno
e l’altro si possono distinguere numerose sottovarietà (es.
razzisti convenzionali e psicopatici).
In entrambi i modelli le manifestazioni della loro essenza si
manifestano in una grande varietà di campi, che vanno dagli
aspetti più intimi dell’adattamento familiare e sessuale alle
relazioni sociali, alla religione e alla politica.
Nel modello autoritario un rapporto gerarchico, di sfruttamento tra
genitore e figlio, tenderà a tradursi in un atteggiamento orientato
verso il potere e di dipendenza in vista dello sfruttamento nei
confronti del proprio compagno e del proprio Dio, portandolo ad un
attaccamento disperato a tutto ciò che appare forte (il gruppo, il
partito, la legge, lo stato, la razza ecc.) e un rifiuto di tutto ciò che è
relegato al fondo.
Il modello democratico è caratterizzato da relazioni interpersonali
affettuose, fondamentalmente egualitarie e permissive, che
portano ad un atteggiamento di maggiore flessibilità e ad una
potenzialità di soddisfazioni più genuine.
La personalità autoritariaLa scala F (dove F sta per fascismo)
La scala F riguarda a un profilo di personalità autoritario e
antidemocratico che rende una persona suscettibile alla
propaganda fascista.
Gli items del questionario furono elaborati a partire dai
materiali della propaganda fascista
1. Conventionalism: piena adesione ai valori convenzionali
2. Authoritarian Submission: nei confronti delle figure che esprimono
autorità
3. Authoritarian aggression: contro le persone che violano i valori
convenzionali
4. Anti-Intraception: opposizione alla soggettività e alla immaginazione
5. Superstition and Stereotypy: credenza nel destino individuale e
pensiero organizzato in categorie rigide.
6. Power and Toughness: preoccupazione per la sottomissione e per il
dominio; affermazione di forza.
7. Destructiveness and Cynicism: ostilità nei confronti della natura
umana.
8. Projectivity: percezione del mondo come pericolosa; tendenza a
proiettare impulsi inconsci.
9. Sex: Preoccupazione eccessiva per le moderne pratiche sessuali.
La personalità autoritariaLa scala F (dove F sta per fascismo)
La scala F riguarda a un profilo di personalità autoritario e
antidemocratico che rende una persona suscettibile alla
propaganda fascista.
Gli items del questionario furono elaborati a partire dai
materiali della propaganda fascista
1. Conventionalism: piena adesione ai valori convenzionali
2. Authoritarian Submission: nei confronti delle figure che esprimono
autorità
3. Authoritarian aggression: contro le persone che violano i valori
convenzionali
4. Anti-Intraception: opposizione alla soggettività e alla immaginazione
5. Superstition and Stereotypy: credenza nel destino individuale e
pensiero organizzato in categorie rigide.
6. Power and Toughness: preoccupazione per la sottomissione e per il
dominio; affermazione di forza.
7. Destructiveness and Cynicism: ostilità nei confronti della natura
umana.
8. Projectivity: percezione del mondo come pericolosa; tendenza a
proiettare impulsi inconsci.
9. Sex: Preoccupazione eccessiva per le moderne pratiche sessuali.
La personalità autoritariaSecondo Adorno gli adulti con una personalità autoritaria
sono come dei bambini che cercano costantemente la
protezione dei loro genitori e allo stesso tempo sono
incapaci di instaurare con loro un rapporto di reciprocità,
sostituito con la dipendenza e lo sfruttamento per il proprio
tornaconto.
Essi non riescono ad avere relazioni sincere con un Alter ma
piuttosto riproducono le stesse dinamiche di dipendenza e
sfruttamento acquisite nella relazione filiale.
Un profondo desiderio di ribellione in questo caso collima con quello
di dipendenza e provoca un risentimento profondo il quale, a sua
volta, non essendo né ammesso, né concesso, attiva dei
meccanismi di trasposizione sull’Alter che quindi viene considerato
debole: da tale frustrazione nasce e si perpetua la personalità
autoritaria.
La personalità autoritariaSTRUTTURA FAMILIARE CHE RIPRODUCE LA
PERSONALITA’ AUTORITARIA
FIGURA PATERNA= Severa, distante, fredda, chiusa al
confronto, anaffettiva e strumentale al mantenimento
economico
FIGUTA MATERNA= Sottomessa, disposta al sacrificio,
gentile, dedita alla cura, affettiva ma restrittiva
CLIMA FAMILIARE= Assenza di conflitti; sottomissione al potere
decisionale del padre
DISCIPLINA E SENTIMENTI DI VITTIMIZZAZIONE
In generale la disciplina può essere esercita secondo 3 direttrici:
1) Per violazione di regole (con punizione)
2) Per continue minacce (sopraffazione, traumi) che impediscono al
bambino di seguire il suo naturale sviluppo fatto di tentativi ed
errori. La strada della crescita è qui quella della continua
sottomissione e del continuo sacrificio.
3) Per assimilazione (che non distrugge l’Io) attraverso la
formazione di un Super-io interiorizzato e lo sviluppo di una
personalità non affetta da pregiudizi
La personalità autoritariaQuali contro-misure adottare contro l’intera struttura
dell’atteggiamento del pregiudizio?
La soluzione ottimale è quella di agire sulla struttura della
personalità, in un periodo della vita precedente a quello in
cui l’individuo manifesta gli atteggiamenti anti-democratici e
autoritari.
Anche per questi aspetti della personalità occorre agire sulla
crescita del bambino, che deve essere genuinamente amato e
trattato come essere umano individuale.
La difficoltà di attuare un’azione corretta consiste nel fatto che
questa deve essere praticata soprattutto dai genitori, e non solo
è difficile per i genitori etnocentrici, per i quali le misure prescritte
sarebbero impossibili, ma anche per i genitori che, con le migliori
intenzioni e sentimenti, sono ostacolati dal bisogno di modellare in
modo che egli trovi un posto nel mondo così com’è.
La struttura potenzialmente fascista non può, quindi, essere
modificata unicamente con la psicologia, in quanto essa, come la
nevrosi, la delinquenza e il nazionalismo, è prodotto
dell’organizzazione totale della società, che può essere mutato
soltanto mutando la società.
Se il timore e la distruttività sono le principali fonti emotive del
fascismo, l'eros appartiene soprattutto alla democrazia.
La personalità autoritariaFra le istituzioni sociali, la famiglia svolge un
ruolo primario ed essenziale.
«In quanto è una delle più importanti
agenzie educative, la famiglia provvede
alla riproduzione dei caratteri umani come
sono richiesti dalla vita sociale, e dà loro in
Gran parte l'indispensabile capacità di assumere lo specifico
comportamento autoritario dal quale dipende in larga misura il
sussistere dell'ordinamento borghese».
Nella famiglia, infatti, il figlio, quale che sia il giudizio che egli dà di
suo padre, deve subordinarsi a lui e conquistare la sua
approvazione, se non vuole provocare gravi dinieghi e conflitti.
«Di fronte al figlio in ultima istanza il padre ha sempre
ragione; egli rappresenta il potere e il successo, e l'unica
possibilità che il figlio ha di preservare interiormente
l'armonia tra gli ideali e l'agire obbediente - che prima della
conclusione della pubertà è scossa assai di frequente - è
quella di attribuire al padre, ossia a colui che ha la forza e il
patrimonio, tutte le qualità riconosciute come positive»
Studi sull’autorità e la famiglia
Max Horkheimer, Erich Fromm, Herbert MarcuseL'autorità paterna viene così non solo
obbedita, ma profondamente interiorizzata,
fino al punto di idealizzarla e di adorarla.
Ciò avviene in tutte le famiglie della società
borghese, appartenenti ai più diversi strati
sociali.
Accade così che non solo dalle classi della grande borghesia, ma
anche da quelle degli operai e degli impiegati provengano sempre di
nuovo generazioni che non solo non mettono in discussione le
strutture del sistema economico e sociale, ma al contrario le
riconoscono come naturali ed eterne. Finché, dunque, la cellula
fondamentale della vita sociale e la cultura su di essa fondata non
saranno modificate in modo sostanziale, la società continuerà a
produrre tipi caratteriali autoritari (strettamente funzionali a quel
rapporto autoritario per eccellenza che è il rapporto lavoratore
salariato/capitalista).
I rapporti di subordinazione all'interno della famiglia, se
garantiscono i rapporti di subordinazione all'interno della società e
fanno corpo con essi, costituiscono anche la base delle ideologie
cristiano-borghesi, che a loro volta contribuiscono a cementare gli
stessi rapporti di subordinazione sociale.
Studi sull’autorità e la famiglia
Max Horkheimer, Erich Fromm, Herbert MarcuseL’assoggettamento all’autorità condiziona lo
sviluppo psichico delle nuove generazioni e
produce mancanza di autostima poiché
riconoscendo la potenza e la superiorità del
padre si produce un senso di inferiorità e di
inadeguatezza costanti durante tutto l'arco
della vita.
La conditio sine qua non per sciogliere il collante ideologico istituzionale che garantisce la sopravvivenza della società borghese è
la dissoluzione della famiglia borghese, fondata sull'autorità
paterna e la creazione di una comunità familiare nuova.
Questa nuova comunità non deve più basarsi sull'egoismo, sulla
proprietà, sull'accumulazione di ricchezza, ecc., né su rapporti autoritari
all'interno della famiglia medesima, bensì sull'eguaglianza, sull'amore e
sulla solidarietà fra i singoli membri della famiglia per un verso, e fra le
varie famiglie per un altro verso; così come deve basarsi sulla
emancipazione della donna, e dunque sulla eguale dignità dei coniugi
(la quale deve comprendere anche la loro libertà sessuale).
Studi sull’autorità e la famiglia
Max Horkheimer, Erich Fromm, Herbert MarcuseNel 1922 ottenne il dottorato in sociologia all'università di
Heidelberg. In seguito studiò psicologia all'Università di
Monaco e all'Istituto di Psicoanalisi di Berlino, dove seguì
le lezioni di alcuni dei più famosi esponenti del movimento
freudiano.
Nel 1926 incominciò a esercitare la professione presso il sanatorio
psicoanalitico di Heidelberg.
Il culmine del pensiero di filosofia politica e sociale di Fromm si trova
nel libro Psicoanalisi della società contemporanea, pubblicato nel
1955. Egli vedeva all'opera, tanto in Occidente quanto nell'Europa
Orientale, strutture sociali disumanizzanti dominate dagli apparati
burocratici, con il risultato di un universale fenomeno sociale di
alienazione.
Fromm distingue tra istinti e pulsioni: i primi, di origine filogenetica,
sono bisogni primari ancestralmente legati al mondo animale e
creano comportamenti rigidi e fissati organicamente (bisogni
fisiologici come sessualità, fame, sete, etc.), le seconde, invece,
sono frutto dell'evoluzione ontogenetica dell'uomo e riguardano
principalmente la sfera del desiderio e dei bisogni secondari di
tipo psichico e spirituale nonché la naturale tendenza ad
aggregarsi per dare vita a delle comunità.
Erich Fromm
La psicologia socialeFromm identifica i 8 bisogni psicologici basilari:
La personalità è l'insieme delle qualità psichiche ereditarie ed
acquisite dell'individuo che ne definiscono prima il temperamento,
quindi il carattere attraverso un processo evolutivo di adattamento
quale compromesso tra i bisogni interni e le richieste esterne. Il
processo di formazione ha due principali dimensioni: 1) sociale; 2)
individuale. L'uomo instaura poi relazioni positive con il mondo attraverso:
l'assimilazione (acquisizione dell'ambiente); la socializzazione (tensione
verso l'altro). Questo processo può essere turbato dalla comparsa di
almeno 1 di 4 ben precisi atteggiamenti che Fromm identifica in:
masochismo, sadismo, distruttività e conformismo.
Erich Fromm
La psicologia sociale
relazione trascendenza radicamento identità
realizzazione orientamento stimolo unitàFreud:
L’Es (in tedesco pronome neutro di III persona singolare «esso») è il fondamento della
persona psichica; l’espressione psichica dei bisogni pulsionali che provengono dal
corpo. L’Es è il serbatoio dell’energia vitale, l’insieme caotico e turbolento delle
pulsioni. L’Es è quindi governato dal principio di piacere. L’Es è inconscio, è
impersonale, è privo di logicità, di pensiero astratto, di moralità, è lo spazio in cui le
potenzialità espressive si formano. Con esso Freud designa la parte oscura, una
sorgente organica di energie pulsionali non organizzate, operando al di fuori delle
consuete categorie logiche e da qualsiasi nozione di valore o di bene, di male o di
moralità.
L’Io è governato dal principio di realtà, la coscienza mediatrice che si trova tra
l’incudine dell’Es e il martello del Super-Io. L’Io è l’istanza preposta alla coscienza, è
la parte più superficiale dell’apparato psichico, si costituisce come mediazione tra i
bisogni pulsionali propri dell’Es e il mondo esterno. L’Io è quella parte dell’Es
che è stata modificata dall’influsso e dalla vicinanza del mondo esterno.
Oltre a mediare i conflitti tra Es e mondo esterno, l’Io deve tener conto delle pressanti
richieste del Super-Io. Di fronte alle esigenze pulsionali l’Io mantiene un
atteggiamento critico e decide quali debbano essere realizzate subito, rinviate o
rimosse perché pericolose. All’Io appartengono la percezione e la coscienza; ma è
chiaro che la radice di tutti i processi che avvengono nell’ambito dell’Io deve essere
cercata nell’Es. Per questo suo radicamento nell’Es, l’Io stesso resta in larga misura
inconscio.
Il Super-Io è l’insieme dei divieti sociali sentiti dalla psiche come costrizione e
impedimento alla soddisfazione del piacere, un sistema di censure che regola il
passaggio dalle pulsioni dell’Es all’Io. Rappresenta quella che può essere definita la
coscienza morale. Il Super-Io nasce nel bambino, inizialmente libero da qualsiasi
principio morale, per effetto del potere condizionante dei genitori.
Erich Fromm
La psicologia socialeFromm sostiene che l'Homo psychologicus di
Freud è una creazione irrealistica come lo è quello economicus creato dall'economia
classica. Fromm pur considerando significativi i contributi freudiani di impulso e la sua
importanza nell'ottica psicanalitica, respinge le concezioni di nevrosi e dei
comportamenti umani come prodotto dei conflitti fra impulsi sessuali e quelli di
autoconservazione; infatti egli rintraccia l'origine di tali conflitti all'interno della realtà
complessa della società.
Se per Freud i sintomi erano il prodotto della repressione sessuale, per Fromm
questi sono il prodotto di un'alienazione derivata dal bisogno dell'uomo di essere
massificato in quanto diventa un modo comodo di vivere, ma disfunzionale in quanto
non permette la piena espressione della sua umanità.
L’obiettivo di Fromm è trasporre le intuizioni di Freud dal piano individuale a quello
sociale. Le atrocità del secondo conflitto mondiale, infatti, costrinsero
un’intera generazione a chiedersi cosa poteva spingere a giustificare una tale
barbarie. Il contributo principale di Fromm e della sua psicanalisi umanista fu quello
di svelare un’importante verità:
i meccanismi di difesa e rimozione propri dell’individuo patologico
caratterizzano anche gruppi estesi, finanche intere società. Quanto veniva
prefigurato da Freud ne Il disagio della civiltà viene portato a compimento da Fromm,
secondo cui, per l’individuo, il Super-Io non è più necessariamente l’introiezione della
figura paterna, ma della società intera e dei vincoli che essa impone all’individuo.
Paradossalmente, però, questo meccanismo viene affrontato dal singolo con
l’individuazione, la predilezione e finanche l’identificazione in una figura autoritaria,
con la distruttività e il conformismo, e solo eccezionalmente con la ribellione, l’amore e
la lotta per la libertà. Già negli anni trenta Fromm elabora una “psicologia del
nazismo” di cui troviamo la chiave nel testo redatto insieme a Horkheimer e
Marcuse, Studi sulla famiglia e l’autorità.
Erich Fromm
La psicologia socialeSecondo Fromm l’autorità del pater familias si
fonda sulla struttura autoritaria della società creando essa stessa i rapporti di
potere familiari. La società è presente nella famiglia e nella relazione
infantile padre-figlio prima ancora che stesso figlio possa interagire
autonomamente con il mondo esterno.
Le autorità, secondo Fromm vengono interiorizzate dall'infanzia e l’individuo
adulto agisce conformemente ai loro ordini e proibizioni - grazie alla funzione
di controllo del Super-Io - non più solo per paura delle punizioni come
avviene appunto nel infanzia, ma per paura della istanza psichica che si è
costruito per rimanere ancorati a ciò che conosce e per paura di perdere la
propria identità.
L’identificazione con la figura paterna.
Rapporti di squilibrio
Erich Fromm
La psicologia sociale
Costrizione permanente e
gravosa
Asservimento volontario e
piacevole
Autorità Sottomissione
Tre forme di identificazione
1. Impoverente: potenza da un lato e paura dall’altro. Il figlio si annulla
nella figura paterna
2. Arricchente: asservimento per venerazione della figura paterna. Il
figlio rafforza il suo Io con le caratteristiche che ammira del padre
3. Uguaglianza / Scambiabilità: relazione paritaria che conduce
all’acquisizione di un senso identitario, di una vera e propria identitàIl complesso di Edipo nei diversi contesti sociali
1) Famiglia contadina/operaia: ostilità e tendenza allo sfruttamento nel
rapporto padre-figlio
2) Famiglia piccolo-borghese: vita del padre arida e scarsa di
soddisfazioni, senza possibilità di dominio. Dunque il padre tenta di
compensare le sue frustrazioni agendo sui figli e sulla moglie, proiettando
su di loro le sue ambizioni. Relazione ambivalente tra padre e figlio:
incoraggiamento/sfruttamento (sociale). Amorevolezza/odio.
3) Famiglia alto borghese: figli progetto di amore. Ma anche in questo
caso molti desideri inespressi dei genitori vengono proiettati sui figli.
Amorevole incoraggiamento e benevolenza.
Carattere autoritario e patologia masochista
L’essere sottomessi a una potenza superiore può essere avvertito come
piacevole e può persino presentarsi il desiderio di essere dominati e il
bisogno di vedere tale desiderio soddisfatto. Superiorità e inferiorità vanno
lette, secondo Fromm, in base al tipo di relazione e al tipo di contesto.
Nelle società autoritaria secondo Fromm le forme del carattere masochistico
e sadico. Le tendenze masochistiche puntano ad assoggettare gli individui
sotto la potenza del più forte, annullando l’individuo nella passività.
Le tendenze sadiche, invece, hanno obiettivi opposti: si ottiene
soddisfazione nel soggiogare/scoraggiare un altro individuo,
sottomettendolo.
Erich Fromm
La psicologia socialeConcetti chiave: libertà e subordinazione della propria
volontà. Nello spirito e nella cultura protestante, poi
capitalistica e razionale, i sentimenti di onore, rispetto,
sacrificio, disciplina e umiltà prendono il posto della pietas e
dell’amore incondizionato. Il pater familias della società
borghese incarna il ruolo di imposizione e controllo di tali
sentimenti.
Tuttavia, con lo sviluppo del capitalismo il pater familias non è in
grado di educare da solo i propri figli, ma deve ricorrere al
sostegno di agenzie esterne quali la scuola. Queste devono
quindi mantenere lo stile autoritario e disciplinare del pater familias.
Tali agenzie dunque sono autoritarie per abituare i giovani ad un
mondo adulto basato sull’autorità, il controllo, il disciplinamento dei
sentimenti.
Nel consolidamento della società autoritaria gioca un ruolo
fondamentale in concetto di proprietà borghese (influenza
marxista): la borghesia ha un interesse fondamentale nel conservare
la famiglia e la sua struttura. Infatti il matrimonio è visto come un
contratto che ha valore sia economico che sociale, la proprietà è
vista come ciò che conferisce potere economico e sociale e la
famiglia stessa è vista come sede del potere economico sociale
interno ed esterno e come sede di riproduzione del potere autoritario.
Herbert Marcuse
Autorità e famigliaIn termini psicologici Marcuse distingue tra repressione
fondamentale e repressione addizionale.
La prima è intrinseca alla civiltà in quanto tale.
La seconda è un qualcosa di più preciso, implicando il dominio
sociale.
Il principio di realtà, guidando le sorti della civiltà in quanto tale, diventa
principio di prestazione quando è legato ad una peculiare forma storica di
civiltà, frutto di un particolare dominio sociale.
Dietro al principio della realtà vi è il concetto di penuria, una lotta per
l’esistenza che si svolge in un mondo povero che non soddisfa i bisogni
umani in modo integrale. Ne segue allora la repressione fondamentale e la
civiltà. Però, ogni forma storica di civiltà ha la sua organizzazione specifica
della penuria, distribuzione che va a legarsi alla forma di dominio sociale che
si impone. La penuria di per sé è il bisogno della civiltà in quanto tale, e la
sua organizzazione implica che in una società ci sia disuguaglianza
economica, che dipende dalla forma di potere, prima imposta con la violenza
di alcuni a scapito di altri, poi in modo più razionale con una forma di
governo che rimane però sempre di dominio. Diverse forme di repressione
della penuria implicano diverse forme di repressione addizionale, con alla
base una specifica forma di dominio e il suo mantenimento.
Il principio di realtà è essenzialmente un principio di concorrenza
economica tra i membri della società a capitalismo avanzato.
Herbert Marcuse
Autorità e famigliaLa coscienza felice
La società capitalista aliena i lavoratori "trattando" la loro
coscienza attraverso l'intermediazione dell'istruzione e dei mass
media. Dopo la scomparsa dello spirito critico, tramontato con la
cultura superiore precedente all'avvento della società di massa, la
società moderna non è che uno spazio chiuso "unidimensionale":
quello dell'appiattimento sull'unica dimensione del consumo
soddisfatto e di una "coscienza felice", nei fatti resa doma, sazia
e acritica, totalmente eterodiretta.
L'individuo è così sottoposto ad una ‘desublimazione repressiva’, ossia se
prima dell'avvento della società industriale inseguiva gli oggetti del desiderio
in una forma di sublimazione perenne (coscienza infelice, mai appagata,
ma proprio per questo coscienza desiderante sempre alla ricerca di una
"seconda dimensione" seppure irraggiungibile) adesso, nella "società
totalmente amministrata" l'individuo viene represso proprio con la
soddisfazione immediata e non più mediata dei bisogni, e perde
fatalmente la sua coscienza desiderante di un altro mondo possibile e
desiderabile.
La coscienza felice è un compromesso rispetto all’autentico principio del
piacere, essa consente di accettare con maggiore facilità i misfatti compiuti
nella società ed è l’indice del declino dell’autonomia e della comprensione.
Herbert Marcuse
Autorità e famigliaInfluenzato dalla distinzione di Popper dei 3 mondi (mondo degli
oggetti fisici, mondo degli stati mentali, mondo dei contenuti di
pensiero), Habermas distingue 3 diversi mondi:
1) il mondo oggettivo degli eventi;
2) il mondo sociale delle norme;
3) il mondo soggettivo dei dialoganti.
A ciascuno di questi tre mondi corrisponderebbe una specifica
modalità d’azione: al mondo oggettivo corrisponde l’“agire
teleologico” (che mira cioè a raggiungere certi scopi prefissati), al quale
corrisponde la verità proposizionale. Al mondo sociale delle norme corrisponde
l’agire regolato da norme, a cui a sua volta corrisponde la giustezza normativa.
Cosa propone l’etica del discorso?
Teoria pragmatica del linguaggio
Pragmatica universale, trascendentale: Esistono condizioni universali e
necessarie che stanno alla base di ogni possibile comunicazione linguistica volta
all’intesa? Esistono condizioni normative della possibilità di un sano
argomentare?
Tutte le questioni controverse, le divergenze d’opinione, le conflittualità
eccetera, tra partners della comunicazione dovrebbero venir decise solo
attraverso argomenti capaci di riscuotere consenso
Jurgen Habermas
Teoria dell‘agire comunicativo“Il tentativo di fondare l’etica nella forma di una logica
dell’argomentazione morale ha prospettiva di successo solo
se possiamo identificare una speciale pretesa di validità
connessa a precetti e norme, anche già su quel livello sul
quale sorgono in prima istanza i dilemmi morali”.
Le interazioni comunicative sono fondate su PRETESE DI
VALIDITA’
ovvero una interazione comunicativa è efficace se e solo se rispetta questi
parametri, altrimenti avremmo un agire strategico e non certo
comunicativo.
Jurgen Habermas
Teoria dell‘agire comunicativo
•Pretese di Verità
•(adeguamento di ciò che si dice di
qualcosa a quel qualcosa esistente)
•Pretese di Giustezza
•(adeguamento di ciò che si dice a
delle norme sociali, ma anche
sintattiche)
•Pretese di Veracità
•(adeguamento di ciò che si dice a ciò
che si fa, ovvero coerenza/autenticità)
•Mondo oggettivo: totalità di stati di
cose esistenti
•Mondo sociale: totalità di rapporti
interpersonali di un gruppo sociale
regolate da leggi
•Mondo soggettivo: totalità degli eventi
vissuti accessibili in modo privilegiatoOgni soggetto riconosce il proprio Io attraverso 2 fasi
1) Il soggetto comunica con l’Alter, con gli altri soggetti,
interpreta il proprio Io in relazione all’Alter e riconosce il
proprio Io diverso da questo Alter attraverso la dimensione
linguistica e riconosce il proprio Io come singolarità ovvero
come qualcosa di situato in ogni concreta singola relazione
2) il soggetto comunica con se stesso, con il proprio Io
interpreta la retrospettivamente il corso della propria vita
(cioè tutte le esperienze che ha accumulato) e attraverso la
dimensione storica e temporale riconosce il proprio Io come
una totalità
Tre elementi dell’identità individuale che derivano da:
1. Espressioni linguistiche, ovvero da il linguaggio grazie al quale ogni
soggetto si esprime in un determinato contesto
2. Espressioni attive, ovvero l’agire, fatto di atteggiamenti e comportamenti
che ciascuno mette in atto
3. Espressioni dell’Erlebnis, ovvero tutte le espressioni psicologiche latenti,
appartenenti alla sfera del pensiero e che si manifestano indirettamente
tramite la gestualità del corpo (arrossire,</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7tqPpXR2MDqqfZpX1Ys9g3XX5XjufNN_rTz3ns13WXXppBd9rJAZsd5KE4JVGb5Nh-TdR2VoVVBcxB9BV2d58xslE_LjTDfwyHQgGFgdlk2a0SGEivYxNwqWygbfqsCdmnQA_XWzBGy4/s293/hitler.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="180" data-original-width="293" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7tqPpXR2MDqqfZpX1Ys9g3XX5XjufNN_rTz3ns13WXXppBd9rJAZsd5KE4JVGb5Nh-TdR2VoVVBcxB9BV2d58xslE_LjTDfwyHQgGFgdlk2a0SGEivYxNwqWygbfqsCdmnQA_XWzBGy4/s0/hitler.jpg" /></a></div><br /><p></p>BERTI.GIANhttp://www.blogger.com/profile/02367020598082211162noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8250739166120726750.post-22357813988439876252021-04-07T08:06:00.001+02:002021-04-07T08:06:03.314+02:00Le mogli dei nazisti<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh_Jvlvk36KF00LbUtLHdOmE8L_As7Lqr4WuisoL3hrYo5p71oxiAOLvGzx-lxcfPMibFZibTI3OnkZR8PY0TeNJ4zx-HlfhIdNLkLdtEi6NU9oGrKUXpsL9038d2n3t4UJtDdo4jp_pw4/s200/download.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="200" data-original-width="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh_Jvlvk36KF00LbUtLHdOmE8L_As7Lqr4WuisoL3hrYo5p71oxiAOLvGzx-lxcfPMibFZibTI3OnkZR8PY0TeNJ4zx-HlfhIdNLkLdtEi6NU9oGrKUXpsL9038d2n3t4UJtDdo4jp_pw4/s0/download.jpg" /></a></div><br /><p></p><p><br /></p><p>Tra le migliaia di testi sul nazismo, pochissimi si concentrano sulle
mogli delle figure di spicco del regime hitleriano: Gerda Bormann, Magda
Goebbels, Carin ed Emmy Göring, Ilse Hess, Lina Heydrich e Margarete
Himmler. Gli uomini che portano questi cognomi hanno lasciato
un’impronta indelebile nella nostra memoria collettiva, ma le donne che
furono fondamentali per sostenerli, incoraggiarli e indirizzarli sono
perlopiù rimaste relegate alle note a piè di pagina della Storia. Negli
anni ottanta del secolo scorso il ruolo delle donne durante il nazismo è
stato oggetto di studi approfonditi, che hanno esplorato un territorio
fino a quel momento poco indagato e fornito un’immagine complessa e
sfaccettata tale da mettere in discussione gli stereotipi perpetrati
dalla propaganda nazista; ma proprio delle donne che furono al vertice
di quel sistema, invece, nessuno ha parlato a dovere. Il motivo è in
parte da imputare alle fonti, la maggioranza delle quali vanno trattate
con cautela. Sebbene negli ultimi decenni siano emerse molte più
informazioni, nei diari e nelle lettere che ci sono pervenuti esistono
ancora vuoti temporali e lacune considerevoli, mentre le numerose
autobiografie scritte nel dopoguerra dalle compagne dei nazisti si
sforzavano di dipingere le autrici come spettatrici innocenti, e i loro
mariti come modelli di virtù; le autobiografie e le memorie di altri
protagonisti di quella stagione – scritte ciascuna con uno scopo ben
preciso – hanno creato una camera d’eco di aneddoti, dicerie e
pettegolezzi che complicano il tentativo di distinguere tra realtà e
finzione.Tuttavia, si tratta di problemi comuni a qualsiasi indagine
storiografica e non sufficienti a spiegare perché gli storici abbiano
rinunciato a riconoscere a queste donne l’importanza che meritano.
Oltretutto, con il loro atteggiamento gli studiosi hanno finito per
avallare la versione delle mogli su certi aspetti delle biografie dei
mariti, a cominciare da una netta separazione tra vita pubblica e vita
privata. Tutto questo, invece, non regge a un esame minuzioso. I nazisti
miravano a controllare ogni aspetto dell’esistenza dei loro cittadini
–che cosa mangiavano, come si vestivano, con chi andavano a letto, che
battute facevano, in che modo festeggiavano il Natale – così da rendere
insignificante ogni separazione tra pubblico e privato. E a dispetto del
loro indiscutibile privilegio, le mogli dei capi erano sottoposte alle
stesse pressioni delle donne normali. La loro vita sociale era
influenzata dalle considerazioni politiche, in nome delle quali dovevano
rinunciare alle amicizie o interrompere bruscamente rapporti di tutti i
tipi, anche quelli familiari. La loro condotta fu un fattore essenziale
nelle lotte interne all’élite nazista, in particolare se coinvolgevano
Hitler; non godere più del favore del Führer poteva avere gravi
implicazioni per la carriera dei loro consorti. Anche ammettendo che non
fossero al corrente delle decisioni prese ogni giorno dai mariti, erano
circondate dalle prove delle loro azioni criminali: opere d’arte
depredate affisse alle pareti; arredi fatti di pelle e ossa umane
nascosti in soffitta; frutta e verdura colte negli orti dei campi di
concentramento locali; manodopera schiavizzata che coltivava la loro
terra.rituali della vita familiare – nascite, matrimoni, funerali – erano
indissolubilmente legati all’ideologia nazista. Forse giudicare queste
donne con superficialità e considerarle personaggi minori è stato
inevitabile; prenderle sul serio significa accettare che i loro mariti
si cimentassero anche in attività normali e provassero riconoscibili
emozioni umane. Innamorarsi, disamorarsi. Preoccuparsi delle spese,
della dieta e di dove mandare i figli a scuola. Organizzare cene e
picnic. Trascorrere le vacanze da turisti. Riconoscere che sotto molti
aspetti non erano persone diverse da noi crea una forma di dissonanza
cognitiva: un senso di profondo disagio</p><p>"</p><br />BERTI.GIANhttp://www.blogger.com/profile/02367020598082211162noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8250739166120726750.post-92082671418795724352018-05-20T13:45:00.001+02:002018-05-20T13:45:20.355+02:00Luca Filisetti:L'illusione della democrazia<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEje0mUhqqxQdaIfVPEK4UXprpYWk3cVj-l69YD1JemhHlsSIz3ahBd7OzNdw-Gc6faBQfXS6hjvzeoUr08QSruxV-j3cDOzNuCuDlI5nJAQHMcGPBdVrLe_yZSwvb9XZd4BUBZcmdRInuo/s1600/20915666_1391291940989275_1591558200472148097_n.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="715" height="268" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEje0mUhqqxQdaIfVPEK4UXprpYWk3cVj-l69YD1JemhHlsSIz3ahBd7OzNdw-Gc6faBQfXS6hjvzeoUr08QSruxV-j3cDOzNuCuDlI5nJAQHMcGPBdVrLe_yZSwvb9XZd4BUBZcmdRInuo/s320/20915666_1391291940989275_1591558200472148097_n.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<br />
Tutte le volte che siamo alle prese con questi inciuci tristissimi per
la formazione di un governo, mi torna in mente che la democrazia
rappresentativa che parrebbe attualmente in essere in realtà non esiste
più da decenni. Il continuo tirarla in ballo ha a che fare con la
sacralità del termine (o questo o la dittatura, eccetera eccetera). Una
vera e propria truffa orwelliana.<br /> La rappresentatività dove sta?
Listini blindati, preferenze bloccate, capilista presenti in non so
quanti listini, persone di Roma che vengono spedite a prendere voti a
Bolzano e viceversa. L'elettore non sceglie, quando va bene indica un
nome scelto da chissà chi. L'anello della rappresentanza quindi si
spezza prima ancora di votare.<br /> Rimarrebbe la democrazia. Ora, sin da
ragazzino mi hanno fatto una testa così sul bilanciamento dei poteri
dello stato: legislativo, esecutivo e giudiziario. Da tempo il potere
legislativo è praticamente messo in in angolo da quello esecutivo:
decreti legge urgenti, un continuo porre la fiducia su tutto ciò che
passa in aula. Oggi, con questo ridicolo contratto tra lega e 5 stelle
(due soggetti giuridici privati, ricordiamolo), praticamente un
parlamento composto in gran parte da Yes men di partito dovrà soltanto
approvare un programma prestampato, peraltro pessimo e atto a non
deludere gli ultras leghisti e grillini. <br /> Quindi un parlamento già di per sè non rappresentativo verrà usato solo per ratificare un contratto privato.<br /> Voi chiamatela come volete, ma non è più nemmeno democrazia.<br />
Ora, ho visto le migliori menti della mia generazione incazzarsi a
sangue perché il salame vegano dovrebbe avere un altro nome e invece
accettare tranquillamente questa cosa. Vogliamo lasciar perdere la soia e
trovare una dicitura più consona a questo sistema politico, in modo da
desacralizzarlo e levargli quell'aura di intoccabilità che gli viene
cucita addosso ad arte?BERTI.GIANhttp://www.blogger.com/profile/02367020598082211162noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8250739166120726750.post-37899427157966399762018-05-17T14:13:00.002+02:002018-05-17T14:13:44.785+02:00Piccola squallida provincia<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjVEqhORoivPCnwkxKxVE7_O6SCAtpWbM9HIr9l6LlmVCa-pF4UwKqbY3j_ydZKxrY9B3osGYk2LlX-tFf_zWam3EF8wBparxvCEenobx232JJpyDLoKmW79qPkbMSs8A9JA2U4NhwAMg8/s1600/ghoti+8.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="320" data-original-width="500" height="204" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjVEqhORoivPCnwkxKxVE7_O6SCAtpWbM9HIr9l6LlmVCa-pF4UwKqbY3j_ydZKxrY9B3osGYk2LlX-tFf_zWam3EF8wBparxvCEenobx232JJpyDLoKmW79qPkbMSs8A9JA2U4NhwAMg8/s320/ghoti+8.jpg" width="320" /></a></div>
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Assangege e i suoi file,la guerra fredda tra le due
coree,la questione palestinese,la crisi del mercato internazionale,il
crollo dell'economia irlandese,la fame del terzo mondo,la questione dei
migranti,il dissennato svolgersi degli eventi della politica
interna:temi dibattuti,esaminati,analizzati,causa di scontri ideologici
tra soggetti politici.Tutto scontato?No,affatto:esiste tutto uno
spicchio di umanità che ignora bellamente e elicemente tutto questo.E'
la piccola,mediocre,sconfortante provincia.Un luogo ideale e simbolico
nella sua atroce realtà.Gli abitanti di questo mondo vivono di piccole e
inutili cose,sonnecchiosi lemuri con i grandi occhi miopi spalncati
sulla banalità.Il loro mondo si definisce in una relazione extra
coniugale monitorizzata minuto per minuto,nello scannerizzare gesti e
nuove pettinature di improbabili simil signore che copiano con
ostinazione pervicace il trend modaiolo del momento.Feste e cene tribali
scandiscono un tempo fermo:si potrebbe essere nell'anno domini 1260
come nel 3125.I gruppi sono chiusi e statici:non si entra,ma è
impossibile uscirci.Il concetto di razzismo ,come noi lo intendiamo è
sconosciuto perchè oi barbaroi sono già considerati gli abitanti di
altro borgo a distanza di 10 km.Il nulla nella sua più pura essenza
ricopre un apparente vitalità..E' quel mondo perduto che non ha
conservato il valore contadino e non ha assaporato la forza del mondo
operaio senza per altro mai pensare che esistono anche contesti sociali
più allargati.Non c'è politica,non c'è confronto ideologico,il tutto si
limita nell'accettazione ,di volta in volta ,di soggetti
alfa,intercambiabili tra loro e la scelta è basata su dinamiche simili a
una riunione di condominio un pò accesa sull'orario di funzionamento
dei termosifoni.Nell'estrema perversione della mediocrità del male
,tutti si detestano cordialmente sorridendosi nell'incontrarsi
all'immancabile ed irrinunciabile appuntamento della Messa di
mezzogiorno la domenica mattina.Evento fondamentale per dar modo a abiti
,pellicce e cappellini di uscire da ordinatissimi armadi in noce scura<br />
BERTI.GIANhttp://www.blogger.com/profile/02367020598082211162noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8250739166120726750.post-2035086615545022912018-05-13T14:10:00.001+02:002018-05-13T14:10:52.801+02:00La Grande Madre… buona e terribile<a href="http://www.albedoimagination.com/2015/10/la-grande-madre-buona-e-terribile/">La Grande Madre… buona e terribile</a>: Ecco quindi che la donna tende a percepire su di sé livello archetipico e psicoculturale la potenza e l’ambivalenza della Grande Madre – dalla notte dei tempi all’attualità...BERTI.GIANhttp://www.blogger.com/profile/02367020598082211162noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8250739166120726750.post-38019490839052254112018-05-07T14:27:00.002+02:002018-05-07T14:27:15.332+02:00<br />
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<b> <span style="font-size: small;">Liberi e forti:la mistificazione storica del PDl</span></b>
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I giornali hanno dato ampio risalto al
libro-manifesto del ministro Sacconi, " Ai liberi e forti. Valori,
visione e forma politica di un popolo in cammino". Il ministro,con
azione furbesca degna del miglior manager marketing e sfruttando la
ormai nota ignoranza storica del popolo italico,ha ripreso come titolo e
slogan una frase storica di Sturzo.Se si può accettare discutibili
atteggiamenti personali dei dirigenti del PDL ,se si può inquadrare in
un'ottica di degrado contingente la concussione e la corruzione diffusa e
la totale carenza di concetto di res publica,non si può tollerare l'uso
strumentale di una frase che segnò un momento fondamentale nella
nascita del movimento democratico che poi gettò le basi all'antifascismo
della prima ora.Inappropriate ,totamente inadeguata e strumentale
quindi l'appropriazione di questo titolo di lettera che è diventato
archetipo moderno di coscenza libera ,etica politica e lotta contro
sopraffazione ed abuso di potere.<br />
Pensando agli avvenimenti che quotidianamente ogni tipo di stampa
riporta si comprende che niente unisce i liberi e forti di allora ai
presunti forti di oggi.Inanzi tutto ,con l'acume politico che lo
contradistinse e il rigore morale che lo portò ad non scendere mai a
compromessi,Sturzo indirizza la lettera nominalmente ad undici
destinatari.Non generalizza,non spara demagogia nel gruppo,si affida a
uomini che si sono contraddistinti per etica e rigore.E non sbaglia
perchè in pieno regime questi uomini rinunceranno a ruoli di potere per
non inquinqarsi con il regime.Dove trovi oggi attinense a ciò Sacconi è
un mistero che neppure lui potrebbe svelare,perchè attinense non ce ne
sono.Sono certa che il ministro ha ,come ho detto,giocato sull'ignoranze
,quindi sul fatto che pochi inquadrino e ricolleghino il titolo del
libro al proclama democratico di Sturzo.Per sanare in parte questo gap
riporto qui sotto il testo integrale della lettera.Sotto i destinatari
,tra cui il senatore Giovanni Maria Bertini,nonno di mio
marito,antifascista,aventiniano e poi ,richiamato da Bologna dove si era
ritirato durante il fascismo rinunciando alla carica di senatore,per
scrivere la Costituzione Italiana.Bertini fu amico personale di Sturzo e
Piero Calamandrei,uomo integerrimo ,mai colluso con nessuna forma di
compromesso.Immaginiamo quindi il turbamento della nostra famiglia e
della Fondazione nell'apprendere l'uso distorto consapevolmente del
proclama.<br />
<br />
<center>
<span style="color: green; font-family: tahoma; font-size: large;"><b>L'APPELLO AI "LIBERI E FORTI" DI DON LUIGI STURZO</b></span><br />
<br />
</center>
<br />
<br />
<br />
<div align="justify">
<i>Pubblichiamo integralmente l'appello ai "liberi e
forti" del gennaio 1919, fatto dalla Commissione provvisoria del Partito
Popolare Italiano, fondato e guidato da Don Luigi Sturzo.</i></div>
<div align="center">
* * *</div>
<div align="center">
<b>Partito Popolare Italiano</b></div>
<div align="justify">
<a href="https://draft.blogger.com/null"><img align="left" alt="" border="1" src="http://www.democraticicristiani.it/copertine/liberieforti_small.jpg" width="150" /></a>
A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto
il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi
né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnano nella
loro interezza gli ideali di giustizia e libertà. E mentre i
rappresentanti delle Nazioni vincitrici si riuniscono per preparare le
basi di una pace giusta e durevole, i partiti politici di ogni paese
debbono contribuire a rafforzare quelle tendenze e quei principi che
varranno ad allontanare ogni pericolo di nuove guerre, a dare un assetto
stabile alle Nazioni, ad attuare gli ideali di giustizia sociale e
migliorare le condizioni generali, del lavoro, a sviluppare le enrgie
spirituali e materiali di tutti i paesi uniti nel vincolo solenne della
"Società delle Nazioni".</div>
<div align="justify">
E come non è giusto compromettere i vantaggi della
vittoria conquistata con immensi sacrifici fatti per la difesa dei
diritti dei popoli e per le più elevate idealità civili, così è
imprescindibile dovere di sane democrazie e di governi popolari trovare
il reale equilibrio dei diritti nazionali con i supremi interessi
internazionali e le perenni ragioni del pacifico progresso della
società.</div>
<div align="justify">
Perciò sosteniamo il programma politico-morale
patrimonio delle genti cristiane, ricordato prima da parola angusta e
oggi propugnato da Wilson come elemento fondamentale del futuro assetto
mondiale, e rigettiamo gli imperialismi che creano i popoli dominatori e
maturano le violente riscosse: perciò domandiamo che la Società delle
Nazioni riconosca le giuste aspirazioni nazionali, affretti l'avvento
del disarmo universale, abolisca il segreto dei trattati, attui la
libertà dei mari, propugni nei rapporti internazionali la legislazione
sociale, la uguaglianza del lavoro, le libertà religiose contro ogni
oppressione di setta, abbia la forza della sanzione e i mezzi per la
tutela dei diritti dei popoli deboli contro le tendenze sopraffatrici
dei forti.</div>
<div align="justify">
Al migliore avvenire della nostra Italia - sicura nei
suoi confini e nei mari che la circondano - che per virtù dei suoi
figli, nei sacrifici della guerra ha con la vittoria compiuta la sua
unità e rinsaldta la coscienza nazionale, dedichiamo ogni nostra
attività con fervore d'entusiasmi e con fermezza di illuminati
propositi.</div>
<div align="justify">
Ad uno Stato accentratore tendente a limitare e
regolare ogni potere organico e ogni attività civica e individuale,
vogliamo sul terreno costituzionale sostituire uno Stato veramente
popolare, che riconosca i limiti della sua attività, che rispetti i
nuclei e gli organismi naturali - la famiglia, le classi, i Comuni - che
rispetti la personalità individuale e incoraggi le iniziative private. E
perché lo Stato sia la più sincera espressione del volere popolare,
domandiamo la riforma dell'Istituto Parlamentare sulla base della
rappresentanza proporzionale, non escluso il voto delle donne, e il
Senato elettivo, come rappresentanza direttiva degli organismi
nazionali, accademici, amministrativi e sindacali: vogliamo la riforma
della burocrazia e degli ordinamenti giudiziari e la semplificazione
della legislazione, invochiamo il riconoscimento giuridico delle classi,
l'autonomia comunale, la riforma degli Enti Provinciali e il più largo
decentramento nelle unità regionali.</div>
<div align="justify">
Ma sarebbero queste vane riforme senza il contenuto
se non reclamassimo, come anima della nuova Società, il vero senso di
libertà, rispondente alla maturità civile del nostro popolo e al più
alto sviluppo delle sue energie: libertà religiosa, non solo
agl'individui ma anche alla Chiesa, per la esplicazione della sua
missione spirituale nel mondo; libertà di insegnamento, senza monopoli
statali; libertà alle organizzazioni di classe, senza preferenze e
privilegi di parte; libertà comunale e locale secondo le gloriose
tradizioni italiche.</div>
<div align="justify">
Questo ideale di libertà non tende a disorganizzare
lo Stato ma è essenzialmente organico nel rinnovamento delle energie e
delle attività, che debbono trovare al centro la coordinazione, la
valorizzazione, la difesa e lo sviluppo progressivo. Energie, che
debbono comporsi a nuclei vitali che potranno fermare o modificare le
correnti disgregatrici, le agitazioni promosse in nome di una
sistematica lotta di classe e della rivoluzione anarchica e attingere
dall'anima popolare gli elementi di conservazione e di progresso, dando
valore all'autorità come forza ed esponente insieme della sovranità
popolare e della collaborazione sociale.</div>
<div align="justify">
Le necessarie e urgenti rifrome nel campo della
previdenza e della assistenza sociale, nella legislazione del lavoro,
nella formazione e tutela della piccola proprietà devono tendere alla
elevazione delle classi lavoratrici, mentre l'incremento delle forze
economiche del Paese, l'aumento della produzione, la salda ed equa
sistemazione dei regimi doganali, la riforma tributaria, lo sviluppo
della marina mercantile, la soluzione del problema del Mezzogiorno, la
colonizzazione interna del latifondo, la riorganizzazione scolastica e
la lotta contro l'analfabetismo varranno a far superare la crisi del
dopo-guerra e a tesoreggiare i frutti legittimi e auspicati della
vittoria.</div>
<div align="justify">
Ci presentiamo nella vita politica con la nostra
bandiera morale e sociale, inspirandoci ai saldi principii del
Cristianesimo che consacrò la grande missione civilizzatrice
dell'Italia; missione che anche oggi, nel nuovo assetto dei popoli, deve
rifulgere di fronte ai tentativi di nuovi imperialismi di fronte a
sconvolgimenti anarchici di grandi Imperi caduti, di fronte a democrazie
socialiste che tentano la materializzazione di ogni identità, di fronte
a vecchi liberalismi settari, che nella forza dell'organismo statale
centralizzato resistono alle nuove correnti affrancatrici.</div>
<div align="justify">
A tutti gli uomini moralmente liberi e socialmente
evoluti, a quanti nell'amore alla patria sanno congiungere il giusto
senso dei diritti e degl'interessi nazionali con un sano
internazionalismo, a quanti apprezzano e rispettano le virtù morali del
nostro popolo, a nome del Partito Popolare Italiano facciamo appello e
domandiamo l'adesione al nostro Programma.</div>
<div align="justify">
Roma, lì 18 gennaio 1919</div>
<div align="justify">
LA COMMISSIONE PROVVISORIA<br />
On. Avv. Giovanni Bertini - Avv. Giovanni Bertone - Stefano Gavazzoni -
Rag. Achille Grandi - Conte Giovanni Grosoli - On. Dr. Giovanni
Longinotti - On. Avv. Prof. Angelo Mauri - Avv. Umberto Merlin - On.
Avv. Giulio Rodinò - Conte Avv. Carlo Santucci - Prof. D. Luigi Sturzo, <i>Segretario Politico</i>.</div>
BERTI.GIANhttp://www.blogger.com/profile/02367020598082211162noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8250739166120726750.post-44523448974428252772018-05-07T14:19:00.002+02:002018-05-07T14:21:30.957+02:00Le multinazionali ,i nuovi padroni del mondo<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiYIv1apxxbogE5qsRwdNK0TqCk6-FAjC1xY0p7NfbQpKlTWW7xz1-_Wudm4h1Yg8xk_OFiYPYtDRtpSKuv2K0LL8VH9UcrJcIQKVEl9cf-NjbPiVUeslLtuZ9JgVmCjy_QTQrEojIdvI4/s1600/cary-fukunaga-a-a-it-le-fla-au-warner-bros-980x551-5561.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="551" data-original-width="980" height="179" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiYIv1apxxbogE5qsRwdNK0TqCk6-FAjC1xY0p7NfbQpKlTWW7xz1-_Wudm4h1Yg8xk_OFiYPYtDRtpSKuv2K0LL8VH9UcrJcIQKVEl9cf-NjbPiVUeslLtuZ9JgVmCjy_QTQrEojIdvI4/s320/cary-fukunaga-a-a-it-le-fla-au-warner-bros-980x551-5561.jpg" width="320" /></a></div>
<span style="color: #666666;"><br />
</span> <br />
<br />
<b> <span style="font-size: small;">Le multinazionali criminali:l'ultima schiavitù</span></b>
<br />
<br />
<div class="date-posts">
<div class="post-outer">
<div class="post hentry">
<a href="https://draft.blogger.com/null" name="3133643482784278959"></a>
<h3 class="post-title entry-title">
<a href="http://100cosecosi.blogspot.com/2012/01/le-multinazionali-criminali-perpetrano.html">LE MULTINAZIONALI CRIMINALI PERPETRANO LA SCHIAVITU</a></h3>
<div class="post-header-line-1">
</div>
<div class="post-body entry-content">
<br />
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<br />
<span style="font-size: medium;">Le migliaia di oggetti che popolano il nostro quotidiano consumista sono prodotti da 30.000.000 di <a href="http://www.storialibera.it/attualita/islam_nel_mondo/articolo.php?id=1029&titolo=27%20milioni%20di%20schiavi,%20chi%20tace%20e%20chi%20acconsente..."><b><span style="color: #6728b2;">schiavi adulti<img alt="" class="snap_preview_icon" src="http://www.previewshots.com/images/v1.3/t.gif" id="snap_com_shot_link_icon" style="background-color: transparent; background-image: url(http://www.previewshots.com/images/v1.3/theme/asphalt/palette.gif); background-position: -943px 0px; background-repeat: no-repeat; border-bottom: 0px; border-left: 0px; border-right: 0px; border-top: 0px; cssfloat: none; display: inline; float: none; font-family: 'trebuchet ms', arial, helvetica, sans-serif; font-style: normal; font-weight: normal; height: 12px; left: auto; line-height: normal; margin: 0px; max-height: 2000px; max-width: 2000px; min-height: 0px; min-width: 0px; padding-bottom: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 1px; position: static; text-decoration: none; top: auto; vertical-align: top; visibility: visible; width: 14px;" /></span></b></a>,mentre per quanto riguarda il <a href="http://www.questotrentino.it/qt/?aid=12375"><b><span style="color: #6728b2;">lavoro minorile<img alt="" class="snap_preview_icon" src="http://www.previewshots.com/images/v1.3/t.gif" id="snap_com_shot_link_icon" style="background-color: transparent; background-image: url(http://www.previewshots.com/images/v1.3/theme/asphalt/palette.gif); background-position: -943px 0px; background-repeat: no-repeat; border-bottom: 0px; border-left: 0px; border-right: 0px; border-top: 0px; cssfloat: none; display: inline; float: none; font-family: 'trebuchet ms', arial, helvetica, sans-serif; font-style: normal; font-weight: normal; height: 12px; left: auto; line-height: normal; margin: 0px; max-height: 2000px; max-width: 2000px; min-height: 0px; min-width: 0px; padding-bottom: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 1px; position: static; text-decoration: none; top: auto; vertical-align: top; visibility: visible; width: 14px;" /></span></b></a> abbiamo cifre impressionanti:250.000.000 di piccoli schiavi !</span></div>
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<span style="font-size: medium;">La schiavitù non è un concetto estinto,sepolto definitivamente tra le pieghe polverose della storia. </span></div>
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<span style="font-size: medium;">Sono
veri e propri schiavi,lo sfruttamento è perpetrato in massima parte
dalle Multinazionali,qui sotto espongo quelle che a vario titolo si sono
distinte in questa prassi infame e <a href="http://www.famigliacristiana.it/informazione/news_2/articolo/tratta_180511162317.aspx"><b><span style="color: #6728b2;">qui uno dei movimenti<img alt="" class="snap_preview_icon" src="http://www.previewshots.com/images/v1.3/t.gif" id="snap_com_shot_link_icon" style="background-color: transparent; background-image: url(http://www.previewshots.com/images/v1.3/theme/asphalt/palette.gif); background-position: -943px 0px; background-repeat: no-repeat; border-bottom: 0px; border-left: 0px; border-right: 0px; border-top: 0px; cssfloat: none; display: inline; float: none; font-family: 'trebuchet ms', arial, helvetica, sans-serif; font-style: normal; font-weight: normal; height: 12px; left: auto; line-height: normal; margin: 0px; max-height: 2000px; max-width: 2000px; min-height: 0px; min-width: 0px; padding-bottom: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 1px; position: static; text-decoration: none; top: auto; vertical-align: top; visibility: visible; width: 14px;" /></span></b></a> organizati d'opinione che si battono per il loro riscatto umano.</span></div>
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<span style="font-size: large;"><b style="color: red;">CALCOLA I TUOI SCHIAVI</b></span><br />
<span style="font-size: medium;">Il sito <a href="http://slaveryfootprint.org/" target="_blank" title="Slaveryfootprint.org"><b><span style="color: #6728b2;">Slaveryfootprint.org<img alt="" class="snap_preview_icon" src="http://www.previewshots.com/images/v1.3/t.gif" id="snap_com_shot_link_icon" style="background-color: transparent; background-image: url(http://www.previewshots.com/images/v1.3/theme/asphalt/palette.gif); background-position: -943px 0px; background-repeat: no-repeat; border-bottom: 0px; border-left: 0px; border-right: 0px; border-top: 0px; cssfloat: none; display: inline; float: none; font-family: 'trebuchet ms', arial, helvetica, sans-serif; font-style: normal; font-weight: normal; height: 12px; left: auto; line-height: normal; margin: 0px; max-height: 2000px; max-width: 2000px; min-height: 0px; min-width: 0px; padding-bottom: 0px; padding-left: 0px; padding-right: 0px; padding-top: 1px; position: static; text-decoration: none; top: auto; vertical-align: top; visibility: visible; width: 14px;" /></span></b></a> mette a disposizione un'interessante applicazione che permette di capire, <b>riempiendo un questionario</b> di 11 domande<b> quanti schiavi lavorano per farci condurre la nostra vita quotidiana</b>.</span></div>
<span style="font-size: medium;"> </span><span style="color: #0000cc; font-family: "arial"; font-size: large;"><span style="font-size: medium;"> </span></span><br />
<span style="color: #0000cc; font-family: "arial"; font-size: large;"><b>Le multinazionali più cattive del mondo</b> </span><br />
<br />
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<span style="font-size: medium;"><b><span style="color: #cc0000;">McDonald's - Ristorazione</span></b><br />
I dipendenti sono sottopagati. Gli animali che forniscono la carne degli
hamburger sono costretti a continue gravidanze e vengono imbottiti di
antibiotici e farmaci. L'intera "politica pubblicitaria" della
multinazionale mira a coinvolgere e convincere i bambini (con regali,
promozioni e gadgets). E, ovviamente, quando il bambino rompe i coglioni
perché vuole andare da McDonald's, ci va tutta la famiglia. Tre
piccioni con un cheesburger.<br />
La campagna contro questa multinazionale dura ormai da più di una decina
d'anni. La McDonald's è finita più volte sotto processo. Ha pagato
diversi milioni di dollari di risarcimento danni ai consumatori.<br />
Negli ultimi sei mesi il fatturato è sceso del 13%.</span></div>
<br />
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<span style="font-size: medium;"><b><span style="color: #cc0000;">Nestlé - Alimentari</span></b><br />
La campagna di boicottaggio della Nestlé è nata soprattutto dalla
politica della società nella vendita del latte in polvere (qui l'azienda
controlla più del % del mercato mondiale). La multinazionale avrebbe
provocato la morte di 1,5 milioni di bambini per malnutrizione. La
Nestlè incoraggia e pubblicizza l'alimentazione dal biberon fornendo
informazioni distorte sull'opportunità dell'allattamento artificiale e
dando campioni gratuiti di latte agli ospedali (in particolare negli
ospedali del Terzo mondo), o "dimenticando" di riscuotere i pagamenti.<br />
Oltre a questo la Nestlè è considerata una delle multinazionali più
potenti e più pericolose del mondo. E' criticata per frodi e illeciti
finanziari, abusi di potere, inciuci politici, appoggio e sostegno di
regimi dittatoriali. Ultimamente è stata presa di mira per l'utilizzo di
organismi geneticamente modificati nella pasta (Buitoni), nei
latticini, dolci e merendine.<br />
Intere aree di foresta vengono distrutte per far posto alle sue
piantagioni di cacao e di caffè, dove si utilizzano pesticidi molto
pericolosi (alcuni proibiti nei paesi industrializzati).<br />
Ecco una lista completa dei marchi di proprietà Nestlè:<br />
Acque minerali e Bevande: Claudia, Giara, Giulia, Levissima, Limpia,
Lora Recoaro, Panna, Pejo, Perrier, Pra Castello, San Bernardo, San
Pellegrino, Sandalia, Tione, Ulmeta, Vera, Acqua Brillante Recoaro,
Batik, Beltè, Chinò, Gingerino Recoaro, Mirage, Nestea, One-o-one, San
Pellegrino, Sanbitter.<br />
Dolci, gelati, merendine: Le ore liete, Cheerios, Chocapic, Fibre 1,
Fitness, Kix, Nesquik, Trio, Kit Kat, Lion, Motta, Alemagna, Baci,
Cioccoblocco, Galak, Perugina, Smarties, Antica Gelateria del Corso<br />
Cacao, caffè e derivati: Cacao Perugina, Nescafè, Malto Kneipp, Orzoro.<br />
Carne e pesce: Vismara, Mare fresco, Surgela,<br />
Frutta e Verdure (anche sottolio e sottaceto): Condipasta, Condiriso, Berni, la Valle degli Orti<br />
Latticini e yogurt: Formaggi Mio, Fruit joy, Fruttolo, Lc1.<br />
Olio e derivati: Sasso, Sassonaise, Maggi,<br />
Latte in polvere: Guigoz, Mio, Nidina, Nestum.</span></div>
<br />
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<span style="font-size: medium;"><b><span style="color: #cc0000;">Philip Morris - Sigarette e alimentari</span></b><br />
E' la maggior industria del tabacco del mondo. Si stima che solo le
Marlboro uccidano più di 75mila americani all'anno. In america è famosa
per essere una delle maggiori finanziatrici di politici che
intraprendono battaglie per l'abolizione dei limiti e divieti di fumo.
Fino al 1998 finanziava gli scienziati perché effettuassero studi da cui
risultava che il fumo passivo non era nocivo. Solo nel 1999 ha ammesso
che il fumo fa male. Nel 1997 ha accettato, insieme ad altre
multinazionale del tabacco di pagare 206 milioni di dollari (in 25 anni)
per risarcire lo stato delle spese sostenute per curare i malati "di
fumo".<br />
La Kraft è stata segnalata perché usa organismi geneticamente modificati nei suoi prodotti.<br />
La Philip Morris controlla il marchio Kraft, Fattorie Osella, Mozary,
Invernizzi, Invernizzina, Jocca, Linderberg, Lunchables, Maman Louise,
Jacobs caffè e Hag, Simmenthal, Spuntì, Lila Pause, Milka Tender,
Terry's, Caramba, Faemino, Splendid, Cote d'Or, Baika, Dover, Gim,
Philadelphia, Sottilette, Susanna, Leggereste, Mato-Mato.</span></div>
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<br />
</div>
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<span style="font-size: medium;"><b><span style="color: #cc0000;">Unilever - Alimentare e chimica</span></b><br />
Molte associazioni animaliste come Animal Aid hanno lanciato una
campagna contro la Unilever per lo sfruttamento degli animali durante
gli esperimenti.<br />
E' boicottata anche per i salari e le condizioni di lavoro nelle sue
piantagioni in India (dove possiede il 98% del mercato del tè).<br />
La Unilever controlla i marchi: Lipton Ice Tea, Coccolino, Bio presto,
Omo, Surf, Svelto,Cif, Lysoform, Vim, Algida, Carte d'Or, Eldorado,
Magnum, Solero, Sorbetteria di Ranieri, Findus, Genepesca, Igloo,
Mikana, Vive la vie, Calvè, Mayò, Top-down, Foglia d'oro, Gradina, Maya,
Rama, Bertolli, Dante, Rocca dell'uliveto, San Giorgio, Friol, Axe,
Clear, Denim, Dimension, Durban's, Mentadent, Pepsodent, Rexona,</span></div>
<br />
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<span style="font-size: medium;"><b><span style="color: #cc0000;">Chiquita - Alimentari</span></b><br />
E' coinvolta in tutto. Intrighi internazionali, scioperi repressi nel
sangue, corruzione, scandali e colpi di stato. Utilizza massicce
quantità di pesticidi, erbicidi e insetticidi. Approfitta della sua
posizione di potere per imporre prezzi molto bassi delle aziende
agricole da cui si rifornisce.<br />
Nel 1994 il sindacato SITRAP ha denunciato l'esistenza di squadre armate
all'interno delle piantagioni in Centro America e in Ecuador. I
lavoratori sono sottopagati, senza alcuna assistenza medica. Le attività
sindacali sono represse talvolta con la forza.</span></div>
<br />
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<span style="font-size: medium;"><b><span style="color: #cc0000;">Procter & Gamble - Detersivi - Cosmesi e Alimentari</span></b><br />
Questa multinazionale statunitense (fatturato annuale 76mila miliardi di
lire) ufficialmente è boicottata dalle associazioni animaliste (Buav,
Peta e Uncaged) perché testa i suoi prodotti sugli animali. Ultimamente
però la Procter & G è tornata alla ribalta con le patatine Pringles.
Contengono organismi geneticamente modificati.<br />
Per quanto riguarda l'ambiente, nonostante le politiche di riduzione
degli imballaggi e dei componenti inquinanti, l'azienda rimane una delle
maggiori fonti di rifiuti del mondo: i pannolini. In America sono il 2%
della spazzatura totale del paese.<br />
E' nota anche per appoggiare associazioni "ambientaliste" che difendono le politiche delle aziende e delle grandi industrie.<br />
Nel 1997 aveva messo a punto un prodotto di sintesi, battezzato Olestra,
da utilizzarsi come sostituto dell'olio. Dopo lunghe pressioni sulla
Food and Drug Administrator il prodotto era stato autorizzato
all'impiego. E' stato accertato che provoca diarrea e impedisce
l'assorbimento di vitamine liposubili.<br />
La P&G controla i marchi: Intervallo, Lines, Tampax, Bounty (carta
assorbente), Tempo, Senz'acqua Lines, Dignity, Linidor, Pampers, Lenor,
Ariel, Bolt, Dash, Tide, Nelsen, Ace, Ace Gentile, Baleno, Febreze,
Mastro Lindo, Mister Verde, Spic&Span, Tuono, Viakal, Pringles,
Infasil, Heald&Shoulders, Keramine H, Oil of Olaz, AZ, Topexan,
Infasil, Dove, Panni Swiffer,</span></div>
<br />
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<span style="font-size: medium;"><b><span style="color: #cc0000;">Novartis - Chimica e Alimentari</span></b><br />
Leader, insieme alla Monsanto nel settore delle biotecnologie. Specializzata nella produzione di mais geneticamente modificato.<br />
Distribuisce con i marchi: Isostad, Vigoplus (bevande dietetiche), Novo Sal, Ovomaltine, Cereal, Piz Buin (crema protettiva)</span></div>
<br />
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<span style="font-size: medium;"><b><span style="color: #cc0000;">Esso (Exxon Mobil)</span></b><br />
I Verdi del Parlamento Europeo hanno lanciato una campagna di
boicottaggio perché la Exxon, l'industria più ricca del mondo, ha
sostenuto fortemente l'abbandono del protocollo di Kyoto per la difesa
ambientale da parte degli Stati Uniti.</span></div>
<br />
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<br />
</div>
<br />
<div align="center" style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<span style="font-size: medium;"><br />
<span style="color: #0000cc;">Multinazionali non ufficialmente boicottare, ma da cui è meglio stare alla larga</span></span></div>
<br />
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<span style="font-size: medium;"><b><span style="color: #cc0000;">Monsanto - Agrochimica gruppo Pharmacia</span></b><br />
Metà del suo fatturato annuale (34mila miliardi di lire) proviene dalla
produzione di erbicidi, di ormoni di sintesi e di sementi geneticamente
modificate. Il resto proviene dalle attività farmaceutiche.<br />
E' il terzo produttore del mondo di pesticidi e controlla il 10% del
mercato mondiale. E' una delle maggiori aziende del mondo nella
produzione di sementi geneticamente modificati (capaci di resistere agli
stessi erbicidi prodotti dalla stessa Monsanto).<br />
Nel 1997, negli Stati Uniti, ha pagato una multa di 50mila dollari per
pubblicità ingannevole. Aveva definito l'erbicida Roundup un prodotto
"biodegradabile ed ecologico".<br />
Ancora nel 1997, in occasione della conferenza sul clima di Kyoto, la
multinazionale ha fatto pressioni affinché la conferenza non inserisse
gli HFC (idro fluoro carburi, sostanze pericolose perché contribuiscono
in misura notevole all'effetto serra) fra i gas da ridurre.<br />
Nel 1999 è stata denunciata per abuso di posizione dominante nel settore delle biotecnologie.<br />
Sempre nel 1999 è stata denunciata perché testava i suoi prodotti sugli animali.<br />
Controlla i marchi: Mivida Misura<br />
<br />
<span style="color: #cc0000;"><b>Burger King<br />
</b><span style="color: black;">In Gran Bretagna è stata</span><b> </b></span>al
centro dell'attenzione perché stipulava contratti denominati "a
zero-ore". I dipendenti non venivano pagati quando ad esempio il negozio
era vuoto e quindi non stavano facendo niente.</span></div>
<br />
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<span style="font-size: medium;"><b><span style="color: #cc0000;">Kodak</span></b><br />
Nel 1990 è stata condannata a pagare una multa di 2 milioni di dollari
per essere una delle 10 maggiori produttrici di sostanze inquinanti e
cancerogene (è il maggior "emettitore" di metilene cloride degli USA).</span></div>
<br />
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<span style="font-size: medium;"><b><span style="color: #cc0000;">Mitsubishi</span></b><br />
E' coinvolta nell'importazione illegale di legname in Giappone. Sarebbe
legata anche al commercio di armi e all'industria nucleare.</span></div>
<br />
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<span style="font-size: medium;"><b><span style="color: #cc0000;">Coca Cola</span></b><br />
Recentemente alcune associazioni di difesa dei lavoratori colombiani
hanno deciso di intentare una causa contro la Coca cola per l'omicidio
di alcuni sindacalisti. Secondo i portavoce delle associazioni la
multinazionale usa vere e proprie squadre della morte per "minacciare" i
dirigenti sindacali che intraprendono battaglie per i diritti dei
lavoratori. Nei primi sei mesi del 2001 sarebbero stati uccisi 50
dirigenti sindacali, 128 lo scorso anno, piu' di 1500 negli ultimi dieci
anni.</span></div>
<br />
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<span style="font-size: medium;"><b><span style="color: #cc0000;">Pepsi cola</span></b><br />
Al centro della campagna contro la Pepsi il fatto che la multinazionale
appoggia e sostiene paesi con regimi dittatoriali (Birmania, Messico,
Filippine). La Pepsico utilizza inoltre animali nei suoi studi ed
esperimenti.</span></div>
<br />
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<span style="font-size: medium;"><b><span style="color: #cc0000;">Shell</span></b><br />
E' accusata di aver ucciso 80 persone e distrutto più di 500 abitazioni
durante una manifestazione di protesta in Nigeria nel 1990.<br />
Nel gennaio 1993 ha represso con la forza una seconda manifestazione
organizzata dagli Ogoni. La repressione fu violentissima: 27 villaggi
completamente distrutti, 2mila morti.<br />
La multinazionale nega ogni coinvolgimento in queste repressioni violente.</span></div>
<br />
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<span style="color: #cc0000; font-size: medium;"><b>Sun Diamond</b></span><span style="font-size: medium;"><br />
E' un consorzio di cooperative statunitensi. In Italia distribuisce con
il marchio Noberasco. Secondo la sezione sindacale americana Teamstars
Local Union usa pesticidi pericolosi. E' stata accusata di licenziare
gli scioperanti e dare salari molto bassi.<br />
Nel 1985, in un momento di difficoltà finanziaria, la multinazionale
ottenne dai lavoratori un'autoriduzione dei salari del 30-40% e un
maggior sforzo lavorativo. Nel giro di poco tempo l'azienda recupero' e i
profitti aumentarono del 40%.<br />
Nel 1991 i lavoratori chiesero di far tornare i salari ai livelli
originari, ma invece di accogliere la richiesta, la Sun Diamond
licenzio' i 500 dipendenti in sciopero rimpiazzandoli con nuovi
braccianti.<br />
Controlla i marchi: Diamond, Sunsweet</span></div>
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<br />
</div>
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<span style="font-size: medium;"><b><span style="color: #cc0000;">Walt Disney<br />
</span></b><span style="color: black;">Ad Haiti possiede una de</span>lle
maggiori industrie del mondo di abbigliamento. Migliaia di lavoratori
poco più che quindicenni, pagati 450 lire all'ora. Lavorano dalle 10
alle 12 ore al giorno. Il rumore all'interno degli stabilimenti è
assordante, non si può andare in bagno più di due volte al giorno e la
pausa pranzo dura 10 minuti. Si calcola che per guadagnare la cifra che
l'amministratore delegato della Disney guadagna in un ora, un'operaia
haitiana dovrebbe lavorare 101 anni, per 10 ore tutti i giorni!<br />
<br />
<b><span style="color: #cc0000;">Totalfina-Elf</span></b><br />
Appoggia il regime oppressivo in Birmania. Recentemente è stata al
centro del disastro naturale causato dall'affondamento del piattaforma
petrolifera Erika.</span></div>
<br />
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<span style="font-size: medium;"><b><span style="color: #cc0000;">I</span></b><span style="color: #cc0000;"><b>ndustrie farmaceutiche</b></span><br />
Molte sono le multinazionali farmaceutiche boicottate perché sfruttano
gli animali negli esperimenti. Fra i nomi importanti: Bayer, Henkel,
Johnson & Johnson, L'Oreal<br />
Colgate-Palmolive, Reckitt Banck e Johnson Wax.<br />
Nel caso della Bayer citiamo poi il caso Lipobay. 52 persone decedute.<br />
Recentemente è stata inoltre aperta un'inchiesta contro la Glaxo per un farmaco antidepressivo, lo Seroxat.<br />
Segnaliamo invece come buona notizia la concessione della Roche al
governo brasiliano di ridurre del 40% il prezzo di un farmaco anti-aids.</span></div>
<br />
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<br />
</div>
<br />
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<span style="font-size: medium;"><b><span style="color: #cc0000;">Danone</span></b><br />
Per aumentare gli utili dell'anno 2000 la Danone, uno dei maggiori
produttori e distributori di acque minerali del mondo, decise di
licenziare 1800 persone. A Calais 500 famiglie si unirono in una
campagna di boicottaggio. Grazie all'intervento di alcune associazioni
per la tutela dei consumatori la campagna ha superato le Alpi arrivando
anche in Italia (dove la Danone distribuisce con i marchi Saiwa, Galbani
e Ferrarelle).</span></div>
<br />
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<span style="font-size: medium;"><b><span style="color: #cc0000;">Benetton</span></b><br />
In Patagonia tutte le terre di Rio Negro sono di proprietà Benetton. Le
molte popolazioni tribali che le abitavano sono state segregate in
piccole strisce di terra e vengono utilizzati come manodopera. Sotto
pagati (200 dollari al mese), ritmi di lavoro estenuanti (10-12 ore),
nessuna assistenza medica, nessuna possibilità di riunirsi in sindacati.
In estate, alle popolazioni locali è vietato attingere dai fiumi (in
alcuni tratti per impedire l'accesso utilizzano il filo spinato e la
corrente elettrica), per molti unica risorsa di vita.</span></div>
<br />
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<span style="font-size: medium;"><b><span style="color: #cc0000;">Del Monte</span></b><br />
Ufficialmente la campagna di boicottaggio della Del Monte è finita, con
ottimi risultati. Il vecchio direttore delle piantagioni in Kenya è
stato licenziato e la multinazionale ha firmato una serie di accordi che
prevedono la regolarizzazione delle assunzioni, l'aumento dei salari
minimi in modo da coprire i bisogni fondamentali per tutta la famiglia,
la garanzia della libertà e delle attività sindacali, la salvaguardia
della salute dei lavoratori e la difesa dell'ambiente. L'azienda si è
inoltre impegnata in un progetto di monitoraggio e controllo da parte
delle associazioni sindacali e del Comitato nazionale di solidarietà.</span></div>
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<br />
</div>
<div style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif;">
<br />
</div>
<table style="font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; width: 423px;">
<tbody>
<tr>
<td width="794"><div align="center">
<span style="color: blue; font-size: medium;">Banche</span></div>
</td>
</tr>
<tr>
<td height="55" width="794"><span style="font-size: medium;">Istituti
di credito italiani e esteri coinvolti nell'esportazione legale di armi
(anni 1998/2000) prevalentemente destinate a paesi poveri o già in
guerra.</span><br />
<br />
<span style="font-size: medium;"><b style="color: red;"> Istituti di credito</b><br />
<br />
Banca Carige<br />
BancaCommercialeItaliana<br />
Banca d'Americae d'Italia<br />
Banca di Roma<br />
Banca Nazionale Agricoltura<br />
Banca Nazionale Lavoro<br />
Banca Pop.Bg-Cr. Varesino<br />
Banca Popolare di Brescia<br />
Banca Popolare di Intra<br />
Banca Popolare Lodi<br />
<b style="color: red;"><br />
Aziende di credito</b><br />
<br />
Ubae Arab Italian Bank<br />
Credito Italiano<br />
Istituto San Paolo di Torino<br />
Banca Commerciale Italiana<br />
Banca Nazionale del Lavoro<br />
Banco di Napoli<br />
Banca di Roma<br />
Cassa di Risparmio di La Spezia<br />
Monte dei Paschi di Siena<br />
Banca Nazionale dell'Agricoltura<br />
Banco Abrosiano Veneto<br />
Banca Toscana<br />
Banca Popolare di Brescia<br />
Banco do Brasil<br />
Cariplo<br />
Credit Agricole Indosuez<br />
Banca Popolare di Bergamo-Credito Varesino<br />
Banca Popolare di Novara<br />
Banca San Paolo di Brescia<br />
Cassa di Risparmio di Firenze<br />
Banca Carige<br />
Barclays Bank<br />
Unione Banche Svizzere<br />
Banco di Chiavari e della Riviera Ligure<br />
Banca Popolare di Intra<br />
Credito Agrario Bresciano<br />
Banca Popolare di Lodi<br />
Credito Emiliano <br />
<br />
ELABORAZIONE DATI: OS.C.AR. Report (Osservatorio sul
Commercio delle Armi) di IRES Toscana (Istituto di Ricerche Economiche e
Sociali della Toscana)</span><br />
<span style="font-size: medium;"><br />
</span><br />
<div align="center">
<span style="color: blue; font-size: medium;">Le multinazionali che si sono arrese<br />
</span><br />
<div align="left">
<span style="font-size: medium;"><b><span style="color: #cc0000;">Nike (scarpe e abbigliamento sportivo)</span></b></span><span style="font-size: medium;"><br />
Nell'Aprile del 1998 la multinazionale si arrese.
La'annuncio è stato dato dal gran capo in persona, Phil Knight,
fondatore, primo azionista e amministratore delegato del gruppo. A
condizione che la campagna di boicottaggio finisca, Nike ha accettato di
alzare da 14 a 18 anni l'età minima dei lavoratori nelle fabbriche di
calzature e di portare a 16 l'eta minima di tutti gli altri lavoratori
inpiegati nella produzione di abbigliamento, accessori e attrezzature.<br />
In 12 fabbriche indonesiane è scattato un aumento del 37%
della retribuzione di tutti i lavoratori che percepivano il salario
minimo (28 mila persone). L'azienda si è inoltre impegnata a bonificare
tutte le sue fabbriche e a rispettare i livelli di sicurezza imposti
dalla legge. Inoltre aumenterà il sostegno all'attuale programma di
micro-finanziamento, che gia' coinvolge mille famiglie in Vietnam,
estendendolo anche all'Indonesia, al Pakistan e alla Thailandia. In
tutti gli stabilimenti asiatici il gruppo, che ha il quartier generale a
Beaverton, nell'Oregon, amplierà i programmi di istruzione, offrendo ai
dipendenti corsi per ottenere un diplorna equivalente a quello delle
scuole medie e superiori.<br />
Dopo la conferenza stampa che si è tenuta a Washington, in
cui la Nike annuciava la resa, le sue azioni in borsa sono salite di due
dollari.<br />
<br />
<span style="color: #cc0000;"><b>Reebok</b></span></span> <span style="font-size: medium;">Sempre
nel 1998 anche la Reebok ammise, facendo un'indagine interna, che nelle
sue fabbriche in Indonesia gli operai lavorano in condizioni di
pericolo, a volte per più di dodici ore al giorno. E per l'equivalente
di 85mila lire al mese.</span><span style="font-size: medium;"><br />
</span><span style="color: black; font-size: medium;">L'autodenuncia
fu un passo importante e da quel giorno le cose sono molto migliorate. I
dipendenti hanno libertà di organizzazione sindacale, gli stipendi sono
stati adeguati ai minimi di legge e i limiti di sicurezza vengono
rispettati.<br />
Rimane però da chiedersi cosa succeda in Cina, dove la
multinazionale ha il 50% della sua produzione e dove questa indigine
interna non arrivò...</span></div>
</div>
</td>
</tr>
</tbody>
</table>
</div>
</div>
</div>
</div>
Fonti varie-cento cose cosìBERTI.GIANhttp://www.blogger.com/profile/02367020598082211162noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8250739166120726750.post-92073249254766089972014-03-24T08:58:00.001+01:002014-03-24T08:58:49.225+01:00La Storia siamo Noi - L' attentato in via Rasella e le Fosse Ardeatine<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="344" src="//www.youtube.com/embed/BcfmSBHknhI" width="459"></iframe><br />BERTI.GIANhttp://www.blogger.com/profile/02367020598082211162noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8250739166120726750.post-903764133959680582014-03-24T08:56:00.001+01:002014-03-24T08:56:09.748+01:00Documentario Istituto Luce - I nazisti a Roma<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="344" src="//www.youtube.com/embed/rWE187F-ZpU" width="459"></iframe><br />BERTI.GIANhttp://www.blogger.com/profile/02367020598082211162noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8250739166120726750.post-13277881004218405302013-02-06T09:20:00.001+01:002013-02-06T09:20:36.675+01:00La Rivoluzione del Neolitico<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhzGAFWOsTKn0-5-FXPjrNVs39W7T-3jLvny7oPEJ7fpPG1ry4yaN4g5iVHgaw_K4TythiZTpn0wuPF8ThsjZC3E8ZZc_JCLDobb8i0i05UFLkZPjhKTDgeOQ2Tuk31rJW5gU8y8AOYb-k/s1600/momenti60a.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="264" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhzGAFWOsTKn0-5-FXPjrNVs39W7T-3jLvny7oPEJ7fpPG1ry4yaN4g5iVHgaw_K4TythiZTpn0wuPF8ThsjZC3E8ZZc_JCLDobb8i0i05UFLkZPjhKTDgeOQ2Tuk31rJW5gU8y8AOYb-k/s320/momenti60a.jpg" width="320" /></a></div>
<a href="" id="top" name="top"></a><table border="0" cellpadding="10" cellspacing="0" style="width: 100%px;"><tbody>
<tr><td><table align="center" border="0" cellpadding="0" cellspacing="0" class="fixed-w"><tbody>
<tr><td class="logo-fixed_PG"><a href="http://www.liberazioni.org/index.html"><img alt="Liberazioni Associazione Culturale Antispecista" border="0" height="158" src="http://www.liberazioni.org/images/LiberazioniAssCulturale2.gif" width="115" /></a></td><td class="menuSez-fixed" valign="bottom"><!--Inizio intestazione --><table border="0" cellpadding="0" cellspacing="0" class="TBContent-fixed_PG" style="width: 100%px;"><tbody>
<tr><td valign="top"><table border="0" cellpadding="0" cellspacing="0"><tbody>
<tr><td><br /></td><td rowspan="2"><br /></td><td><br /></td><td rowspan="2"><br /></td><td><br /></td></tr>
<tr><td><br /></td><td><br /></td><td><br /></td></tr>
</tbody></table>
</td><td class="Sez"><br /></td></tr>
<tr><td class="lineaH-riv" colspan="2"><img alt="" height="1" src="http://www.liberazioni.org/images/1x1.gif" width="1" /></td></tr>
</tbody></table>
</td><td rowspan="5" valign="top"><img alt="" height="1" src="http://www.liberazioni.org/images/1x1.gif" width="31" /></td></tr>
<!--Inizio Corpo -->
<tr><td valign="top"><!--colonna SX --> </td><td class="corpo_sf"><table border="0" cellpadding="0" cellspacing="0" style="width: 100%px;"><tbody>
<tr><td class="giustificato"><table align="right" border="0" cellpadding="10" cellspacing="0" style="width: 220px;"><tbody>
<tr><td><table border="0" cellpadding="0" cellspacing="0" style="width: 100%px;"><tbody>
<tr><td class="linea-artBox"><img alt="" height="1" src="http://www.liberazioni.org/images/1x1.gif" width="1" /></td></tr>
<tr><td class="spazio-artBox"><img alt="" height="1" src="http://www.liberazioni.org/images/1x1.gif" width="1" /></td></tr>
<tr><td class="Art-box-testo">Enrico (Renato Antonio) Giannetto è professore ordinario di ‘Storia della Fisica’: è docente di ‘Storia del Pensiero Scientifico’ presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bergamo e di ‘Epistemologia della Complessità’ presso il ‘Centro di Ricerche sull’Antropologia e l’Epistemologia della Complessità’ (CE.R.CO.). Le sue ricerche, che hanno spaziato dalla fisica teorica delle particelle elementari alla cosmologia quantistica, dalla logica matematica alla filosofia e alla storia della scienza, sono ora concentrate soprattutto sulla storia delle rivoluzioni che hanno mutato profondamente le scienze fisiche dall’Ottocento al Novecento (fisica del caos, relatività, fisica dei quanti), e si muovono nell’ambito di una più ampia storia delle culture, in una prospettiva teoretica in cui si intrecciano mitologia, storia delle religioni, antropologia, filosofia, scienze umane e naturali.</td></tr>
<tr><td class="spazio-artBox"><img alt="" height="1" src="http://www.liberazioni.org/images/1x1.gif" width="1" /></td></tr>
<tr><td class="linea-artBox"><img alt="" height="1" src="http://www.liberazioni.org/images/1x1.gif" width="1" /></td></tr>
</tbody></table>
</td></tr>
</tbody></table>
<span class="Art-autore">Enrico Giannetto</span><br /><span class="Art-titolo">La Rivoluzione Neolitica</span><span class="Art-subtitolo"></span><br /><br /><div class="Art-testo">
Cercare di essere vegan, animalisti, anti-specisti, cercare di delineare un'etica non-specista, implica una riflessione profonda sulle origini di tutta una serie di modi di pensare e di vivere che sono antropologicamente ed etnicamente determinati da radici profonde. Bisogna rendersi conto di quanto le nostre attuali società post-industriali siano ancora uno sviluppo, seppure attraverso discontinuità radicali, della cosiddetta "rivoluzione neolitica"; bisogna essere consapevoli di quanta e quale violenza sia insita nell'agricoltura. <br /><span class="rientro"></span>Svolta epocale dell'umanità, della relazione fra uomo e natura, della forma di vita umana si avrà intorno al 10.000 a. C. con la rivoluzione neolitica, caratterizzata soprattutto dall'origine dell'<i>agricoltura</i> e dalla zootecnia d'allevamento, come prima forma di dominio sistematico e di sfruttamento della terra e di altri animali da parte dell'uomo. <a class="Art-note-num" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#nota1" name="rif1">[1]</a> L'origine dell'agricoltura e dell'allevamento, che sostituiscono la raccolta e la caccia come fonti principali di sostentamento, sembra associata a dei rituali di offerte vegetali o di sacrifici animali alle divinità, ed è quindi strettamente connessa alla trasformazione della religione in <i>culto </i> sistematico e <i>sacrificale </i> (la parola culto è anche etimologicamente connessa all'agricoltura). Nasce una prima forma di casta <i>sacerdotale </i>nella declinazione della religione a culto di spazi-terreni e di tempi in cui si manifesta il <i>sacro </i> (sia sacerdote che sacro sono termini legati ai sacrifici) <i></i>Il cibo non è più dato dalla natura, dalla terra all'uomo direttamente, ma è mediato dal, e apparentemente "frutto" del <i>lavoro </i>dell'uomo. D'altra parte, proprio per il dominio tecnico della terra, l'uomo ha schiavizzato alcuni animali, come i buoi e altri, differenti da etnia a etnia, coinvolgendoli nella fatica e nel <i>peccato </i>del lavoro agricolo: senza tale ulteriore assoggettamento e sfruttamento di altri animali, l'uomo da solo non sarebbe riuscito a dominare la terra. E allo stesso modo, ha sfruttato alcuni animali nella funzione di guardia per gli allevamenti. I riti sacrificali sono connessi a particolari configurazioni astronomiche e apparentemente legittimati da una lotta fra potenze animali che è proiettata dall'uomo sulla volta celeste. <a class="Art-note-num" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#nota2" name="rif2">[2]</a><br /><span class="rientro"></span>Corrispondentemente mutano natura anche le pratiche simboliche umane non più meramente evocative degli dèi celesti: i simboli diventano "sostituti sacrificali", indicano azioni rituali sacrificali e vengono usati anche in relazione a realtà terrestri: il nuovo rapporto di dominio sistematico dell'uomo nei confronti della natura e degli altri viventi implica una declinazione delle pratiche simboliche a progetti di tali dominio, che, prima ancora di concretizzarsi, passa per una fase simbolica. Ecco l'origine della <i>cultura, </i>delle <i>culture </i>propriamente dette: la cultura, etimologicamente connessa con l'agricoltura e il culto, non è altro che la "coltivazione" sistematica di idee-progetti di dominio della natura, non è altro che la controparte ideale delle pratiche di dominio agriculturale della terra, della natura. Dall'agricoltura sorge una forma di vita meno nomade e più stanziale, deriva un processo di lenta "urbanizzazione", di formazione di una <i>civitas: </i> ecco l'origine della <i>civiltà, </i>delle <i>civiltà </i>propriamente dette. Nasce la proprietà privata, dei terreni e degli animali d'allevamento, nasce l'accumulo dei beni e una prima strutturazione economica e politica delle società in gerarchie di potere, nasce il diritto. <span class="goog_qs-tidbit-0">Mentre la donna precedentemente giocava un certo ruolo nella raccolta del cibo, viene</span> invece ad essere messa in secondo piano o quasi esclusa dalle pratiche agricole, e si passa da un periodo di religione matriarcale in cui era preminente la potenza generatrice della donna madre specchio-simbolo della potenza generatrice della madre natura celeste (identificata essenzialmente dalla Via Lattea) ad un altro in cui prevale un archetipo maschile correlato alla potenza produttrice del lavoro dell'uomo che sottomette insieme la terra, la natura e la donna. <a class="Art-note-num" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#nota3" name="rif3">[3]</a> La vita dell'uomo incentrata sul dominio della terra comporta un passaggio a divinità puramente terrestri non più mero specchio di divinità celesti e ad una religione patriarcale, e conseguentemente ad una organizzazione politica fondata sull'idea di una regalità maschile, simbolo terrestre di una regalità divina. <br /><span class="rientro"></span> Esito di questa stessa "rivoluzione neolitica" sarà anche l'origine della scrittura come sistema in cui i simboli, ormai non più di valore meramente religioso o estetico ma di valore d'uso e di scambio pratico, saranno stilizzati in segni che diventeranno via via più arbitrari nel perdere il loro valore iconico di immagini, in lettere alfabetiche che pur avendo una loro origine astrale legata a figure di costellazioni <a class="Art-note-num" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#nota4" name="rif4">[4]</a> si ordineranno poi in sequenze arbitrarie lineari e subordinate ai fonemi: la scrittura, tranne alcune eccezioni come quella cinese e quella geroglifica egizia, sarà alfabetico-fonetica e lineare. <a class="Art-note-num" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#nota5" name="rif5">[5]</a> Tra i Sumeri della Mesopotamia la scrittura fonetico-alfabetica venne usata verso la fine del quarto millennio a. C., in relazione al sorgere della civiltà urbana verso il 3500 a. C. (e pressocché nello stesso periodo tra gli Egiziani). Almeno dal 3000 a. C. si conservarono campioni di pesi e di misure, e le prime cifre sumeriche risalgono ad un periodo compreso tra il 3300 e il 2850 a. C. Ed è alle culture sumero-accadica ed egizia che bisogna far risalire l'origine della civiltà classica greca. <a class="Art-note-num" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#nota6" name="rif6">[6]</a><br /><span class="rientro"></span> A quattrocentomila anni fa risalirebbe invece la "scoperta" della "tecnica" del fuoco (presso i Sinantropi della Cina) anche se il suo uso diffuso effettivo avvenne molto più tardi, almeno verso il 2500 a. C., neolitico evoluto. Il fuoco permise all'uomo di dominare definitivamente gli altri animali, di vivere al di fuori delle caverne, di osservare molto di più il cielo e di cambiare quindi "forma di vita": il fuoco come "tecnica" a disposizione dell'uomo permise una "rivoluzione" nel mondo animale e il dominio pressoché assoluto dell'uomo. Già l'<i>homo habilis</i>, differenziandosi dai <i>parantropi</i>, passò, circa 2,3 milioni d'anni fa, dall'iniziale regime dietetico vegetariano ad uno carnivoro, <a class="Art-note-num" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#nota7" name="rif7">[7]</a> probabilmente, oltre che per necessità di sopravvivenza, già per la 'credenza' di poter cosí inglobare e assorbire in sé la potenza "divina" celeste corrispondente all'animale mangiato. Poi, l'uso sistematico del fuoco nel neolitico e per suo mezzo il dominio sugli animali portarono a poco a poco ad una sostituzione graduale delle divinità animali celesti, e in particolare della grande madre celeste ("grande vacca celeste") legata alla Via Lattea: il fuoco fu associato soltanto al sole e legato appunto a una divinità solare maschile-patriarcale predominante a cui si sacrificarono gli animali in contraccambio del "dono" del fuoco e in corrispondenza al sorgere del sole, all'equinozio di primavera, in una certa epoca precessionale che dura circa 2300 anni (nel periodo di 26.000 anni circa del moto precessionale, il sole passa attraverso tutti i dodici segni-costellazioni dello zodiaco, e circa ogni 2300 anni all'equinozio di primavera sorge in una costellazione diversa, in una certa costellazione-animale che ne è oscurato o bruciato (il sacrificio del toro sarebbe stato legato a un periodo che ha origine circa 4600 anni a. C., quando il sole all'equinozio di primavera sorgeva nella costellazione del toro; l'idea del capro espiatorio sarebbe legata all'epoca in cui il sole all'equinozio di primavera sorgeva nella costellazione dell'ariete, da circa 2300 anni prima di Cristo all'anno della nascita di Gesù; il simbolo del pesce per indicare Gesù il Cristo, che con il suo "sacrificio" ha posto fine ai sacrifici animali e all'usare o mangiare carne, pesce o derivati animali, bandendoli come immorali, è anche collegato al fatto che il sole sorgeva nella costellazione dei pesci. Il cristianesimo è l'ultima ribellione contro i modi di vita inaugurati dalla rivoluzione neolitica). <a class="Art-note-num" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#nota8" name="rif8">[8]</a><br /><span class="rientro"></span> Questo determinò una sorta di "rivoluzione copernicana" <i>ante litteram </i>nella mitologia e nell'esperienza umana del mondo. Successivamente, questo si associò anche alla relegazione esclusivamente terrestre ed 'infera' delle primitive divinità femmili-matriarcali. Si originò già all'interno della mitologia una proto-astronomia o proto-fisica del cielo o della luce, dei movimenti regolari degli astri-dèi basata sul numero, quantitativa e legata ad una "divinazione" astrologica (le costellazioni furono inventate dai Sumeri intorno al 2000 a. C.), di carattere 'elio-centrico'. Lo sviluppo di una tale astronomia quantitativa, di una fisica del cielo basata sull'"oggettività" del numero fu alla fine determinante per l'abbandono nel mondo greco, nel VI sec. a. C., del "paradigma" del <i>mythos </i>in favore del <i>logos </i> come rapporto-misura (estensione metaforica del numero), ad esso contrapposto come sapere certo, incontrovertibile e "oggettivo", ovvero come espressione del mondo stesso, e non più "poietico": il mito fu abbandonato come rappresentazione o copertura "ideologica" – potremmo dire in termini moderni – come descrizione "fantastica" troppo legata ai desideri "soggettivi", umani. <br /><span class="rientro"></span>È certo che la pratica scritturale dei numeri, la pratica aritmetica nel neolitico si sia trasformata da una parte in una procedura di divinazione astronomica e di previsione delle posizioni degli astri dèi nella volta celeste, utile per i culti sacrificali, e dall'altra parte in una procedura applicata alle realtà terrestri da dominare da parte dell'uomo, una procedura in cui non era importante distinguere a livello qualitativo gli esseri o i processi, ovvero quando questi sono stati assimilati a degli "oggetti" senza qualità individuali: oggetti-prede di allevamento o di coltura, e quindi oggetti-cibo di fagocitazione, e anche di caccia o di pesca; <a class="Art-note-num" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#nota9" name="rif9">[9]</a> la pretesa di "oggettività" del nuovo sapere "logico"sorto intorno al VI sec. a.C., si fonderà, altrettanto "ideologicamente" del sapere mitico, sul tentativo di legittimare questa riduzione della terra e degli altri viventi a "oggetti" di dominio dell'uomo. Così la pratica grafica di forme geometriche, la pratica geometrica si trasformò in una procedura da un lato di divinazione astronomica di traiettorie degli astri-dèi e dall'altro lato in una procedura di agrimensura, di misura di campi e terreni oggetti di coltivazione e di proprietà privata. I riti sacrificali, e i suoi derivati quali l'allevamento e l'agricoltura, e le ora connesse a questi caccia e pesca, sono i presupposti "tecnici" delle pratiche aritmetica e geometrica, legate al dominio dell'uomo sugli altri viventi uccisi o sfruttati e sulla terra-natura. E certamente tali pratiche aritmetica, geometrica e d'osservazione astronomica si sviluppano in relazione a società ormai complesse che regolano la loro vita religiosa con riti sacrificali effettuati su base astronomica, e che producono cibi, uccidendo e assoggettando individui di altre specie viventi in grandi quantità in relazione ai corrispondenti bisogni nutritivi. <br /><span class="rientro"></span>Il tempo circolare, ciclico era ormai il tempo dei ritmi dell'agricoltura, del dominio della terra. <br /><span class="rientro"></span> Forse, alla scrittura fonetico-alfabetica, affermatasi intorno al 3000 a. C., poi lineare, è da connettersi l'evento epocale più importante nella storia del pensiero umano: al pensiero per immagini multidimensionale non lineare e complesso che si estrinsecava nei primi simboli si sostituisce quasi totalmente un pensiero logico-verbale, linguistico, unidimensionale, lineare e sequenziale. Si tratta di una riduzione estrema della complessità del pensiero per immagini che resterà vivo solo in parte come sfondo ultimo su cui si fonda comunque il pensiero logico-verbale. <a class="Art-note-num" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#nota10" name="rif10">[10]</a> Il pensiero matematico geometrico e la scrittura matematica non-fonetica e in parte non-lineare attuali sono "residui" di quell'arcaico pensiero complesso. <a class="Art-note-num" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#nota11" name="rif11">[11]</a> Ed esito di ciò sarà il predominare di una cultura scritta su quell'orale nel mondo greco del VI sec. a.C. e il separarsi di un <i>logos </i>dal <i>mythos </i>con l'emergere di una nuova forma di sapere logico-filosofico, separato dalla religione, che si oppone al sapere mitico, nella sua ricerca di un fondamento fisso, stabile, certo e univoco del sapere: un sapere quello del <i>logos </i>basato ormai sulla scrittura lineare e non più su ideogrammi associati in maniera multidimensionale come il <i>mythos</i>. È questo il senso profondo dell'analisi di Parmenide fornita da Guido Calogero. <a class="Art-note-num" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#nota12" name="rif12">[12]</a> Le ricerche di Heidegger su "che cosa significa pensare", <a class="Art-note-num" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#nota13" name="rif13">[13]</a> concentrate su uno studio del significato del <i>logos </i>nel primo pensiero filosofico, mostrano la stretta connessione di questo con l'introduzione dell'agricoltura, laddove <i>logos </i>appare strettamente legato al campo semantico dell'atto di un <i>cogliere </i> i prodotti di un lavoro agricolo: il <i>logos </i>filosofico è già al suo nascere lo specchio ideologico di una tecnica, della tecnica agricola come prima forma sistematica di dominio della natura e degli altri viventi. Tale distacco della filosofia greca dal sapere mitico non implica comunque una sua autonomia, come sono in ogni caso evidenti le origini afro-asiatiche, sumero-accadiche ed egizie della civiltà classica greca come di tutta la cosiddetta civiltà occidentale, che dal XIX secolo aveva cercato invece di mascherare come suo unico fondamento 'puramente' e 'razzisticamente' indoeuropeo quella civiltà classica greca. <a class="Art-note-num" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#nota14" name="rif14">[14]</a></div>
</td></tr>
<tr><td><span class="Art-note"><br /><b>Note</b></span> <span class="Art-note-testo"><a class="Art-note-num" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#rif1" name="nota1"><b>1.</b></a> J. A. Mainetti, <i>La rivoluzione di Pigmalione</i>, in <i>Prometheus </i><b>6</b>, <i>Antropologia e Cosmologia a confronto</i>, a cura di P. Bisogno, F. Angeli, Milano 1988, pp. 80-92.<br /><a class="Art-note-num" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#rif2" name="nota2"><b>2.</b></a> G. de Santillana & H. von Dechend, <i>Hamlet's Mill. An essay on myth and the frame of time</i>, 1969, tr. it. di A. Passi, <i>Il mulino di Amleto. Saggio sul mito e sulla struttura del tempo </i>, Adelphi, Milano 1983.<br /><a class="Art-note-num" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#rif3" name="nota3"><b>3.</b></a> P. Rodriguez, <i>Dios nació mujer</i>, B. S. A., Barcelona 1999, tr. it. di A. Chiaradia, <i>Dio è nato donna</i>, Editori Riuniti, Roma 2000.<br /><a class="Art-note-num" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#rif4" name="nota4"><b>4.</b></a> G. Sermonti, <i>Il mito della Grande Madre, </i>Mimesis, Milano 2002, pp. 89-106.<br /><a class="Art-note-num" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#rif5" name="nota5"><b>5.</b></a> A. Leroi-Gourhan, <i>Le geste et la parole: I. Techinque et langage; II. La mémoire et les rythmes</i>, A. Michel, Paris 1964-65, tr. it. di F. Zannino, <i>Il gesto e la parola</i>, voll. I & II, Einaudi, Torino 1977, pp. 221-248.<br /><a class="Art-note-num" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#rif6" name="nota6"><b>6.</b></a> M. Bernal, <i>Black Athena. The Afroasiatic Roots of Classical Civilization, </i>Free Association Book, London 1987, tr.it. di L. Fontana, <i>Atena Nera, I-II</i>, Pratiche Editrice, Parma-Milano 1991-1994; Giovanni Sembrano, <i>Le origini della cultura europea I-IV</i>, Olschki, Firenze 1984-1994.<br /><a class="Art-note-num" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#rif7" name="nota7"><b>7.</b></a> J. L. Arsuaga, <i>El del Neandertal collar</i>, Temas de Hoy, Madrid 1999, tr. it. di L. Cortese, <i>I primi pensatori e il mondo perduto di Neandertal</i>, Feltrinelli, Milano 2001.<br /><a class="Art-note-num" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#rif8" name="nota8"><b>8.</b></a> E. A. R. Giannetto, <i>Saggi di storie del pensiero scientifico</i>, Bergamo University Press, Sestante, Bergamo 2005, pp. 23-36.<br /><a class="Art-note-num" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#rif9" name="nota9"><b>9.</b></a> <i>A History of Technology</i>, ed. by C. Singer, E. J. Holmyard, A. R. Hall & T. I. Williams, Clarendon Press, Oxford, vol I. 1954, tr. it, <i>Storia della Tecnologia</i>, vol. I, Tomi I-II, <i>La preistoria e gli antichi imperi</i>, Bollati Boringhieri, Torino 1961, 1966.<br /><a class="Art-note-num" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#rif10" name="nota10"><b>10.</b></a> A. Leroi-Gourhan, <i>Le geste et la parole: I. Techinque et langage; II. La mémoire et les rythmes</i>, A. Michel, Paris 1964-65, tr. it. di F. Zannino, <i>Il gesto e la parola</i>, voll. I & II, Einaudi, Torino 1977, vol. I, cap. VI; G. Calogero (1942-1943), <i>Lezioni di filosofia I-III</i>, Einaudi, Torino 1960, vol. III, cap. XIV, pp. 164-178.<br /><a class="Art-note-num" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#rif11" name="nota11"><b>11.</b></a> E. A. R. Giannetto, <i>Saggi di storie del pensiero scientifico</i>, Bergamo University Press, Sestante, Bergamo 2005, pp. 19-22.<br /><a class="Art-note-num" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#rif12" name="nota12"><b>12.</b></a> G. Calogero, <i>Parmenide e la genesi della logica classica</i>, in <i>Annali della Regia Scuola Normale Superiore di Pisa</i>, serie II, v. 5 (1936), pp. 143-185; G. Calogero, <i>Storia della logica antica</i>, Laterza, Roma-Bari 1967.<br /><a class="Art-note-num" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#rif13" name="nota13"><b>13.</b></a> M. Heidegger, <i>Vorträge und Aufsätze</i>, Neske, Pfullingen 1954, tr. it. di G. Vattimo, <i>Cosa significa pensare?, Logos (Eraclito, frammento 50), La questione della tecnica, e Scienza e meditazione</i>, in <i>Saggi e discorsi</i>, Mursia, Milano 1976, pp. 85-95, 141-157, 5-27, 28-44; M. Heidegger (1954), Was ist Denken?, Niemeyer, Tubingen 1971, tr. it. di U. Ugazio e G. Vattimo, <i>Che cosa significa pensare?</i>, Sugarco, Milano 1988.<br /><a class="Art-note-num" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#rif14" name="nota14"><b>14.</b></a> M. Bernal, <i>Black Athena. The Afroasiatic Roots of Classical Civilization</i>, Free Association Book, London 1987, tr.it. di L. Fontana, <i>Atena Nera, I-II </i>, Pratiche Editrice, Parma-Milano 1991-1994.</span></td></tr>
</tbody></table>
</td></tr>
<!--fine Corpo -->
<tr><td> </td><td class="TDtop"><a class="top" href="http://www.liberazioni.org/articoli/GiannettoE-01.htm#top">▲</a></td></tr>
<tr><!--Inizio footer --><td> </td><td><table border="0" cellpadding="0" cellspacing="0" style="width: 100%px;"><tbody>
<tr><td class="sp-h10"><img alt="" height="1" src="http://www.liberazioni.org/images/1x1.gif" width="1" /></td></tr>
<tr><td class="lineaH"><img alt="" height="1" src="http://www.liberazioni.org/images/1x1.gif" width="1" /></td></tr>
<tr><td class="sp-h10"><img alt="" height="1" src="http://www.liberazioni.org/images/1x1.gif" width="1" /></td></tr>
<tr><td><!--Inizio footer --><table border="0" cellpadding="0" cellspacing="0" style="width: 100%px;"><tbody>
<tr><td class="footer-txt">Associazione Culturale Liberazioni<span class="footer-sep">|</span><a class="footer-link" href="http://www.liberazioni.org/Templates/info.html">Info</a><span class="footer-sep">|</span><a class="footer-link" href="http://www.liberazioni.org/Templates/contatti.html">Contatti</a><br /> Liberazioni Rivista di Critica Antispecista - ISSN 1825-6465</td><td align="right"><!-- AddThis Button BEGIN --><div class="addthis_toolbox addthis_default_style ">
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BERTI.GIANhttp://www.blogger.com/profile/02367020598082211162noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8250739166120726750.post-47913456378411500262013-01-27T10:41:00.001+01:002013-01-27T10:41:17.802+01:00Omaggio a Angiolo Berti nell'anniversario della nascita<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjHuLqn0MExGr1IEOCzKMykyNSO2f0Xu8rT5NFDSpzT2DWU2ZCugmdAMJaf9fTUsedd9OMnPbjzY9vzqJ1cRAcajBTzYacVmpnQMMlVnZaEdC4yVS8g00Kgx5d2hZ1fpkzDM2hTWgZ0qkA/s1600/angiolo-berti-int.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjHuLqn0MExGr1IEOCzKMykyNSO2f0Xu8rT5NFDSpzT2DWU2ZCugmdAMJaf9fTUsedd9OMnPbjzY9vzqJ1cRAcajBTzYacVmpnQMMlVnZaEdC4yVS8g00Kgx5d2hZ1fpkzDM2hTWgZ0qkA/s320/angiolo-berti-int.jpg" width="157" /></a></div>
<table bgcolor="#fcf7eb" border="0" cellpadding="0" cellspacing="0" id="table1" style="color: #47340c; font-family: Cambria; width: 980px;"><tbody>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"><strong><span style="font-family: Cambria; font-size: medium;"><u>Chi è stato Angiolo
Berti</u></span></strong></td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"> </td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980">
<div align="justify">
<strong>Per 50 anni è stato giornalista
parlamentare ( 1949 - 1999 ). Era nato proprio a Casciana Terme ( allora, il 21
gennaio 1921, denominata Bagni di Casciana). Figlio di Ugo, operaio alla Stanic
di Livorno e di Amelia Ghelli, contadina analfabeta, ha vissuto la propria
giovinezza a Livorno, nelle fila e protagonista del Movimento Cattolico dell'
epoca ( 1933 - 1941 ) con il vescovo mons. Giovanni Piccioni ( poi consigliere
comunale socialista a Pistoia), l' on. Palmiro Foresi ( nel dopoguerra
presidente dell' ENPAM ) e l' on. Gianfranco
Merli.</strong></div>
</td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"> </td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980">
<div align="justify">
<strong>Dotato fin da ragazzo di spiccata
personalità, mal si adattava alle pressioni sociali e politiche del Fascismo sui
giovani livornesi. Fu sospeso da scuola per aver definito l' occupazione
italiana in Somalia, "Un atto d' aggressione". Membro al contempo di alcuni
Circoli cattolici come il "Guido Negri" e "Giosuè Borsi", ebbe modo di
evidenziare, in perenne contrasto con la gerarchia locale, le proprie doti di
leader carismatico. Fu ripreso dal preside dell' Istituto Superiore che
frequentava, per aver fatto il "saluto" solo alzando la mano e non a braccio
teso. Si giustificò dicendo che anche il ministro Ciano( come confermato dagli
astanti) era solito salutare così. Nel 1941, dopo infiniti richiami ufficiali,
venne espulso da Livorno per aver contravvenuto alle disposizioni secondo cui si
poteva comprare in edicola l' "Osservatore Romano", chiedendolo a bassa voce.
Provocatoriamente, nella piazza principale di Livorno, Berti lo chiese urlando.
Fu picchiato dagli attivisti intervenuti e quindi mandato a Bologna, presso il
Collegio dei Gesuiti.</strong></div>
</td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"> </td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"> </td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"><strong><span style="font-family: Cambria; font-size: medium;"><u>Berti a
Bologna</u></span></strong></td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"> </td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980">
<div align="justify">
<span style="font-family: Cambria;"><strong>Esperto di stenografia ( nel 1952
vincerà il titolo di campione italiano a squadre con 180 parole al minuto ),
entrò come stenografo a L' Avvenire d' Italia, allora diretto da Raimondo
Manzini. Già nel 1942 era giornalista professionista. Nel 1943, raccoglieva i
testi dei discorsi di Palmiro Togliatti ( alias Ercoli ) da Radio Londra ( la
raccolta unica in Italia è custodita nella biblioteca della Fondazione). Fu
attivo nella Resistenza, riuscendo a salvare dal campo di Concentramento delle
Caserme Rosse a Corticella ( Bologna) decine e decine di persone. Per questi
atti d' eroismo è stato insignito, nel 1984, di medaglia d' oro di benemerenza
civile dal Comune di Lucca e, nel 1977, è stato nominato cittadino onorario di
Casciana Terme dal Consiglio comunale.</strong></span></div>
</td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980">
<div align="justify">
<strong>Nella sua vita professionale, oltre
a ricoprire la carica di direttore dell' Agenzia ANSA a Bologna, è stato membro
del INPGI ( Istituto di Previdenza Giornalisti). Ed è, nello specifico settore
pensionistico, che Berti ha portato grosse innovazioni. Nel 1976, fondò e ne fu
per tre mandati presidente, della CASAGIT ( la prima cassa autonoma in Italia,
creata per il giornalisti italiani, che oggi porta il suo
nome).</strong></div>
</td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980">
<div align="justify">
<strong>E' stato inoltre collaboratore del
Presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat, nel mandato al Quirinale, fu al
contempo fondista politico di Umanità, organo ufficiale del PSDI e storiografo
ufficiale della Marina Militare( 1975).</strong></div>
</td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"> </td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"> </td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"><strong><span style="font-family: Cambria; font-size: medium;"><u>Il Campo degli
Eroi</u></span></strong></td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"> </td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"><strong>Nel 1984, nel giardino della sua casa a
Casciana Terme, ebbe l' idea di costruire lapidi e cippi a ricordo di chi era
morto per i principi di libertà. Così allestì il primo, dedicato alla medaglia
d' oro, il Carabiniere Salvo D' Acquisto, poi alla Resistenza, alla Marina
Militare, alle Fosse di Katyn, alle Foibe, alle Donne nella
resistenza. Attualmente, nel giardino, sede della Fondazione, sono presenti 26
cippi e monumenti.</strong></td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980">
<div align="justify">
<strong>Hanno fatto visita al Campo, il
comandante generale dell' Arma dei Carabinieri, Alberto Jucci ( 1988), i
Presidenti della Camera, Nilde Jotti ( 26 maggio 1990) e del Senato, Giovanni
Spadolini ( 31 agosto 1991), i vescovi di Livorno, mons. Alberto Ablondi ( 1997
)e Simone Giusti (2008), il Lama, Terzin Thempel del Centro buddista europeo di
Pomaia ( 2008).</strong><span style="font-family: Cambria;"> </span></div>
</td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"> </td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"> </td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"><strong><u><span style="font-family: Cambria; font-size: medium;">La
Fondazione</span></u></strong></td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"> </td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980">
<div align="justify">
<strong>Dopo la scomparsa di Angiolo ( 18
aprile 2005) e di sua moglie, Maria Teresa ( 23 giugno 2007) è stata creata la
Fondazione che porta i loro nomi. Angiolo e Maria riposano nel piccolo cimitero
di Collemontanino, la frazione del Comune di Casciana dove è realmente
nato.</strong></div>
</td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980">
<div align="justify">
<strong>L' attività della Fondazione ha
deciso di ampliare i percorsi fin qui fatti, rivolgendosi in particolare al
coinvolgimento di comunità sociali e religiose e ad avvenimenti in sintonia con
i propri principi. Così il 5 ottobre 2008, ha allestito la "Giornata per la pace
nel Tibet", inaugurando un monumento " per la pace fra i popoli", opera della
scultrice fiorentina Kiki Franceschi. Il 7 novembre successivo, è stata la volta
della "Fiaccolata" per l' anniversario dei Diritti Umani", mentre il 23 di
Gennaio, con la Comunità Ebraica di Livorno ha celebrato la Giornata della
memoria ed il 7 febbraio, la Giornata del Ricordo, con un convegno sulle Foibe
istriane e la partecipazione di professori delle università di Trieste e
Pisa.</strong></div>
</td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980">
<div align="justify">
<strong>E' in programma per il prossimo 25
aprile, ricorrenza della Liberazione, una mostra fotografica rievocativa con la
partecipazione dell' ANPI ( Associazione Nazionale Partigiani) ed un apposito
convegno di studio e testimonianza.</strong></div>
</td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"> </td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"> </td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"><strong><u><span style="font-family: Cambria; font-size: medium;">Chi è stata Maria Teresa Bertini
Berti</span></u></strong></td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"> </td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"><strong>Medico pediatra fin dal 1942,sposò Angiolo
il 16 giugno 1944. E' stata inoltre la figlia del senatore Giovanni Bertini, già
ministro dell' Agricoltura nei due Governi "Facta" (1922) e firmatario di
innovative leggi sul latifondo. Bertini fu inoltre "aventiniano" dopo la Marcia
su Roma ( 28 ottobre 1922), ritirandosi quindi a Bologna dove esercitò la
professione di avvocato. Fece poi parte, nel dopoguerra, della Costituente con
Calamandrei.</strong></td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"><strong>Per ricordare la figura del senatore
Bertini ( a 60 anni dalla morte), verrà organizzato un convegno di studio il 27
settembre prossimo ( data della scomparsa di Calamandrei). Una frase dello
stesso Calamandrei su "donne e Resistenza" fu fatta erigere da Angiolo Berti al
Campo degli Eroi.</strong></td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"> </td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"> </td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"><span style="font-family: Cambria; font-size: medium;"><strong><u>FONDAZIONE " ANGIOLO E MARIA
TERESA BERTI": UN' IDEA NATA 24 ANNI FA</u></strong></span></td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"> </td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"> </td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"><span style="font-family: Cambria;"><strong>L' attività storico - culturale del gruppo,
che poi ha dato inizio alla "Fondazione Angiolo e Maria Teresa Berti onlus",
prende corpo in Località Fichino, 82 a Casciana Terme ( Pisa), già nel 1984 con
la costruzione di un primo cippo ( oggi ne esistono 26), dedicato alla memoria
della Medaglia d' Oro, il carabiniere Salvo D' Acquisto. La sede, dove sono
ubicati, è il parco che circonda la casa del giornalista parlamentare Angiolo
Berti, medaglia d' oro di Benemerenza Civile per aver salvato rastrellati
toscani nel 1944 alle Caserme Rosse di Bologna, cascianese di
nascita.</strong></span></td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"> </td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"><strong>Quel parco viene chiamato - ed ancor adesso
la denominazione è nell' uso comune delle gente - "Campo degli Eroi". Una
struttura, cioè, dedicata a tutti coloro che hanno sacrificato la vita per gli
ideali di libertà di parola e pensiero, ma anche a tanti sconosciuti, vittime
della barbarie, della violenza e della sopraffazione, gli "Eroi senza
nome".</strong></td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"> </td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"><strong>Negli anni, il "Campo" si è arricchito di
altri monumenti e steli, alcuni dedicati alla Marina Militare, di cui Berti è
stato Storiografo ufficiale ( gli uomini d' assalto ovvero i "maiali", gli
Allievi dell' Accademia Navale morti nell' incidente aereo sul Monte Serra, gli
equipaggi dei convogli mercantili, gli ammiragli Mascherpa e Campioni,
condannati a morte dai Tribunali Fascisti dopo l' 8 settembre 1943). Alla
Resistenza ( i rastrellati nelle campagne toscane, molti dei quali poi liberati
da Berti a Bologna), ai deportati di Dachau ( don Roberto Angeli), ai Caduti
cascianesi delle due Guerre Mondiali, a Gino Bonicoli, primo martire
antifascista, trucidato in quel luogo il 1° giugno 1922. Ai sacerdoti
toscani morti nella Guerra di Liberazione. Agli Ebrei nei campi di
concentramento ( una lapide in ebraico scritta appositamente dal Rabbino Toaff),
alle Vittime delle Foibe.</strong></td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"> </td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"><strong>Sono venuti a rendere omaggio al Campo, il
presidente della Camera dei Deputati, Nilde Jotti ( 26 Maggio 1990), il
presidente del Senato della Repubblica, Giovanni Spadolini ( 31 Agosto 1991), il
comandante generale dell' Arma dei Carabinieri, gen. Alberto Jucci ( 1988), il
comandante l' Accademia Navale, ammiraglio Cristiano Bettini, 2006), il col. dei
carabinieri Edoardo Lepre, comandante provinciale di Pisa ( 24 settembre 2004),
il capitano di vascello, Concina, per la celebrazione della Festa della Marina
Militare ( 10 giugno 2008) , con l' inaugurazione di una "stanza" apposita in
cui sono raccolte alcune centinaia di libri in proposito, fra i circa 7 mila che
sono parte integrante della Fondazione stessa, nella grande biblioteca della
casa.</strong></td></tr>
<tr>
<td style="padding-bottom: 10px; padding-left: 20px; padding-right: 20px; padding-top: 10px;" width="980"><strong>In questi 24 anni, e sopratutto dopo la
scomparsa di Angiolo Berti ( 18 Aprile 2005), il Campo è stato punto di
riferimento per manifestazioni rievocative e scambi culturali con varie comunità
scolastiche ( 1997, in occasione della Cittadinanza Onoraria di Casciana Terme
ad Angiolo Berti nel maggio del 1997) ed il 24 settembre 2007, per la ricorrenza
della morte di Salvo d' Acquisto. Il 10 giugno 2008, per la Festa della Marina e
prima, in quella della tragedia del monte Serra, nel 2006.</strong></td></tr>
</tbody></table>
BERTI.GIANhttp://www.blogger.com/profile/02367020598082211162noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8250739166120726750.post-14574755830790014062012-11-08T09:40:00.001+01:002012-11-08T09:40:32.555+01:00ANALISI DE “LA PERSONALITA’ AUTORITARIA”<div class="Section1">
<div align="center" class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: center;">
<b><span style="font-size: 18pt; line-height: 130%;">ANALISI DE “LA
PERSONALITA’ AUTORITARIA”</span></b></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: center;">
<b><span style="font-size: 18pt; line-height: 130%;"> </span></b></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;"> </span></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: center;">
<span style="font-size: 9pt; line-height: 130%;">A cura di Giovanni
Polimeni</span></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: center;">
<span style="font-size: 9pt; line-height: 130%;"> </span></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: center;">
<span style="font-size: 9pt; line-height: 130%;"> </span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;"> </span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">Premessa</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">“La personalità autoritaria”, i cui
principali autori sono Adorno, Brunswick, Levinson e Sanford, è il risultato di
un complesso studio iniziato nel 1944 e terminato nel 1949, anni in cui la
Scuola di Francoforte di Max Horkeimer si trovava negli Stati Uniti perché
costretta alla fuga dal Nazismo.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">L’opera raccoglie i risultati di una
ricerca inter-disciplinare sulla psicologia della discriminazione sociale ed in
particolare dell’antisemitismo.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">Il tema centrale consiste nel
supporre che l’antisemitismo fa parte ed è espressione di un’ideologia
etnocentrica più complessa e a sua volta legata a una struttura autoritaria del
carattere.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">L’interesse principale è lo studio
intensivo e la definizione di una nuova “specie antropologica”, il tipo
autoritario di uomo, che fa confluire al suo interno le idee e capacità di una
società altamente industrializzata e credenze irrazionali o
anti-razionali.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">Lo scopo ultimo è aprire una nuova
ricerca che si propone di comprendere i fattori socio-psicologici che hanno
consentito più volte alla personalità autoritaria di prendere il posto della
personalità </span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">individualistica, autodeterminata e
democratica prevalente negli ultimi 200 anni della nostra civiltà.</span></div>
<h1 style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%; text-decoration: none;"> </span></h1>
<h1 style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%; text-decoration: none;">Il metodo
d’indagine</span></h1>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;"> </span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">I ricercatori rivolsero i loro studi
verso 2099 soggetti Americani di classe media appartenenti ad organizzazioni
quali università, sindacati o associazioni di combattenti. Le uniche due
eccezioni sono costituite da un gruppo di detenuti della prigione di San
Quintino e di ricoverati di una clinica psichiatrica.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">I soggetti furono sottoposti a
questionari contenenti sia domande riguardo alla loro collocazione sociale e la
loro storia, sia soprattutto quesiti che fornissero informazioni sulla loro
mentalità, sulle loro fantasie e sulla loro visione del mondo.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">Su queste ricerche furono costruite
quattro scale di valutazione dei singoli soggetti: la scala dell’antisemitismo,
dell’etnocentrismo, del conservatorismo politico-economico e delle tendenze
antidemocratiche (del fascismo). Di qui la distinzione tra i soggetti ad alto
punteggio più inclini all’autoritarismo e più anti-democratici e quelli a basso
punteggio. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">Infine, tutto lo studio è stato
affrontato tenendo conto sia della necessaria divisione tra indagine
“quantitativa” (elaborazione statistica) e “qualitativa” (esplorazione
psicologica dei singoli individui), sia della necessità di formulare quesiti
attendibili, di escludere elementi di pregiudizio dall’intervistatore o altre
influenze al fine di una corretta valutazione.</span></div>
<h1 style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%; text-decoration: none;"> </span></h1>
<h1 style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%; text-decoration: none;">La teoria
della personalità totale</span></h1>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;"> </span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">La scuola di Francoforte nasce anche
e soprattutto grazie agli studi di Freud sulla psicoanalisi, ed anche in
quest’opera è sostanziale la sua teoria sulla struttura della personalità umana,
che i ricercatori hanno utilizzato come premessa fondante e guida del loro
studio.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">Secondo questa teoria la personalità
è un’organizzazione più o meno durevole di forze che determinano il
comportamento dell’individuo in varie situazioni e alle quali si attribuisce la
coerenza del comportamento verbale o fisico. La personalità è organizzata e
strutturata, essa sta </span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">“dietro” il comportamento e
“all’interno” dell’individuo. Le forze della personalità possono essere inibite
e si trovano a un livello più profondo (inconscio) di quelle che si esprimono
nel comportamento manifesto; esse sono “bisogni” (spinte, desideri, pulsioni
emotive) che variano ed interagiscono con altri bisogni in modo equilibrato o
contrastante. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">L’importanza della concezione
freudiana della personalità come struttura sta nel fatto che “La personalità
autoritaria” si propone di scoprire le correlazioni tra l’ideologia e i fattori
sociologici del passato dell’uomo, contro ogni l’inclinazione ad attribuire le
tendenze nell’individuo ad un qualche elemento “innato”, “connaturato” o
razziale” nell’uomo.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;"> </span></div>
<h1 style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%; text-decoration: none;">Antisemitismo
</span></h1>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;"> </span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">-Partendo dall’idea che il
pregiudizio fosse fondato su fattori nascosti ed interni al soggetto ed alla sua
situazione piuttosto che su caratteristiche reali degli Ebrei, gli autori
proposero una nuova concezione di antisemitismo visto come una vera e propria
ideologia, verso quale un individuo può essere più o meno suscettibile secondo i
suoi bisogni psicologici.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">L’antisemitismo come ideologia è un
sistema relativamente organizzato e stabile e che implica opinioni negative
sugli Ebrei (sono privi di scrupoli, esclusivisti, avidi di potere),
atteggiamenti ostili (devono venire esclusi, ristretti, posti in subordinazione
ai Gentili), e valori morali che ispirano e giustificano tali opinioni ed
atteggiamenti, la maggior parte delle volte, in modo contraddittorio e
irrazionale.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">-Una delle caratteristiche principali
dell’ideologia antisemitica è la stereotipia, che assume forme diverse: è una
tendenza a generalizzare caratteristiche del singolo individuo, è esprimere
accordo con enunciati del tipo “gli Ebrei sono” o “gli Ebrei non fanno”, è
un’immagine negativa stereotipata del gruppo come se “conoscerne uno fosse come
conoscerli tutti”, è la stereotipia delle relazioni ed esperienze
inter-personali, secondo la quale l’Ebreo non è visto o trattato come individuo
ma come un campione dell’immagine stereotipata del gruppo.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">-Nell’antisemitismo vi sono temi ed
idee unificatrici che stanno a base delle opinioni al fine di dare a queste una
certa coerenza: la più centrale è l’idea che gli Ebrei costituiscono una
“minaccia”.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">Questa idea nasce dalla distinzione
categoriale e dal contrasto tra “violatori dei valori” (moralmente minacciosi) e
“sostenitori dei valori” (moralmente puri).</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">A questa scala di valori (che
comprende la pulizia, l’ordine, la conformità, l’opposizione alla sensualità,
all’intrusione, al lusso, all’esibizionismo) è dato un sostegno emotivo
particolarmente inamovibile dai soggetti ad alto punteggio, che con altrettanta
intensità respingono i supposti violatori dei valori. Tale rigidità fa supporre
che questi atteggiamenti superficiali siano dovuti a motivazioni ben più
profonde: è il meccanismo che la psicologia chiama “proiezione”.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">La proiezione è un meccanismo di
difesa consistente nell’attribuire ad altre persone caratteristiche che in
realtà sono proprie di noi stessi ma la cui presenza viene ignorata o negata; è
possibile che gli antisemiti lottino inconsciamente per inibire in se stessi
quelle caratteristiche che (modificate in modo più negativo) trovano negli
Ebrei, rivolgendo a loro quella stessa aggressività che rifiutano di rivolgere a
se stessi.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">-Le ricerche effettuate inoltre
mostrano un dato che non poggia su alcuna base logica o razionale: una delle
grandi accuse rivolte agli Ebrei è di essere “esclusivisti” e snob, di occuparsi
solo dei propri affari e non di quelli dell’intera comunità, di non dare alcun
aiuto alla società e di sfruttare gli altri. La richiesta dell’antisemita è che
gli Ebrei perdano la loro identità culturale, aderiscano ai modi culturali
prevalenti e si conformino alla massa.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">La contraddizione sta nel fatto che
nel caso in cui un Ebreo sia disposto ad essere “assimilato” questo verrebbe
visto (dallo stesso antisemita che lamentava l’esclusivismo) non come un
atteggiamento positivo ma come una “interferenza”, una “sete di potere” e una
“imitazione”. E’ un paradosso storico ricorrente che coloro i quali richiedono
“l’integrazione nel sistema” facciano del loro meglio per impedirla, ciò mostra
in pieno l’irrazionalismo (o anti-razionalismo) che permea l’ideologia
antisemitica. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">-Aspetto dell’antisemita è la
presenza di timori giustificazionisti: uno di questi è il timore della
contaminazione.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">Il timore della contaminazione
consiste nella paura che gli Ebrei potrebbero avere un’influenza corruttrice o
degenerante se avessero dei contatti intimi o frequenti con i Gentili; aspetti
della “contaminazione ebraica” sono il libero amore, il radicalismo, l’ateismo,
il relativismo morale, le tendenze moderne nell’arte e nella letteratura,
aspetti totalmente assenti nella cultura ebraica.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">Questo timore è utile ai Gentili per
la razionalizzazione e la giustificazione di diverse contraddizioni evidenti:
permette loro di attribuire agli Ebrei la colpa della maggior parte dei problemi
sociali e giustifica i sentimenti e le azioni ostili e
discriminatorie.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">-Importante è il carattere
“funzionale” dell’antisemitismo, che spiega come l’Ebreo possa, nell’antisemita,
prendere il posto di certi timori infantili verso chi è diverso, verso l’“uomo
nero”; spiega inoltre l’esistenza di un antisemitismo “manipolativo”, secondo
cui l’individualismo Ebreo rappresenta una provocazione alla stereotipia ed
un’accezione nevrotica di quelle relazioni umane di cui l’antisemita è
carente.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">-L’Ebreo è un “nemico immaginario”, è
espressione di una fantasia di onnipotenza dovuta a timori paranoici, egli,
nella mente dell’antisemita, è “onnipresente”, rappresenta una persecuzione
giacché vuole sottomettere qualunque società o persona con cui viene a
contatto.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">-Lo scopo dell’antisemitismo, sul
piano della psicologia, è lo stesso su cui fecero leva gli scrittori e agitatori
antisemiti: esso si basa sull’idea che gli Ebrei costituiscono la chiave di
qualsiasi questione, che essi sono tutti uguali e che possono essere
riconosciuti come un problema senza eccezione alcuna. E’ proprio questa pretesa
ed illusione di onniscienza e sicurezza fra le motivazioni principali
dell’attrazione di un individuo (che in altre occasioni si è dimostrato
“ragionevole”) all’ideologia antisemitica.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">-Una delle più grandi contraddizioni
e “dilemmi” dell’antisemita è la discordanza tra il giudizio e l’esperienza:
anche se le prove, cioè le esperienze di “contatto”, sono positive o assenti, il
giudizio negativo è così forte e radicato nella mente dell’antisemita che non ha
bisogno di trovar prove o dimostrazioni. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">-Ma non basta essere solo accusatore,
l’antisemita vuole essere anche giudice. Il concetto di giustizia, come
d'altronde ogni caratteristica di questa ideologia, è del tutto distorto: vi è
una totale sproporzione tra colpa e punizione per la quale, anche qualora le
accuse verso gli ebrei fossero fondate, non è giustificata il tipo di violenza e
la volontà di eliminare l’oggetto del proprio odio per colpe che, se commesse da
un Gentile, sarebbero punite in modo umano e ragionevole.</span></div>
<h1 style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%; text-decoration: none;"> </span></h1>
<h1 style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%; text-decoration: none;">Etnocentrismo</span></h1>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;"> </span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">L’etnocentrismo (studiato anche
questo come ideologia) è fondato su una distinzione generale e rigida tra gruppo
interno e gruppo esterno; esso implica una serie di immagini positive ed
atteggiamenti di sottomissione stereotipati riguardo ai gruppi interni, e una
divisione gerarchica e autoritaria dell’interazione tra i gruppi, nella quale i
gruppi interni occupano una posizione di predominio ed i gruppi esterni una
posizione di subordinazione.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">Mentre il concetto di “gruppo” è
puramente sociologico ed implica concetti come la Nazione o la classe sociale, i
concetti di “gruppo interno” e “gruppo esterno” sono socio-psicologici, perché
si rifanno all’identificazione o alla controidentificazione di un individuo nel
gruppo piuttosto che all’appartenenza formale.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">Caratteristiche fondamentali
dell’ideologia etnocentrica sono la “generalità” del rifiuto del gruppo esterno,
che implica che l’individuo si senta minacciato e sia avverso a tutti quei
gruppi verso i quali non prova senso di appartenenza (se non può identificarvisi
deve opporvisi), e lo “spostamento” del gruppo esterno tra vari livelli di
organizzazione sociale. Secondo questo “spostamento” il mondo è ordinato in
gruppi disposti come circoli concentrici intorno al centro di un bersaglio: ogni
circolo è una distinzione tra gruppo esterno ed interno, ogni linea è una
barriera che separa un gruppo dall’altro. Una “mappa” campione più volte
riscontrata è la seguente: bianchi, Americani, Americani nati in America,
Cristiani, Protestanti, Californiani, la mia famiglia, io.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">Il conflitto tra gruppi è considerato
dall’etnocentrico come insolubile, la giustizia e le uniche soluzioni proposte
dal gruppo interno sono: liquidare completamente i gruppi esterni, mantenerli
subordinati o segregarli.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">Il bisogno di un gruppo esterno
impedisce agli individui etnocentrici l’identificazione con l’umanità e la
capacità di accostarsi agli individui in quanto individui, assumendo la forma
politica del nazionalismo ed idee di intrinseca malvagità della natura umana.
L’alternativa democratica che si trova nell’anti-etnocentrismo è l’umanitarismo,
che non è un astratto “amore per tutti”, ma è la capacità di provare simpatie ed
antipatie e di opporsi agli individui solo sulla base di esperienze
concrete.</span></div>
<h1 style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%; text-decoration: none;"> </span></h1>
<h1 style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%; text-decoration: none;">Le tendenze
antidemocratiche</span></h1>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;"> </span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">Il fascismo (intendendo il termine
nel senso lato di anti-democrazia) per avere successo come movimento politico
deve possedere una base di massa, e poiché per sua natura non è in grado di
dimostrare che potrà migliorare la situazione della maggiorana della
popolazione, deve fare appello non all’interesse razionale, bensì ai bisogni
emotivi, ai desideri, ai timori primitivi ed irrazionali. Quindi, perché la
gente si lascia ingannare tanto facilmente dalla propaganda fascista? Perché
all’interno della struttura della personalità di molti individui esistono le
potenzialità anti-democratiche, che sono attivate dalla propaganda e dai capi
carismatici tenendo conto in ogni momento della psicologia della
popolazione.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">Secondo questa convinzione è stata
avviata la costruzione di una scala che misurasse il pregiudizio senza lasciar
trasparire e senza menzionare alcun odio o avversione razziale per le minoranze,
al fine di fornire una valutazione valida delle tendenze anti-democratiche e di
costruire il quadro dell’individuo “potenzialmente fascista” per avviare un
programma di azione democratica.</span></div>
<h1 style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%; text-decoration: none;"> </span></h1>
<h1 style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%; text-decoration: none;">Conclusioni</span></h1>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;"> </span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">Lo studio ha portato ad individuare
due modelli di personalità: da una parte il modello autoritario in tutte le sue
sfaccettature, dall’altra il modello democratico; tali modelli non sono da
considerare in termini assoluti poichè fra l’uno e l’altro si possono
distinguere numerose sottovarietà (es. razzisti convenzionali e
psicopatici).</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">In entrambi i modelli le
manifestazioni della loro essenza si manifestano in una grande varietà di campi,
che vanno dagli aspetti più intimi dell’adattamento familiare e sessuale alle
relazioni sociali, alla religione e alla politica. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">Nel modello autoritario un rapporto
gerarchico, di sfruttamento tra genitore e figlio, tenderà a tradursi in un
atteggiamento orientato verso il potere e di dipendenza in vista dello
sfruttamento nei confronti del proprio compagno e del proprio Dio, portandolo ad
un attaccamento disperato a tutto ciò che appare forte (il gruppo, il partito,
la legge, lo stato, la razza ecc.) e un rifiuto di tutto ciò che è relegato al
fondo.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">Il modello democratico è
caratterizzato da relazioni interpersonali affettuose, fondamentalmente
egualitarie e permissive, che portano ad un atteggiamento di maggiore
flessibilità e ad una potenzialità di soddisfazioni più genuine.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">Quali contro-misure adottare contro
l’intera struttura dell’atteggiamento del pregiudizio?</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">Le misure dirette ad opporsi
razionalmente alla discriminazione sociale non sono state efficaci, in quanto
non ci si può aspettare che gli argomenti razionali producano effetti profondi o
durevoli su un fenomeno che è irrazionale nella sua natura essenziale. Anche
deviare l’ostilità da un gruppo di minoranza potrebbe essere inutile e
controproducente perché, non agendo sulla natura intrinsecamente psicologica del
problema, essa si dirigerebbe contro un altro gruppo.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">La cura del sintomo piuttosto che del
male stesso può, quindi, dare risultati negativi, anche se non è da svalutare
tale attività, che può servire a mantenere sotto controllo l’individuo
potenzialmente fascista.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">Ma, un atteggiamento opposto, dovuto
alla diminuzione dello sforzo a causa dell’enormità del problema fondamentale,
sarebbe a sua volta negativo perché frenerebbe la ricerca e l’entusiasmo,
aprendo la strada all’indifferenza e alla rassegnazione.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">In conclusione, la soluzione ottimale
è quella di agire sulla struttura della personalità, in un periodo della vita
precedente a quello in cui l’individuo manifesta gli atteggiamenti
anti-democratici e autoritari.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">Anche per questi aspetti della
personalità occorre agire sulla crescita del bambino, che deve essere
genuinamente amato e trattato come essere umano individuale.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">La difficoltà di attuare un’azione
corretta consiste nel fatto che questa deve essere praticata soprattutto dai
genitori, e non solo è difficile per i genitori etnocentrici, per i quali le
misure prescritte sarebbero impossibili, ma anche per i genitori che, con le
migliori intenzioni e sentimenti, sono ostacolati dal bisogno di modellare in
modo che egli trovi un posto nel mondo così com’è.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">La struttura potenzialmente fascista
non può, quindi, essere modificata unicamente con la psicologia, in quanto essa,
come la nevrosi, la delinquenza e il nazionalismo, è prodotto
dell’organizzazione totale della società, che può essere mutato soltanto mutando
la società.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">Non rivoluzioni violente o riforme
sociali, ma l’aumento nella capacità della gente di guardare a se stessa,
possono mutare la struttura della personalità affetta da pregiudizi.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">E’ importante, in questo senso, non
strumentalizzare la psicologia al fine di manipolare la gente; il suo utilizzo
però può attuare quella presa di coscienza che permetterebbe agli individui di
riconoscere che il fascismo è qualcosa di imposto e contrario ai loro
interessi.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">E’ proprio il fatto che il modello
potenzialmente fascista è in larga misura imposto alla gente a consentire
qualche speranza per il futuro.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">La speranza è quella che chi ha
sempre creduto nella tolleranza, nella democrazia, nella pace, nella concordia
dei popoli e nell’umanità, in quanto più felice, possa essere da esempio per il
mondo intero. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;">Se il timore e la distruttività sono
le principali fonti emotive del fascismo, l'eros appartiene soprattutto alla
democrazia.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 130%; text-align: justify;">
<span style="font-size: 14pt; line-height: 130%;"> </span></div>
<center>
</center>
</div>
<center>
</center>
BERTI.GIANhttp://www.blogger.com/profile/02367020598082211162noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8250739166120726750.post-55992368437168121122012-11-06T08:18:00.001+01:002012-11-06T08:18:49.877+01:00Ebrei di Roma (Documentario completo) [ITA]<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="270" src="http://www.youtube.com/embed/RAUah_o8-7c?fs=1" width="480"></iframe><br />
BERTI.GIANhttp://www.blogger.com/profile/02367020598082211162noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8250739166120726750.post-17010332309493986412012-10-20T09:39:00.001+02:002012-10-20T09:39:16.518+02:00Il mito del «lager dei Savoia» - Corriere.it<a href="http://www.corriere.it/cultura/12_ottobre_11/stajano-mito-lager-savoia_734bb576-1382-11e2-ad6a-6254024087b3.shtml#.UIJVFcVaM0I.blogger">Il mito del «lager dei Savoia» - Corriere.it</a>BERTI.GIANhttp://www.blogger.com/profile/02367020598082211162noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8250739166120726750.post-78648855401954827472012-10-20T09:32:00.001+02:002012-10-20T09:32:48.667+02:00Ottobre di 50 anni fa:la crisi di Cuba<h3>
<br /><br /><br /><br /><br /> </h3>
<div class="ls-articoloWrapperImmagine">
<div class="ls-articoloImmagine" style="margin-bottom: 12px;">
<img alt="" border="0" src="http://www.lastampa.it/rw/Pub/p3/2012/10/14/Cultura/Foto/RitagliWeb/kennedy%20cuba--330x185.jpg" title="" width="330" /><br />
<div class="ls-articoloDidascalia" style="width: 330px;">
Il 22 ottobre Kennedy annuncia il blocco navale intorno a Cuba.</div>
</div>
<div class="ls-articoloLinksImmagine">
</div>
<div class="edLinks">
</div>
</div>
<div class="ls-articoloCatenaccio">
Nell’ottobre di 50 anni fa la tensione salì alle stelle e si arrivò a un passo dal conflitto nucleare</div>
<div class="ls-articoloAutore">
Joseph Nye*</div>
<div class="ls-articoloLuogo">
</div>
<div class="ls-articoloTesto">
Questo mese segna il 50 ° anniversario della crisi dei missili di Cuba - quei 13 giorni nel mese di ottobre 1962, che furono probabilmente il momento in cui il mondo andò più vicino a una grande guerra nucleare. Il presidente John F. Kennedy aveva pubblicamente diffidato l’Unione Sovietica dall’introdurre i missili offensivi a Cuba. <br />
Ma il leader sovietico Nikita Kruscev aveva deciso di attraversare surrettiziamente la linea rossa tracciata da Kennedy e di mettere gli americani di fronte al fatto compiuto. Quando un aereo di sorveglianza americano scoprì i missili, scoppiò la crisi. <br />
<br />
Alcuni dei consiglieri di Kennedy sollecitarono un attacco aereo e l’invasione per distruggere i missili. Kennedy mobilitò le truppe, ma prese tempo, anche, annunciando un blocco navale su Cuba. La crisi si placò quando le navi sovietiche che trasportavano altri missili tornarono indietro e Krusciov accettò di rimuovere i missili già installati dall’isola. Come disse l’allora Segretario di Stato Dean Rusk: «Siamo stati faccia a faccia, e credo che l’altro abbia appena sbattuto le palpebre». <br />
<br />
A prima vista, un risultato razionale e prevedibile. Gli Stati Uniti avevano un vantaggio di 17-a-1 nell’armamento nucleare. I sovietici erano letteralmente disarmati. Eppure gli Stati Uniti non attaccarono preventivamente i siti missilistici sovietici, che erano relativamente vulnerabili, perché il rischio che anche solo uno o due dei missili sovietici colpissero una città americana era sufficiente a dissuadere da un primo attacco. Inoltre, sia Kennedy e Krusciov temevano che le strategie razionali e la cautela nei calcoli potessero sfuggire al controllo. Krusciov ne offrì una vivida metafora in una delle sue lettere a Kennedy: «Noi e voi non dovremmo tirare troppo le estremità della corda a cui è stato legato il nodo della guerra». <br />
<br />
Nel 1987, ho fatto parte di un gruppo di studiosi che si incontrarono alla Harvard University, con i consiglieri ancora vivi di Kennedy per studiare la crisi. Robert McNamara, segretario alla Difesa di Kennedy, disse che via via che la crisi si evolveva diventò più cauto. A quel tempo pensava che la probabilità di una guerra nucleare dovuta alla crisi avrebbe potuto essere una su 50 (anche valutò il rischio come molto maggiore dopo aver appreso nel 1990 che i sovietici avevano già consegnato le armi nucleari a Cuba). <br />
<br />
Douglas Dillon, il segretario del Tesoro di Kennedy, ha detto che pensava che il rischio di una guerra nucleare fosse circa nullo. Non vedeva come la situazione avrebbe potuto subire un’escalation fino alla guerra nucleare e, quindi, era stato disposto a spingersi più in là con i sovietici e a correre maggiori rischi rispetto a McNamara. Il generale Maxwell Taylor, presidente dello stato maggiore congiunto, riteneva che il rischio di una guerra nucleare fosse basso, e lamentava che gli Stati Uniti avessero lasciato che l’Unione Sovietica se la cavasse troppo facilmente. Pensava che gli americani avrebbero dovuto rovesciare il regime di Castro. <br />
<br />
Ma i rischi di perdere il controllo della situazione incisero pesantemente anche su Kennedy, che per questo adottò una posizione più prudente di quella che avrebbero voluto alcuni dei suoi consiglieri. La morale della storia è che un po’ di deterrenza nucleare rende molto. <br />
<br />
Tuttavia, vi sono ancora delle ambiguità attorno alla crisi dei missili che rendono difficile attribuirne l’esito interamente alla componente nucleare. Gli Stati Uniti vinsero soprattutto il consenso pubblico. Ma, quanto abbiano vinto, e perché, è difficile da determinare. Ci sono almeno due possibili spiegazioni del risultato, oltre alla resa sovietica al maggior potere nucleare americano. Una si concentra sull’importanza della rispettiva posta in gioco delle due superpotenze durante la crisi: gli Stati Uniti non solo avevano maggior coinvolgimento con la vicina Cuba rispetto ai sovietici, ma potevano anche mettere in campo forze convenzionali. Il blocco navale e la possibilità di un’invasione degli Stati Uniti rafforzarono l’attendibilità della deterrenza americana, condizionando psicologicamente i sovietici. <br />
<br />
L’altra spiegazione mette in dubbio la premessa che la crisi dei missili di Cuba sia stata una vittoria assoluta per gli Stati Uniti. Gli americani avevano tre opzioni: uno <span class="corsivo">shoot-out</span>, un rigore (bombardare i siti missilistici), uno <span class="corsivo">squeeze out</span>, ossia un’opzione (imporre il blocco a Cuba per convincere i sovietici a ritirare i missili), e un <span class="corsivo">buyout</span>, un investimento (dare ai sovietici qualcosa che loro volevano) . <br />
<br />
Per molto tempo, i partecipanti hanno detto poco sugli aspetti di quest’ultimo punto della soluzione. Ma le prove successive suggeriscono che la silenziosa promessa degli Usa di rimuovere i loro missili obsoleti dalla Turchia e dall’Italia fu probabilmente più importante di quanto si pensasse in quel momento (gli Stati Uniti diedero anche pubbliche assicurazioni che non avrebbero invaso Cuba). <br />
<br />
Possiamo concludere che la deterrenza nucleare pesò nella crisi, e che di certo la dimensione nucleare fu centrale nel pensiero di Kennedy. Ma non fu tanto il rapporto tra gli armamenti nucleari a contare quanto il timore che anche poche armi nucleari avrebbero causato una devastazione intollerabile. <br />
<br />
Quanto sono stati reali questi rischi? Il 27 ottobre 1962, poco dopo che le forze sovietiche a Cuba avevano abbattuto un aereo di sorveglianza degli Stati Uniti (uccidendo il pilota), un aereo simile incaricato del prelievo routinario di campioni di aria vicino all’Alaska violò inavvertitamente lo spazio aereo sovietico in Siberia. Fortunatamente, non fu abbattuto. Ma, ancora più grave, all’insaputa degli americani, le forze sovietiche a Cuba erano state incaricate di respingere l’invasione degli Stati Uniti e per farlo erano state autorizzate a utilizzare le loro armi nucleari tattiche. <br />
<br />
È difficile immaginare che un tale attacco nucleare sarebbe rimasto solo tattico. Kenneth Waltz, uno studioso americano, recentemente ha pubblicato un articolo intitolato «Perché l’Iran dovrebbe ottenere la bomba». In un mondo razionale, prevedibile, tale risultato potrebbe produrre stabilità. Nel mondo reale, la crisi dei missili cubani suggerisce che potrebbe non essere così. Come diceva McNamara, «Abbiamo avuto una bella fortuna». <br />
<br />
<span class="nero">Traduzione di Carla Reschia</span> <br />
<span class="nero"></span> <br />
<span class="nero">(*) professore ad Harvard, è l’autore di The Future of Power.</span> <br />
<span class="nero">Copyright: Project Syndicate, 2012. www.project-syndicate.org</span> </div>
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BERTI.GIANhttp://www.blogger.com/profile/02367020598082211162noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8250739166120726750.post-59196728876491113902012-10-09T15:13:00.001+02:002012-10-09T15:15:01.684+02:00Sorvegliare e punire (riflessione di Foucault)<div align="center">
<b>Abstract</b></div>
<i>La riflessione di Foucault su Sorvegliare e Punire si situa in un preciso momento del suo percorso intellettuale che lo porta ad affrontare il tema secondo una prospettiva del tutto particolare, volta ad evidenziare il legame tra le procedure penali, la costruzione della società e la formazione dell'individuo moderno</i><br />
<div id="articolo">
<div align="JUSTIFY" class="MsoNormal" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm; margin-left: 8.74cm;">
«L’uomo di cui ci parlano e che siamo invitati a liberare è già in se stesso l’effetto di un assoggettamento ben più profondo di lui. Un’ “anima” lo abita e lo conduce all’esistenza, che è essa stessa un elemento della signoria che il potere esercita sul corpo. L’anima, effetto e strumento di una anatomia politica; l’anima prigione del corpo». M. Foucault, <i>Sorvegliare e punire. La nascita della prigione</i>, 1975.</div>
<div class="MsoNormal" lang="it-IT">
Intraprendere la lettura di“Sorvegliare e Punire”<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote1sym" name="sdendnote1anc"><sup><span style="font-size: x-small;">1</span></sup></a>significa confrontarsi con il ruolo che, a partire dai primi anni settanta, lo studio e l’analisi del potere rivestì nel<i>Sonderweg</i>foucaultiano. Il pensatore francese fu, indubbiamente, affascinato dalla politica, che considerava “il tema forse più cruciale della nostra esistenza”<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote2sym" name="sdendnote2anc"><sup><span style="font-size: x-small;">2</span></sup></a>. Questo interesse emerse, con forza sempre maggiore, proprio nel momento in cui le ricerche incentrate sulla problematica del sapere<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote3sym" name="sdendnote3anc"><sup><span style="font-size: x-small;">3</span></sup></a>lo portarono a riflettere - agli inizi degli anni Settanta<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote4sym" name="sdendnote4anc"><sup><span style="font-size: x-small;">4</span></sup></a>, nello stesso momento in cui elaborava le prime congetture attorno al concetto di biopolitica<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote5sym" name="sdendnote5anc"><sup><span style="font-size: x-small;">5</span></sup></a>- su un duplice ordine di questioni direttamente connesse all’approccio ermeneutico e metodologico adottato negli scritti testé elencati. Sotto il profilo del metodo, Foucault era consapevole che l’“archeologia”<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote6sym" name="sdendnote6anc"><sup><span style="font-size: x-small;">6</span></sup></a>, da lui sviluppata nel corso degli anni Sessanta, si limitava a fornire un’analisi sincronica e strutturale senza essere in grado di spiegare diacronicamente e casualmente gli effetti di un determinato sistema concettuale<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote7sym" name="sdendnote7anc"><sup><span style="font-size: x-small;">7</span></sup></a>, ovvero, in ultima istanza, il passaggio da una struttura di pensiero ad un’altra<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote8sym" name="sdendnote8anc"><sup><span style="font-size: x-small;">8</span></sup></a>. Ne risultava una riproblematizzazione degli esiti interpretativi della sua riflessione sviluppata intorno alla tematica del sapere che apriva la porta ad un nuovo sistema di priorità<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote9sym" name="sdendnote9anc"><sup><span style="font-size: x-small;">9</span></sup></a>attraverso il quale si riformulavano le istanze del decennio precedente seguentemente: Come nasce il sapere? Si tratta di qualcosa che produce o che viene prodotto? Quale è il suo rapporto con la società moderna? A partire da queste questioni Foucault, ulteriormente stimolato da una lunga riflessione su Nietzsche<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote10sym" name="sdendnote10anc"><sup><span style="font-size: x-small;">10</span></sup></a>, diede vita a quella svolta metodologica che prenderà il nome di “genealogia”<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote11sym" name="sdendnote11anc"><sup><span style="font-size: x-small;">11</span></sup></a>, ovvero lo studio della “produzione concreta dei discorsi”e dunque della “dispersione di questi in una zona dell’interazione storica che va al di là delle loro matrici di regolarità<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote12sym" name="sdendnote12anc"><sup><span style="font-size: x-small;">12</span></sup></a>”.Lo studioso di Poitiers proponeva, quindi, un nuovo approccio che, una volta applicato puntualmente alla problematica del sapere moderno, lo avrebbe portato a scoprire, per dirla con Gary Gutting,“<i>that changes in thought are not themselves the products of thought”</i><a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote13sym" name="sdendnote13anc"><sup><span style="font-size: x-small;">13</span></sup></a>. Tali mutamenti, infatti, si situerebbero/produrrebbero nella costante interazione “trascendentale”<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote14sym" name="sdendnote14anc"><sup><span style="font-size: x-small;">14</span></sup></a>del sapere con il potere, grazie alla quale è possibile legare al potere stesso – che diviene, partendo da siffatto ragionamento, una delle questioni chiave<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote15sym" name="sdendnote15anc"><sup><span style="font-size: x-small;">15</span></sup></a>della ricerca foucaultiana – una funzione positiva<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote16sym" name="sdendnote16anc"><sup><span style="font-size: x-small;">16</span></sup></a>, dal carattere “creativo”<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote17sym" name="sdendnote17anc"><sup><span style="font-size: x-small;">17</span></sup></a>. Una peculiarità che si eserciterebbe in una forma relazionale immanente ad ogni altro nesso sociale<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote18sym" name="sdendnote18anc"><sup><span style="font-size: x-small;">18</span></sup></a>, in un continuo ed instabile gioco strategico di azione-reazione.</div>
<div class="MsoNormal" lang="it-IT">
In merito Foucault scriveva: </div>
<div class="MsoNormal" lang="it-IT">
“Bisogna insomma ammettere che questo potere lo si eserciti piuttosto che non lo si possieda, che non sia privilegio acquisito o conservato dalla classe dominante, ma effetto d’insieme delle sue posizioni strategiche –effetto che manifesta e talvolta riflette la posizione di quelli che sono dominati. D’altra parte, questo potere non si applica puramente e semplicemente, come un obbligo o un’interdizione, a quelli che non l’hanno; esso l’investe, si impone per mezzo loro e attraverso loro; si appoggia su di loro, esattamente come loro stessi, nella lotta contro di lui, si appoggiano a loro volta sulle prese che esso esercita su di loro. Ciò vuol dire che queste relazioni scendono profondamente nello spessore della società, che non si localizzano nelle relazioni fra lo Stato e i cittadini o alla frontiera delle classi e che non si accontentano di riprodurre a livello degli individui, dei corpi, dei gesti e dei comportamenti, la forma generale della legge o del governo; che se esiste continuità (esse, in effetti, si articolano facilmente in questa forma secondo tutta una serie di complessi ingranaggi), non c’è analogia, né omologia, ma specificità di meccanismo e di modalità. Infine esse non sono univoche, ma definiscono innumerevoli punti di scontro, focolai di instabilità di cui ciascuna comporta rischi di conflitto, di lotte e di inversioni, almeno transitorie, dei rapporti di forza<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote19sym" name="sdendnote19anc"><sup><span style="font-size: x-small;">19</span></sup></a>”</div>
<div class="MsoNormal" lang="it-IT">
Si delineerebbe dunque il sorgere e l’operare di una serie di micropoteri i quali, colti nella loro relazionalità – necessariamente situata su uno specifico campo storico - andrebbero a definire un’autentica “microfisica”del potere<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote20sym" name="sdendnote20anc"><sup><span style="font-size: x-small;">20</span></sup></a>. Quest’ultima, analizzata nel corso dell’età moderna, si manifesterebbe come “un’insieme di elementi materiali e di tecniche che servono da armi, collegamenti, vie di comunicazione e punti di appoggio alle relazioni di potere e di sapere” aventi come oggetto – e qui si potrebbe parlare d’intuizione/scoperta<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote21sym" name="sdendnote21anc"><sup><span style="font-size: x-small;">21</span></sup></a>fondamentale - il corpo<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote22sym" name="sdendnote22anc"><sup><span style="font-size: x-small;">22</span></sup></a>umano, investito ed assoggettato, in quanto oggetto di sapere, dalla“micro-meccanica” costitutiva di quello che si estrinsecherebbe come un autentico “corpo politico<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote23sym" name="sdendnote23anc"><sup><span style="font-size: x-small;">23</span></sup></a>”.Sarebbe quindi il corpo umano – da qui buona parte della problematica connessa al ragionamento di Sorvegliare e Punire –l’ente moderno su cui si esercitano le relazioni di potere-sapere. Esse, tuttavia, data la loro peculiare natura storica, opererebbero attraverso delle specifiche tecnologie capaci di plasmare, piegare ed assoggettare il corpo, di renderlo forza utile e produttiva<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote24sym" name="sdendnote24anc"><sup><span style="font-size: x-small;">24</span></sup></a>. Tali tecnologie “politiche” (in quanto relative al “campo politico” in cui è immerso il corpo) sarebbero in grado– con la loro pervasiva ubiquità - di produrre la stessa “anima<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote25sym" name="sdendnote25anc"><sup><span style="font-size: x-small;">25</span></sup></a>”dell’uomo moderno e di determinarne le stesse forme ed i campi di conoscenza (“soggetto” compreso)<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote26sym" name="sdendnote26anc"><sup><span style="font-size: x-small;">26</span></sup></a>. Il compito dello studioso consisterebbe dunque nell’ “individuare e far emergere<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote27sym" name="sdendnote27anc"><sup><span style="font-size: x-small;">27</span></sup></a>”queste modalità di controllo dei corpi, tra le quali particolare importanza – ai fini della caratterizzazione dell’età moderna - rivestirebbero le “tecnologie disciplinari<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote28sym" name="sdendnote28anc"><sup><span style="font-size: x-small;">28</span></sup></a>”e, con esse<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote29sym" name="sdendnote29anc"><sup><span style="font-size: x-small;">29</span></sup></a>, l’istituzione del carcere<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote30sym" name="sdendnote30anc"><sup><span style="font-size: x-small;">30</span></sup></a>, apparentemente neutra ed indipendente rispetto al potere politico<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote31sym" name="sdendnote31anc"><sup><span style="font-size: x-small;">31</span></sup></a>.</div>
<div class="MsoNormal" lang="it-IT">
Fatta questa premessa sarà dunque ora più semplice comprendere come e con quali motivazioni intellettuali<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote32sym" name="sdendnote32anc"><sup><span style="font-size: x-small;">32</span></sup></a>Foucault si accinse, nel corso del 1974, a scrivere “<i>Surveiller et punir. Naissance de la prison</i>”.Obiettivo dichiarato del lavoro in questione<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote33sym" name="sdendnote33anc"><sup><span style="font-size: x-small;">33</span></sup></a>era: </div>
<div class="MsoNormal" lang="it-IT">
“una storia delle correlazioni tra l’anima moderna e il nuovo potere di punire; una genealogia dell’attuale complesso scientifico-giudiziario dove il potere di punire trova le sue basi, riceve le sue giustificazioni e le sue regole, estende i suoi effetti e maschera la sua esorbitante singolarità<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote34sym" name="sdendnote34anc"><sup><span style="font-size: x-small;">34</span></sup></a>”.</div>
<div class="MsoNormal" lang="it-IT" style="margin-bottom: 0cm;">
Lo scopo testé indicato veniva perseguito secondo quattro regole generali:</div>
<div class="MsoNormal" lang="it-IT">
“1. Non centrare lo studio dei meccanismi punitivi sui loro effetti “repressivi”,sul solo lato di “sanzione”, ma collocarli in tutta la serie degli effetti positivi che essi possono indurre, anche se, al primo sguardo, marginali. Considerare di conseguenza, la punizione come una funzione sociale complessa”</div>
<div class="MsoNormal" lang="it-IT">
“2. Analizzare i metodi punitivi non come semplici conseguenze di regole di diritto o come indicazioni di strutture sociali, ma come tecniche aventi una loro specificità nel campo più generale degli altri processi del potere. Assumere, sui castighi, la prospettiva della tattica politica”</div>
<div class="MsoNormal" lang="it-IT">
“3. In luogo di trattare la storia del diritto penale e quella delle scienze umane come due serie separate, il cui incrociarsi avrebbe sull’una o sull’altra, forse su entrambe, un effetto, come si voglia perturbatore o utile, cercare se non esista una matrice comune e se entrambe non derivino da un processo di formazione “epistemologico-giuridico”;in breve, porre la tecnologia del potere come principio dell’umanizzazione della penalità e della conoscenza dell’uomo”</div>
<div class="MsoNormal" lang="it-IT">
“4. Indagare se questo ingresso dell’anima sulla scena della giustizia penale, e con esso l’inserzione nella pratica giudiziaria di tutto un sapere“scientifico”, non sia effetto di una trasformazione del modo in cui il corpo stesso è investito dai rapporti di potere<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote35sym" name="sdendnote35anc"><sup><span style="font-size: x-small;">35</span></sup></a>”.</div>
<div class="MsoNormal" lang="it-IT">
Partendo da tale prospettiva Foucault osservava un fondamentale cambiamento dello stile penale tra la metà del Settecento ed il ventennio 1830-1848. I supplizi, attraverso i quali si caratterizzava come “spettacolo”<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote36sym" name="sdendnote36anc"><sup><span style="font-size: x-small;">36</span></sup></a>il castigo che veniva imposto al reo fino al XIX secolo<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote37sym" name="sdendnote37anc"><sup><span style="font-size: x-small;">37</span></sup></a>, lasciavano posto ad una punizione volta ad agire in profondità nel cuore, nel pensiero, nella volontà e disponibilità del criminale: una pena che stabiliva la sua presa sull’anima<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote38sym" name="sdendnote38anc"><sup><span style="font-size: x-small;">38</span></sup></a>. La domanda che ne emergeva era: come era potuto avvenire questo passaggio? A quale esigenza storica e logica rispondeva? Lo studio di Foucault, su siffatta scia, si rivolgeva all’esame – da svilupparsi secondo le regole generali sovraenunciate - delle differenti figure di punizione esistenti tra la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX secolo. Ne emergevano “tre maniere di organizzare il potere di punire” chiaramente distinte e diversamente motivate. La prima, il “supplizio penale”, rappresentava la dimensione paradigmatica<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote39sym" name="sdendnote39anc"><sup><span style="font-size: x-small;">39</span></sup></a>attraverso cui si manifestava la punizione per i reati gravi nell’<i>Ancien Régime</i>. Si trattava di una pena con le sue regole e che non doveva essere assimilata “all’estremismo di una rabbia senza legge”.Essa era: </div>
<div class="MsoNormal" lang="it-IT">
“una produzione differenziata di sofferenze, un rituale organizzato per il marchio delle vittime e la manifestazione del potere di chi punisce; non è per nulla la esasperazione di una giustizia che, dimentica dei suoi principî perda ogni ritegno. Negli eccessi dei supplizi, è investita tutta una economia del potere”<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote40sym" name="sdendnote40anc"><sup><span style="font-size: x-small;">40</span></sup></a></div>
<div class="MsoNormal" lang="it-IT">
Centro di questa economia era il corpo che - anche per il sospettato<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote41sym" name="sdendnote41anc"><sup><span style="font-size: x-small;">41</span></sup></a>- costituiva il punto di applicazione del castigo ed il luogo di estorsione della verità: un corpo “interrogato”,che doveva riprodurre la verità del crimine<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote42sym" name="sdendnote42anc"><sup><span style="font-size: x-small;">42</span></sup></a>. Il che era possibile in quanto si trattava di un orizzonte penale che non obbediva ad alcun sistema dualistico – Vero o Falso –ma ad un principio di graduazione continua: “un grado raggiunto nella dimostrazione<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote43sym" name="sdendnote43anc"><sup><span style="font-size: x-small;">43</span></sup></a>formava già un grado di colpevolezza e implicava per conseguenza un grado di punizione<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote44sym" name="sdendnote44anc"><sup><span style="font-size: x-small;">44</span></sup></a>”.Secondo la stessa logica era possibile “cominciare a punire in virtù delle indicazioni già raccolte e servirsi di questo indizio di pena per estorcere il resto di verità ancora mancante<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote45sym" name="sdendnote45anc"><sup><span style="font-size: x-small;">45</span></sup></a>”.Proprio per questo l’esecuzione pubblica delle pene presentava precisi aspetti direttamente connessi alla “visibilità”del corpo del suppliziato sul quale, altresì, avveniva l’epifania del potere politico. Il delitto infatti comportava una lesione momentanea della sovranità del sovrano, il quale, attraverso la legge, veniva colpito dal crimine. In ogni infrazione vi era dunque “un <i>crimen majestatis</i>”<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote46sym" name="sdendnote46anc"><sup><span style="font-size: x-small;">46</span></sup></a>che doveva essere “vendicato<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote47sym" name="sdendnote47anc"><sup><span style="font-size: x-small;">47</span></sup></a>”attraverso la riaffermazione pubblica del potere del sovrano, che, in quanto tale, avveniva come spettacolo dello squilibrio e dell’eccesso, a dimostrazione della superiorità intrinseca – di diritto e di fatto –del principe. L’obiettivo del supplizio era dunque quello di“rendere sensibile a tutti, sul corpo del criminale, la presenza scatenata del sovrano. Il supplizio non ristabiliva la giustizia, riattivava il potere”<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote48sym" name="sdendnote48anc"><sup><span style="font-size: x-small;">48</span></sup></a>. Da qui una duplice finalità:</div>
<div class="MsoNormal" lang="it-IT">
“Il supplizio fa parte della procedura che stabilisce la realtà di ciò che viene punito. Ma c’è di più: l’atrocità di un crimine è anche la violenza della sfida lanciata al sovrano; è ciò che scatenerà da parte sua una replica che ha funzione di rincarare questa atrocità, di padroneggiarla, di vincerla con un eccesso che annulla. L’atrocità che ossessiona il supplizio gioca dunque un doppio ruolo: il principio di comunicazione del delitto con la pena, è, d’altra parte, l’esasperazione del castigo in rapporto al crimine. Assicura nello stesso momento lo splendore della verità e quello del potere; è il rituale dell’inchiesta che si compie e la cerimonia dove il sovrano trionfa. Ed essa li riunisce nel corpo del suppliziato<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote49sym" name="sdendnote49anc"><sup><span style="font-size: x-small;">49</span></sup></a>”.</div>
<div class="MsoNormal" lang="it-IT">
Quindi il supplizio come“spettacolo”, “cerimonia”, manifestazione del potere sovrano e della sua forza aventi come oggetto il corpo del reo. Ma il quadro non è completo. Foucault chiosava compiutamente la peculiare dinamica di queste “scene di terrore” grazie all’analisi del ruolo svolto da un attore fondamentale: il popolo. Si trattava di un soggetto dalla veste ambigua, che oscillava tra l’essere mero spettatore e l’assumere una parte propriamente attiva. Quest’ultima poteva esternarsi attraverso un “concorso” tollerato alla“vendetta” del re<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote50sym" name="sdendnote50anc"><sup><span style="font-size: x-small;">50</span></sup></a>, inserita all’interno del supplizio, o in un’aperta rivolta indirizzata ad impedire un’esecuzione ritenuta ingiusta. In tal caso il popolo riusciva a mettere in evidente difficoltà il potere sovrano, snaturando l’atmosfera ed il senso della cerimonia:</div>
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“Si vedeva chiaramente che il grande spettacolo delle pene rischiava di essere sovvertito da quelli stessi cui era diretto. Lo spavento dei supplizi accendeva in effetti focolai d’illegalità…ma soprattutto - ed è qui che gli inconvenienti divenivano un pericolo politico –mai quanto in questi rituali che avrebbero dovuto mostrare abominevole il crimine ed invincibile il potere, il popolo si sentiva vicino a quelli che subivano la pena, ma esso si sentiva quanto loro, minacciato da una violenza legale che era senza equilibrio né misura<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote51sym" name="sdendnote51anc"><sup><span style="font-size: x-small;">51</span></sup></a>”.</div>
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Da questa peculiare atmosfera ne risultava una solidarietà “di fatto” della maggioranza della popolazione con i piccoli delinquenti comportante la crescita di un certo “illegalismo popolare” che, oltre a far paura al potere ed a renderne meno efficace i mezzi (da cui un problema di inefficacia punitiva connesso alla pratica dei supplizi), sfociava spesso in un’esaltazione della figura del criminale, il che, nella peculiare dinamica storica dell’epoca (lo sguardo di Foucault si focalizza in merito sul XVIII secolo) assumeva una ben determinata “pericolosità” politica e sociale. L’<i>Ancien Régime</i>si era, infatti, caratterizzato per l’esistenza di un ampio margine di “illegalismo tollerato”, di cui beneficiavano i diversi strati sociali e che, nel caso del popolo, assumeva i tratti di un autentico “illegalismo necessario” in quanto, grazie alla sua peculiare economia, andava a definire le stesse condizioni di esistenza dei bassi ceti. Era, altresì, possibile discernere un legame diretto con la criminalità che, al medesimo tempo, definiva la forma estrema e il pericolo interno di tale atteggiamento popolare<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote52sym" name="sdendnote52anc"><sup><span style="font-size: x-small;">52</span></sup></a>. Un <i>danger</i><i><a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote53sym" name="sdendnote53anc"><sup><span style="font-size: x-small;">53</span></sup></a></i>che cresceva con l’avanzare del XVIII secolo e che andava a impattare con i profondi cambiamenti connessi al divenire della società borghese. Il che aveva comportato alcuni interessanti evoluzioni sul piano quantitativo e qualitativo. Riguardo al primo veniva evidenziata una diminuzione dei delitti di sangue e delle aggressioni fisiche mentre riguardo al secondo era possibile evidenziare il passaggio da un illegalismo rivolto ai “corpi”ad un illegalismo indirizzato ai “beni”<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote54sym" name="sdendnote54anc"><sup><span style="font-size: x-small;">54</span></sup></a>. Tale trasformazione - oltre ad essere connessa ad “una modificazione del gioco delle pressioni economiche, da un innalzamento generale del livello di vita, da un forte incremento demografico, da una moltiplicazione delle ricchezze e delle proprietà e dal bisogno di sicurezza che ne è conseguenza”<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote55sym" name="sdendnote55anc"><sup><span style="font-size: x-small;">55</span></sup></a>– veniva in luce grazie al fatto che nella nuova società borghese – definita da una “proprietà terriera assoluta” e dal massiccio investimento commerciale e industriale – non è più possibile vivere grazie ad un “illegalismo dei diritti” (abbandono di antichi obblighi e consolidamento di pratiche irregolari<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote56sym" name="sdendnote56anc"><sup><span style="font-size: x-small;">56</span></sup></a>) non più consentito, con la conseguenza di un massiccio ricorso al furto ed ad altre pratiche delittuose ai fini di sopravvivenza e di esasperata ritorsione. Emergeva, dunque, un “illegalismo dei beni<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote57sym" name="sdendnote57anc"><sup><span style="font-size: x-small;">57</span></sup></a>”che la borghesia considerava esiziale ed insopportabile e che appariva difficilmente arginabile attraverso la vecchia ed inefficiente pratica del supplizio che nello stesso momento storico subiva gli attacchi dei riformatori<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote58sym" name="sdendnote58anc"><sup><span style="font-size: x-small;">58</span></sup></a>. Su questa scia veniva progressivamente a formarsi una nuova strategia per l’esercizio del potere di castigare: </div>
<div class="MsoNormal" lang="it-IT">
“E la riforma propriamente detta, quale viene o formulata nelle teorie del diritto o schematizzata nei progetti, è la ripresa politica o filosofica di questa strategia, con i suoi obiettivi primari: fare della punizione e della repressione degli illegalismi una funzione regolare, suscettibile di estendersi a tutta la società; <i>non punire meno ma punire meglio</i><i><a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote59sym" name="sdendnote59anc"><sup><span style="font-size: x-small;">59</span></sup></a></i>, punire con una severità forse attenuata ma per punire con maggior universalità e necessità; inserire nel corpo sociale, in profondità, il potere di punire”<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote60sym" name="sdendnote60anc"><sup><span style="font-size: x-small;">60</span></sup></a></div>
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La Riforma penale del XVIII secolo nasceva quindi “nel punto di giunzione tra la lotta contro il “superpotere” del sovrano e quella contro l’“infrapotere” degl’illegalismi conquistati e tollerati”. Cosa determinata dal fatto che “tra quel superpotere e quell’infrapotere si era annodata tutta una rete di rapporti”; proprio la forma della sovranità monarchica - con il suo potere illimitato, ma discontinuo ed irregolare – lasciava campo ad un illegalismo endemico, che era come il “correlativo di quel tipo di potere<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote61sym" name="sdendnote61anc"><sup><span style="font-size: x-small;">61</span></sup></a>”.I supplizi, dunque, venivano criticati aspramente nel corso dell’età dei lumi in quanto era proprio durante quella “barbara cerimonia” che si congiungevano visibilmente i due poteri. Da qui l’esigenza, secondo Foucault, di un’umanità delle pene come regola da dare ad un regime di punizioni capace di stabilire dei ben precisi limiti a questi due poteri dalla intrinseca natura parossistica:</div>
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“L’uomo<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote62sym" name="sdendnote62anc"><sup><span style="font-size: x-small;">62</span></sup></a>che si vuole far rispettare nella pena, è la forma giuridica e morale data a questa duplice delimitazione”<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote63sym" name="sdendnote63anc"><sup><span style="font-size: x-small;">63</span></sup></a></div>
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Ciò che, la riforma penale del XVIII secolo voleva costituire, grazie al lavoro dei“grandi riformatori”, era, dunque, una seconda maniera di organizzare il potere di punire, definibile nei termini di una “pena rappresentativa”. In essa il diritto di punire veniva spostato“dalla vendetta del sovrano alla difesa della società”nello stesso momento in cui veniva introdotto un principio di“sensibilità” nel castigo per evitare il ritorno ad un superpotere terribile ed illimitato, capace di travolgere con i suoi “effetti di ritorno”<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote64sym" name="sdendnote64anc"><sup><span style="font-size: x-small;">64</span></sup></a>l’intera società borghese. Da qui la perorazione delle“punizioni umane”:</div>
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“Se la legge deve trattare umanamente colui che è fuori natura…la ragione non si trova in una umanità profonda che il criminale nasconderebbe in se stesso, ma nella necessaria regolazione degli effetti di potere”<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote65sym" name="sdendnote65anc"><sup><span style="font-size: x-small;">65</span></sup></a></div>
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Il fine era quello di calcolare una pena in funzione non del crimine, ma della sua possibile ripetizione:</div>
<div class="MsoNormal" lang="it-IT">
“Non mirare all’offesa passata ma al disordine futuro. Fare sì che il malfattore non possa avere né la voglia di ricominciare, né la possibilità di avere imitatori. Punire sarà dunque un’arte degli effetti…Che la punizione riguardi l’avvenire e che una almeno delle sue funzioni principali sia prevenire, era da secoli, una giustificazione corrente del diritto di punire. Ma la differenza è che la prevenzione che ci si attendeva come <i>effetto</i>del castigo e della sua risonanza –dunque della sua dismisura – tende a divenire ora <i>il</i><i></i><i>principio</i><i><a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote66sym" name="sdendnote66anc"><sup><span style="font-size: x-small;">66</span></sup></a></i>della sua economia e la misura delle sue giuste proporzioni…L’esempio non è più un rituale che manifesta, è un segno che ostacola<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote67sym" name="sdendnote67anc"><sup><span style="font-size: x-small;">67</span></sup></a>”.</div>
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In tale prospettiva i segni diventano la tecnica attraverso la quale si influenzano e si codificano i comportamenti. Ecco, dunque, il senso in cui era possibile parlare di una “pena rappresentativa”; ovvero di un castigo che utilizzava la semiologia come strumento mirante alla sottomissione dei corpi attraverso il controllo delle idee<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote68sym" name="sdendnote68anc"><sup><span style="font-size: x-small;">68</span></sup></a>. Ne emergeva un modello capace di evidenziare le potenzialità dei “poteri sottili”, in opposizione al passato sistema dei supplizi. Essi si rivolgevano al controllo dello “spirito”in quanto in esso si situava la vera chiave per il controllo della società:</div>
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“…bisogna che le idee di delitto e castigo siano legate fortemente e si succedano senza intervallo…Quando avrete formata in questo modo la catena delle idee nella testa dei vostri cittadini, potrete allora vantarvi di guidarli e di essere i loro padroni. Un despota imbecille può costringere gli schiavi con catene di ferro; ma un vero politico li lega assai più fortemente con la catena delle proprie idee; è al piano fisso della ragione che egli ne attacca il primo capo; legame tanto più forte perché ne ignoriamo la tessitura e lo crediamo opera nostra. La disperazione ed il tempo corrodono i legami di ferro e di acciaio, ma nulla vale contro l’unione abituale delle idee, non fanno che rinserrarsi sempre più; sulle molli fibre del cervello è fondata la base incrollabile dei più saldi imperi”<a class="sdendnoteanc" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote69sym" name="sdendnote69anc"><sup><span style="font-size: x-small;">69</span></sup></a>.</div>
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<div class="sdendnote-MsoNormal" lang="it-IT">
<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote1anc" name="sdendnote1sym">1</a> Titolo originale <i>Surveiller et punir. Naissance de la prison</i>, Gallimard, Paris 1975; trad. it. – da cui saranno tratte d’ora in avanti le citazioni per il presente scritto – <i>Sorvegliare e Punire. Nascita della prigione</i>, Einaudi, Torino 1993.</div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote2anc" name="sdendnote2sym">2</a> Nel corso di un celebre dibattito con Noam Chomsky (1971), Foucault alla domanda “perché si interessa così tanto di politica?” rispose come segue: “Perché non dovrei esserne interessato? Quale cecità, quale sordità, quale sostrato ideologico potrebbero avere il potere di impedirmi di interessarmi al tema forse più cruciale della nostra esistenza, ovvero la società nella quale viviamo, le relazioni economiche con le quali funziona e il sistema che definisce le forme regolari, i permessi e i divieti che sorreggono normalmente il nostro comportamento? Dopo tutto, l’essenza della nostra vita è costituita dal funzionamento politico della società nella quale siamo inseriti”. Noam Chomsky, Michel Foucault, <i>Della natura umana. Invariante biologico e potere politico</i>, Derive ed Approdi, Roma 2008, pag.46.</div>
</div>
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<div class="sdendnote-MsoNormal" lang="it-IT">
<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote3anc" name="sdendnote3sym">3</a>“Le Parole e le Cose” (1966); “l’Archeologia del Sapere” (1969); “L’ordine del discorso” (1971). </div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote4anc" name="sdendnote4sym">4</a> Il contesto storico dell’epoca ebbe a sua volta una forte influenza nel far emergere la questione del potere. Si pensi agli effetti del maggio del 1968 ed a quelli della partecipazione diretta di Foucault ai lavori del “Gruppo di Informazione sulle Prigioni” nel 1971. In merito si veda Ester Diaz, <i>La Filosofia de Michel Foucault</i>, Biblos, Buenos Aires, 2005, pag. 77.</div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote5anc" name="sdendnote5sym">5</a>“Le terme de biopolitique, apparaît en octobre 1974 dans la conférence donnée par Michel Foucault à l’Institut de Médecine sociale de l’Université de Rio à travers le thème du contrôle capitaliste du corps : « Le contrôle de la société sur les individus ne s’effectue pas seulement par la conscience ou par l’idéologie, mais aussi dans le corps et avec le corps. Pour la société capitaliste, c’est la bio-politique qui importait avant tout, le biologique, le somatique, le corporel. Le corps est une réalité bio-politique ; la médecine est une stratégie bio-politique »”. Bernard Andrieu, <i>La fin de la Biopolitique chez Michel Foucault</i>, in <i>“</i><em><span style="font-style: normal;">Le Portique. Revue de Philosophie et de Science Humaine</span></em><i>”</i>, mis en ligne le 15 juin 2007, Consulté le 27 avril 2010, par.7, in http://leportique.revues.org/index627.html. </div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote6anc" name="sdendnote6sym">6</a> L’archeologia “esamina i processi di rarefazione e di raggruppamento dei discorsi, come pure le procedure di controllo e di esclusione attraverso le quali vengono a costituirsi i territori del senso e della verità”. Stefano Catucci, <i>Introduzione a Foucault</i>, Laterza, Bari 2008, pag. 83.</div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote7anc" name="sdendnote7sym">7</a>“Although archaeology is quite capable of describing t<span lang="en-GB">he conceptual system underlying a practice, linguistic or not, it is not suited to descrive the effects of a practice. It is a structural, synchronic mode of analysis, not a causal, diachronic method” Gary Gutting, </span><span lang="en-GB"><i>Foucault. A very short introduction</i></span><span lang="en-GB">, Oxford University Press, New York 2005, pag. 45.</span></div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote8anc" name="sdendnote8sym">8</a> Il primo a sollevare, sia pur parzialmente, questa problematica fu Raimond Aron in un celebre colloquio avvenuto l’otto maggio 1967 all’interno di un programma radiofonico dell’emittente “France Culture”, ora in Jean-François Bert (edité par), <i>Raimond Aron Michel Foucault, Dialogue, </i>Ligne, Paris 2007, pp.19-20.</div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote9anc" name="sdendnote9sym">9</a> Scrive in merito Stefano Catucci: “Il passaggio dalla prospettiva archeologica a quella genealogica corrisponde in Foucault precisamente al riassestarsi di un sistema di priorità che segue lo spostamento dei suoi studi dal piano dei discorsi, considerati nella loro relativa autonomia, a quello dei loro effetti, visti di necessità in un contesto di pratiche, relazioni e riferimenti che non consentono ormai di isolare neppure dal punto di vista metodologico la dimensione ristretta della discorsività”. <span lang="en-GB">Id, op.cit, pag. 82.</span></div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote10anc" name="sdendnote10sym">10</a><span lang="en-GB"> In merito si veda Michael Mahon, </span><span lang="en-GB"><i>Foucault’s Nietzschean genealogy: truth, power and the subject</i></span><span lang="en-GB">, State University of New York Press, Albany 1992, pp.1-18.</span></div>
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<div id="sdendnote11">
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote11anc" name="sdendnote11sym">11</a><span lang="en-GB"> Si veda in merito Hannelore Bublitz, “</span><span lang="en-GB"><i>Geheim Rasereien und Fieberstürme” Diskurstheoretisch-genealogische Betrachtungen zur Historie</i></span><span lang="en-GB"> in </span><span lang="en-GB">Jürgen Martschukat (Hg.), </span><span lang="en-GB"><i>Geschichte schreiben mit Foucault</i></span><span lang="en-GB">, Campus Verlag, Frankfurt/Main, 2002, pp.29-41</span></div>
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<div id="sdendnote12">
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote12anc" name="sdendnote12sym">12</a> S. Catucci, op.cit., pag. 83.</div>
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<div align="JUSTIFY" class="sdendnote-MsoNormal" lang="it-IT">
<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote13anc" name="sdendnote13sym">13</a><span lang="en-GB"> Gary Gutting, op.cit., pag. 44.</span></div>
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<div id="sdendnote14">
<div align="JUSTIFY" class="sdendnote-MsoNormal" lang="it-IT">
<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote14anc" name="sdendnote14sym">14</a> Da intendersi, in questo caso, come non-pensabilità del sapere al di fuori di una relazione di potere e viceversa, tanto che Foucault si esprimerà proprio a partire da “Sorvegliare e Punire” in termini di “sapere-potere”. Il concetto di trascendentale in Foucault è altamente controverso, in quanto tutto il lavoro di Foucault può, da una determinata angolazione, essere visto come il tentativo di storicizzare il trascendentalismo kantiano, emendandolo da ogni riferimento alla soggettività. Allo stesso tempo lo stesso Foucault confessava a Preti, nel 1972, che un riferimento al trascendentale –sia pur “storicizzato” - sarebbe stato inevitabile nella sua opera. <span lang="en-GB">Si veda in merito Béatrice Han, </span><span lang="en-GB"><i>Foucault Critical Project. Between the trascendental and the historical</i></span><span lang="en-GB">, Stanford University Press, Stanford, 2002; S. Catucci, op.cit., pp. 11-12.</span></div>
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<div id="sdendnote15">
<div align="JUSTIFY" class="sdendnote-MsoNormal" lang="it-IT">
<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote15anc" name="sdendnote15sym">15</a> Il problema – e non la soluzione - del potere sarebbe rimasto nel cuore della riflessione foucaultiana per tutti gli anni Settanta. Si veda Stefano Cantucci, op.cit., pag. 87.</div>
</div>
<div id="sdendnote16">
<div align="JUSTIFY" class="sdendnote-MsoNormal" lang="it-IT">
<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote16anc" name="sdendnote16sym">16</a> In merito è sottolineare come questa positività/produttività del potere sia direttamente connessa ad una sua relazione con la libertà. Scrive in merito Judit Revel “…è precisamente nella misura in cui Foucault rende indissociabili potere e libertà –indissociabili non vuol dire uguali, non vuol dire identici e non vuol dire confusi – che si può riconoscere al potere un ruolo che non è soltanto un ruolo repressivo, coercitivo, ma anche produttivo” Judit Revel, <i>Michel Foucault, un’ontologia dell’attualità</i>, Rubettino, Soveria Mannelli 2003, pag. 109.</div>
</div>
<div id="sdendnote17">
<div align="JUSTIFY" class="sdendnote-MsoNormal" lang="it-IT">
<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote17anc" name="sdendnote17sym">17</a> Questa svolta ha le sue origini nel ragionamento sviluppato nell’“Ordine del discorso” (1971), dal quale traspare come “si el poder no fuera mas que represivo, si no hiciera nunca otra cosa que decir que no, no se le obedeceria. Lo que hace que se adepte el poder es simplemente que no pesa solamente como una fuerza que dice no sino que de hecho produce cosas, induce placer, forma saber, produce discursos”. E. Diaz, op.cit., pag. 84. </div>
</div>
<div id="sdendnote18">
<div align="JUSTIFY" class="sdendnote-MsoNormal" lang="it-IT">
<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote18anc" name="sdendnote18sym">18</a> Proprio per questo il potere risulterebbe sparso “dappertutto”, in quanto “proveniente da ogni dove”. S. Catucci, op.cit., pag. 90 </div>
</div>
<div id="sdendnote19">
<div align="JUSTIFY" class="sdendnote-MsoNormal" lang="it-IT">
<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote19anc" name="sdendnote19sym">19</a> M. Foucault, <i>Sorvegliare e Punire</i>…, cit., pag. 30</div>
</div>
<div id="sdendnote20">
<div align="JUSTIFY" class="sdendnote-MsoNormal" lang="it-IT">
<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote20anc" name="sdendnote20sym">20</a> Nel corso degli anni Settanta Foucault sarebbe passato, sulla scia del suo nuovo concetto di “governamentalizzazione” dall’analisi della microfisica del potere a quella della macrofisica del potere. Si veda Lorenzo Bernini, <i>Le Pecore e il Pastore. Critica, politica, etica nel pensiero di Michel Foucault</i>, Liguori, Napoli 2008, pag. 141.</div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote21anc" name="sdendnote21sym">21</a><span lang="en-GB"> In questi termini ne parla Gary Gutting che evidenzia come “the forces that drive our history do not so much operate on our thoughts, our social institutions, or even our enviroment as on our individual bodies…a Foucaultian genealogy, then is a historical causal explanation that is material, multiple and corporeal” G. Gutting, op.cit., pag. 47.</span></div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote22anc" name="sdendnote22sym">22</a>“Para Foucault, o corpo é ao mesmo tempo uma massa, um invólucro, uma superfície que se mantém ao longo da história. Sintetizando, pode-se dizer que, para Foucault, o corpo é um ente, composto por carne, ossos, órgãos e membros, isto é, matéria, literalmente um locus físico e concreto. Essa matéria física não é inerte, sem vida, mas sim uma superfície moldável, transformável, remodelável por técnicas disciplinares e de biopolítica. Com isso, o corpo é um ente – com sua propriedade de “ser” –, que sofre a ação das relações de poder que compõem tecnologias políticas específicas e históricas”. Claudio Lucio Mendes, <i>O corpo em Foucault: superfície de disciplinamento e governo</i>, in “Revista de Ciências Humanas”, Florianópolis, EDUFSC, n. 39, Abril de 2006, pag. 168.</div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote23anc" name="sdendnote23sym">23</a> Ovvero la rappresentazione anatomica – per cui si può anche parlare in Foucault di “anatomia politica” – della microfisica del potere.</div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote24anc" name="sdendnote24sym">24</a> Si veda M. Foucault, <i>Sorvegliare e Punire</i>, op.cit., pag. 29.</div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote25anc" name="sdendnote25sym">25</a> In merito <i>Idem</i>, pag. 33.</div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote26anc" name="sdendnote26sym">26</a> In merito la convinzione di Foucault è la seguente: la “signoria sul corpo” e il “sapere del corpo” (che unite formano la tecnologia politica del corpo, ovvero una determinata reificazione storica del potere-sapere) danno vita ad una serie di processi e di lotte che risultano determinanti per il divenire stesso della conoscenza. In merito non si può non riportare il passo emblematico che segue: “Forse bisogna rinunciare a tutta una tradizione che lascia immaginare che un sapere può esistere solo là dove sono sospesi i rapporti di potere e che il sapere può esistere solo là dove sono sospesi i rapporti di potere…bisogna piuttosto ammettere che il potere produce sapere (e non semplicemente favorendolo perché lo serve, o applicandolo perché è utile); che potere e sapere si implicano direttamente l’un l’altro; che non esiste relazione di potere senza correlativa costituzione di un campo di sapere, né di sapere che non supponga e non costituisca nello stesso tempo relazioni di potere. Questi rapporti potere-sapere non devono essere dunque analizzati a partire da un soggetto di conoscenza che sia libero o no in rapporto al sistema di potere, ma bisogna al contrario considerare che il soggetto che conosce, gli oggetti del conoscere e le modalità della conoscenza sono altrettanti effetti di queste implicazioni fondamentali del potere-sapere e delle loro trasformazioni storiche. In breve, non sarebbe l’attività del soggetto di conoscenza a produrre un sapere utile o ostile al potere, ma, a determinare le forme e i possibili campi della conoscenza sarebbero il potere-sapere, e i processi e le lotte che lo attraversano e da cui è costituito”. <i>Ivi</i>, pag. 31.</div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote27anc" name="sdendnote27sym">27</a> Durante il dibattito con Chomsky del 1971 Foucault affermava: “Invece uno dei compiti che mi pare più urgente , immediato, al di sopra di ogni altro è il seguente: dobbiamo individuare e far emergere, anche quando sono nascoste, tutte le relazioni del potere politico che attualmente controlla il corpo sociale, lo opprime e lo reprime”. <span lang="en-GB">N. Chomsky, M. Foucault, op.cit., pag. 50.</span></div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote28anc" name="sdendnote28sym">28</a><span lang="en-GB">“From the eighteenth century a new set of procedures and operations – technologies – came together around the objectification of the body…Foucault refers to one of these technologies as discipline. Not to be identify with a structure or institution, discipline is a type of power, a modality for its exercise…Disciplinary technology is designed to produce a body which is docile, that is, one can be subjected, used, transformed and improved” Shelley Tremain, </span><span lang="en-GB"><i>On the subject of Impairment</i></span><span lang="en-GB">, in Mairian Corker and Tom Shakespeare (edited by), </span><span lang="en-GB"><i>Disability/Postmodernity: embodying disability theory</i></span><span lang="en-GB">, Continuum, London, 2002, pag. 36. </span>Si veda anche Didier Ottaviani, <i>Foucault-Deleuze: de la discipline au controle</i>, in Emmanuel Da Silva (edité par), <i>Lectures de Michel Foucault. Foucault et la Philosophie</i>, v.II, ENS, Lyon 2003, pp.59-74.</div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote29anc" name="sdendnote29sym">29</a> Esistono più tecniche disciplinari ma tutte hanno “come strategia comune la cura infinitesimale dei dettagli”. S. Cantucci, op.cit., pag. 100.</div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote30anc" name="sdendnote30sym">30</a>“A più riprese, nel corso di interviste e conferenze di quegli anni, Foucault sottolinea l’esigenza di ripensare anche a livello teorico la genealogia di un’istituzione che nel mondo contemporaneo provoca un disagio sempre più generalizzato. Un nuovo Beccaria è forse la figura di cui il nostro presente ha bisogno, proprio perché oggi le stesse prigioni di cui il XIX secolo andava fiero suscitano invece un senso di vergogna che è appunto il segno di un mutamento in atto”. Stefano Catucci, op.cit., pp.92-93 </div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote31anc" name="sdendnote31sym">31</a> Foucault si poneva esplicitamente il compito di criticare questo tipo di istituzioni. Si veda N. Chomsky, M. Foucault, op.cit., pag. 51.</div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote32anc" name="sdendnote32sym">32</a> Puntualmente riportate da Foucault nel capitolo primo di “Sorvegliare e Punire”, all’interno quale vennero fissate le ipotesi della ricerca e le prospettive d’analisi. Foucault era solito concepire i propri lavori come libri-esperienza attraverso i quali trasformava/implementava le proprie ipotesi di partenza al fine di formarsi un pensiero sull’argomento oggetto di ricerca. Si veda in merito Duccio Trombadori, <i>Colloqui con Foucault</i>, Castelvecchi, Roma 1999, p.32.</div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote33anc" name="sdendnote33sym">33</a> Una volta concluso questo lavoro assunse una posizione del tutto particolare nell’ auto-valutazione teorica del suo stesso autore. Foucault, infatti, una volta lo definì “il suo primo libro”. <span lang="en-GB">Si veda in merito José G. Merquior, </span><span lang="en-GB"><i>Foucault</i></span><span lang="en-GB">, University of California Press, Berkley 1987, pag. 86.</span></div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote34anc" name="sdendnote34sym">34</a> Michel Foucault, <i>Sorvegliare e Punire</i>, op.cit, pag. 26.</div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote35anc" name="sdendnote35sym">35</a> Ivi, pp.26-27.</div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote36anc" name="sdendnote36sym">36</a> In merito è da sottolineare l’<i>ouverture</i> del libro caratterizzata dalla spettacolare e terrificante esecuzione di Robert-François Damiens che, nel 1757, aveva attentato alla vita di Luigi XV fallendo il regicidio.</div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote37anc" name="sdendnote37sym">37</a> Si tratta di una pratica che andò scomparendo con una notevole irregolarità tra il XVIII ed il XIX secolo. Si veda in merito Michel Foucault, <i>Sorvegliare e Punire</i>, op.cit., pp. 17-19.</div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote38anc" name="sdendnote38sym">38</a> Ivi, pag. 19.</div>
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<div id="sdendnote39">
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote39anc" name="sdendnote39sym">39</a> I supplizi propriamente detti non costituivano le pene più frequenti. Se la maggior parte delle condanne comportava il bando e l’ammenda è pur vero che “gran parte di queste pene non corporali era accompagnato a titolo accessorio da pene che comportavano una dimensione di supplizio…è non solo nelle grandi e solenni esecuzioni capitali, ma anche in questa forma annessa che il supplizio manifestava la parte significativa che aveva nella penalità: ogni pena un po’ grave doveva portare con sé qualcosa del supplizio”. Michel Foucault, <i>Sorvegliare e Punire</i>, op.cit., pag. 36. </div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote40anc" name="sdendnote40sym">40</a> Ivi</div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote41anc" name="sdendnote41sym">41</a>“Il sospettato, in quanto tale, meritava sempre un certo castigo, non si poteva essere innocentemente oggetto di sospetto. Il sospetto implicava, nello stesso tempo, da parte del giudice un elemento di dimostrazione, da parte del prevenuto il segno di una certa colpevolezza e da parte della punizione una forma limitata di pena”. Ivi, pag. 46.</div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote42anc" name="sdendnote42sym">42</a> Ivi, pag. 51.</div>
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<div id="sdendnote43">
<div align="JUSTIFY" class="sdendnote-MsoNormal" lang="it-IT">
<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote43anc" name="sdendnote43sym">43</a> Foucault dedica pagine interessantissime all’inchiesta ed all’istruttoria penale durante l’Ancien régime. Si veda M. Foucault, <i>Sorvegliare e Punire</i>, op.cit., pp. 38-47.</div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote44anc" name="sdendnote44sym">44</a> Ivi, pag. 46.</div>
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<div align="JUSTIFY" class="sdendnote-MsoNormal" lang="it-IT">
<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote45anc" name="sdendnote45sym">45</a> Ivi</div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote46anc" name="sdendnote46sym">46</a> Ivi, pag. 58.</div>
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<div id="sdendnote47">
<div align="JUSTIFY" class="sdendnote-MsoNormal" lang="it-IT">
<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote47anc" name="sdendnote47sym">47</a> Il re da un lato persegue il torto compiuto nel suo regno e dall’altro si vendica per l’affronto fatto alla sua persona. Si veda M. Foucault, <i>Sorvegliare e Punire</i>, op.cit., pag. 52.</div>
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote48anc" name="sdendnote48sym">48</a> Ivi, pag. 54.</div>
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<div id="sdendnote49">
<div align="JUSTIFY" class="sdendnote-MsoNormal" lang="it-IT">
<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote49anc" name="sdendnote49sym">49</a> Ivi, pag. 61.</div>
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<div id="sdendnote50">
<div align="JUSTIFY" class="sdendnote-MsoNormal" lang="it-IT">
<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote50anc" name="sdendnote50sym">50</a> Ivi, pp.63-64.</div>
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<div id="sdendnote51">
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote51anc" name="sdendnote51sym">51</a> Ivi, pag. 68.</div>
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<div id="sdendnote52">
<div align="JUSTIFY" class="sdendnote-MsoNormal" lang="it-IT">
<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote52anc" name="sdendnote52sym">52</a> Ivi, pag. 91.</div>
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<div align="JUSTIFY" class="sdendnote-MsoNormal" lang="it-IT">
<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote53anc" name="sdendnote53sym">53</a>“Possiamo dire che, nel secolo XVIII, si era progressivamente aperta una crisi dell’illegalismo popolare”. Ivi, pag. 92.</div>
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<div id="sdendnote54">
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote54anc" name="sdendnote54sym">54</a> Ivi, pp.82-83.</div>
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<div align="JUSTIFY" class="sdendnote-MsoNormal" lang="it-IT">
<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote55anc" name="sdendnote55sym">55</a> In merito Foucault si rifà espressamente a Chaunu. Ivi, pag. 83.</div>
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<div id="sdendnote56">
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote56anc" name="sdendnote56sym">56</a> Si veda Michel Foucault, <i>Sorvegliare e Punire</i>, op.cit., pag. 93.</div>
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<div id="sdendnote57">
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote57anc" name="sdendnote57sym">57</a> Ivi, pp. 92-94.</div>
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<div id="sdendnote58">
<div align="JUSTIFY" class="sdendnote-MsoNormal" lang="it-IT">
<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote58anc" name="sdendnote58sym">58</a> Per Foucault i riformatori del XVIII secolo vedono nella violenza del supplizio i pericoli dell’eccesso, in esso “la tirannia…vi fronteggia la rivolta; esse si richiamano l’una all’altra. Doppio pericolo. Bisogna che la giustizia criminale, invece di vendicarsi finalmente punisca”. Ivi, pag. 80.</div>
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<div id="sdendnote59">
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote59anc" name="sdendnote59sym">59</a> Il corsivo è di chi scrive.</div>
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<div id="sdendnote60">
<div align="JUSTIFY" class="sdendnote-MsoNormal" lang="it-IT">
<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote60anc" name="sdendnote60sym">60</a> Ivi, pag. 89.</div>
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<div id="sdendnote61">
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote61anc" name="sdendnote61sym">61</a> Ivi, pp. 95-96.</div>
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<div id="sdendnote62">
<div class="sdendnote-MsoNormal" lang="it-IT">
<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote62anc" name="sdendnote62sym">62</a> Il problema dell’invenzione dell’uomo era già stato affrontato da Foucault nel suo studio “Le parole e le cose”. Si veda in merito Id<i>, Le parole e le cose. Un’archeologia delle scienze umane</i>, Bur, Milano 2006, pag. 413.</div>
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<div id="sdendnote63">
<div align="JUSTIFY" class="sdendnote-MsoNormal" lang="it-IT">
<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote63anc" name="sdendnote63sym">63</a> Michel Foucault, <i>Sorvegliare e Punire</i>, op.cit., pag. 97.</div>
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<div id="sdendnote64">
<div align="JUSTIFY" class="sdendnote-MsoNormal" lang="it-IT">
<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote64anc" name="sdendnote64sym">64</a>“Ciò che è necessario regolare e calcolare sono gli effetti di ritorno del castigo sull’istanza che punisce e sul potere che pretende di esercitare”. Ivi, pag. 100.</div>
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<div id="sdendnote65">
<div align="JUSTIFY" class="sdendnote-MsoNormal" lang="it-IT">
<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote65anc" name="sdendnote65sym">65</a> Ivi</div>
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<div id="sdendnote66">
<div align="JUSTIFY" class="sdendnote-MsoNormal" lang="it-IT">
<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote66anc" name="sdendnote66sym">66</a> I corsivi sono di chi scrive.</div>
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<div id="sdendnote67">
<div align="JUSTIFY" class="sdendnote-MsoNormal" lang="it-IT">
<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote67anc" name="sdendnote67sym">67</a> Ivi, pp. 101-102.</div>
</div>
<div id="sdendnote68">
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<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote68anc" name="sdendnote68sym">68</a> Si veda Michel Foucault, <i>Sorvegliare e punire</i>, op.cit., pag. 112.</div>
</div>
<div id="sdendnote69">
<div align="JUSTIFY" class="sdendnote-MsoNormal" lang="it-IT">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgOl5GsZR2PFuyCMUhYCqMIxArpU4aQnMxNMfPaIH5PlWgRN6sW_dGqiZouSwg-0PtnDu-ou_wBzeA-qNyjVO9uD_NUM2ytILV4W_2_RsNbKHLdLHG0ZIZ2e2EWBpAMRiYLQentFKghJBY/s1600/ark_angel_1300.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="256" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgOl5GsZR2PFuyCMUhYCqMIxArpU4aQnMxNMfPaIH5PlWgRN6sW_dGqiZouSwg-0PtnDu-ou_wBzeA-qNyjVO9uD_NUM2ytILV4W_2_RsNbKHLdLHG0ZIZ2e2EWBpAMRiYLQentFKghJBY/s320/ark_angel_1300.jpg" width="320" /></a></div>
<a class="sdendnotesym" href="http://www.sintesidialettica.it/leggi_articolo.php?AUTH=135&ID=355#sdendnote69anc" name="sdendnote69sym">69</a> Si tratta di un testo di Servan ripreso da Foucault in Id, <i>Sorvegliare e Punire</i>, op.cit., pag. 112.</div>
</div>
</div>
BERTI.GIANhttp://www.blogger.com/profile/02367020598082211162noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8250739166120726750.post-66277362585510561192012-09-09T09:14:00.002+02:002012-09-09T09:14:25.064+02:00Un 8 settembre particolare
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<u><span style="font-size: 10pt; line-height: 115%;"><span style="font-family: Calibri;">Parla un
ventenne d’allora,impiegato all’Ufficio Tecnico della Marina Militare<o:p></o:p></span></span></u></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<u><span style="font-size: 10pt; line-height: 115%;"><span style="font-family: Calibri;">QUELL’8
SETTEMBRE AD ANTIGNANO<o:p></o:p></span></span></u></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<u><span style="font-size: 10pt; line-height: 115%;"><span style="font-family: Calibri;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>La voce registrata di Badoglio.” In noi, tutto
crolla in un attimo”. “La guerra comincia ora”, ci dice un ufficiale<o:p></o:p></span></span></u></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<u><span style="font-size: 10pt; line-height: 115%;"><o:p><span style="text-decoration: none;"><span style="font-family: Calibri;"> </span></span></o:p></span></u></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<u><span style="font-size: 10pt; line-height: 115%;"><span style="font-family: Calibri;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></span></u></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;">
<span style="font-family: Calibri;"><u><span style="font-size: 8pt; line-height: 115%;">LIVORNO</span></u><span style="font-size: 8pt; line-height: 115%;"> -<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>Per andare da Livorno a Pistoia saranno un’ottantina di chilometri.
Oggi, in auto, grazie all’autostrada, ci si può impiegare meno di un’ora. Per
Dario, ventenne impiegato civile e militarizzato all’Ufficio Tecnico delle Armi
Navali ad Antignano, quel giorno ce ne sarebbero volute ben dodici. A Pistoia
risiede la famiglia, non c’è motivo d ’andarla a trovare. E’ sfollata ed una
bocca in meno da sfamare non è poca cosa. In fondo, sta bene a Livorno,
godendosi la propria gioventù. Anche se i compagni sono un po’ qui, un po’ là a
causa della guerra, s’è fatto altri amici, le serate trascorrono spensierate,
compatibilmente con i tempi. Eppure lui, come tanti italiani, non lo sa, né può
immaginarlo, anche se qualche avvisaglia s’ e’ già diffusa: qualcosa di grave
sta per accadere. Sì, perché quell’ 8 settembre 1943 coglie tutti di sorpresa,
quando alle 18,30 il nuovo capo del Governo, generale Badoglio, annuncia la
resa.<o:p></o:p></span></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-size: 8pt; line-height: 115%;"><span style="font-family: Calibri;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>“La voce è sicura –
racconta oggi – e sembra conferire gravità. Dico “sembra” perché più tardi
sapremo che è registrata ed il Re è in fuga.” Sono trascorsi quasi 70 anni, ma
rivivere quei momenti è sempre motivo d’emozione e dolore, perché tutto, ma
proprio tutto, crolla nella mente, nel cuore, nella speranza di trovare un
punto di riferimento. E più sei giovane, più aumenta il senso di vuoto. Il barometro
della situazione lo dà subito il superiore in grado, un capitano di vascello.
“Temo che la guerra stia davvero per cominciare.”<o:p></o:p></span></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-size: 8pt; line-height: 115%;"><span style="font-family: Calibri;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Qualunque età uno
abbia, comprensibili sono smarrimento e paura. “Torniamo ai posti di lavoro, ma
non è più come prima. Attimi soltanto ed il destino cambia la vita. D’istinto
scruto lo sguardo dei colleghi. Vedo occhi smarriti. Poco dopo il comandante
convoca militari e civili. Parla di situazione insostenibile. Dal Comando
Marina non giungono disposizioni per cui, di propria iniziativa, c’invita ad
abbandonare l’ufficio. Teme che i tedeschi giungano da un momento all’altro e
con diverse intenzioni.”<o:p></o:p></span></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-size: 8pt; line-height: 115%;"><span style="font-family: Calibri;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>E’ il caos. “Lo è per
l’anziano impiegato, lo è per noi ragazzi. Sì, perché a vent’anni, guerra o non
guerra, sei e pensi ancora in modo diverso dall’ adulto.” Ciascuno deve
decidere fuori dagli schemi seguiti fino ad allora. “Sono crollati i punti di
riferimento. L’ufficio chiude, lo Stato è in disfacimento e con esso le sue
leggi, ora confuse e contraddittorie. La mia stessa cultura storico – politica
è insufficiente ad affrontare una situazione in cui i valori inculcati dalla
propaganda non valgono più. Tutto sta crollando in me ed attorno a me.”<o:p></o:p></span></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-size: 8pt; line-height: 115%;"><span style="font-family: Calibri;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>“Ho voglia di guardarmi
intorno per non impazzire. C’è ancora un bel sole sul viale d’Antignano, eppure
l’aria che respiro è opprimente. Avverto una minaccia. Passa una moto con due
soldati tedeschi in tuta mimetica e fucile mitragliatore. Se ne vanno. Un fatto
consueto fino a poco prima. Adesso il cuore mi batte in gola.” Ma è la legge
della sopravvivenza o meglio dello stomaco a riportare alla realtà. “Devo
trovare qualcosa da mangiare ed un posto dove dormire. Sì, perché uno dei
motivi per cui mi trovo bene a Livorno è che dormo, col permesso del
Comandante, in un ripostiglio dell’ufficio.” <span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-size: 8pt; line-height: 115%;"><span style="font-family: Calibri;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>La fortuna a volte
cambia. “ Nella piazzetta, nell’unico bar, mi procuro una fetta di “toppone”,
il castagnaccio alto due centimetri, senza pinoli e soprattutto ghiaccio
stecchito. Non posso pretendere di più. Davanti all’ufficio c’è una palazzina
abbandonata. Con un collega scavalchiamo il muro di cinta e trasportiamo due
materassi e la mia bicicletta. Spacchiamo il vetro d’una finestra ed entriamo.
Avrò perso tanti valori in cui credevo quel giorno, almeno mi sono adeguato alla
situazione.” Cala la notte ,il sonno non viene e gli occhi fendono il buio.<o:p></o:p></span></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-size: 8pt; line-height: 115%;"><span style="font-family: Calibri;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Gli interrogativi sono
tanti:” Come distinguere il giusto dall’ingiusto, il bene dal male e,
sopratutto, cosa farò domani? Che comportamento tenere nella vita di ogni
giorno?” Il silenzio è rotto dal passaggio d’ una motocicletta ed il cuore
ricomincia a pulsare forte. Brutto segno. Non c’è più niente di rassicurante. E
mentre pensi ad una cosa, scatta il ricordo di un’altra più importante. “Torno
a casa! ” Non si riflette sul come e quando. L’istintiva sensazione di<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>tranquillità dice d’ aver preso la decisione
migliore. <o:p></o:p></span></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-size: 8pt; line-height: 115%;"><span style="font-family: Calibri;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>“Alle prime luci
dell’alba sono già in piedi, rinfrancato nell’animo e nel corpo. Per la verità,
quel “toppone” va ancora su e giù nello stomaco, ma se<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>non altro ammorbidisce i morsi della fame.
Possedere poi una bicicletta, in quei frangenti, è come vincere alla lotteria.”
Inizia, dunque, il viaggio. “Lascio la palazzina, verso la stazione. Le strade
sono quasi deserte, qualche raro passante e tante, troppe macerie. Ad un
incrocio vedo lontana una pattuglia tedesca. Pedalo, con naturalezza, perché
tornare indietro è pericoloso. Se s’insospettissero, mi prenderebbero .”
Soldati che parlano fra loro e fumano, sono davvero pericolosi? “E’ strano, non
lo so. Il disorientamento nasce dall’ansia <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>di conoscere chi sia l’amico od il nemico.” <o:p></o:p></span></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-size: 8pt; line-height: 115%;"><span style="font-family: Calibri;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>La fortuna cambia,
stavolta in peggio. “Alla stazione, duramente colpita dai bombardamenti, non
c’è treno che parta. Deh! E si comincia benino”, sussurro a me stesso, con
quell’ironia livornese che mi dà la forza antica della mia città. Decido
all’istante. Due vigorose pedalate e via, verso Pisa. Sono venti chilometri, ma
davanti a quello scenario di distruzione è come avere la Torre Pendente<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>a portata di mano. Pedalo con energia, <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>mentre in<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>testa ronzano brutti pensieri<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>e
non alzo gli occhi fino a quando non passo l’Arno.”<o:p></o:p></span></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-size: 8pt; line-height: 115%;"><span style="font-family: Calibri;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ma le disgrazie non
vengono mai sole. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>“A Pisa m’aspetta <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>una brutta sorpresa: la stazione è
letteralmente distrutta. In altre occasioni avrei tirato giù tanti moccoli
quanti non ne avevo tirati nella mia vita. Ed è ancora via, alla volta<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>di Lucca.” Se la strada è per fortuna ancora
in pianura, devo però fare un’altra ventina di chilometri. “E chi se ne frega.
L’importante è levarsi di torno alla svelta. Non si sa mai, i tedeschi avessero
a ripensarci.” <o:p></o:p></span></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-size: 8pt; line-height: 115%;"><span style="font-family: Calibri;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Di pedalata in
pedalata, sorge il problema. “Ho fame, da sentirsi svenire ed il sole picchia.
Sudo copiosamente e non vedo una fontanella. Anche se mi beccassero i tedeschi,
che importanza avrebbe? Avrei chiesto loro dell’acqua, tanto meglio morire
almeno dissetati.”<o:p></o:p></span></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-size: 8pt; line-height: 115%;"><span style="font-family: Calibri;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>E’ una fuga di massa
in quelle ore. “Incontro un gruppo di giovani che camminano a passo svelto, in
fila, lungo il bordo della strada. Sono soldati che si sono in parte liberati
della divisa.” Dunque anche l’esercito è in disfacimento. “E mentre pedalo <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>rifletto al crollo totale d’una intera
struttura che sembrava così fastosamente solida.” Il giudizio di Dario adesso
va a ritroso. “Dopo anni, mi rendo conto di quanto fosse limitata la mia
conoscenza. Lo sguardo non andava oltre un ristretto luogo e tempo.” Giovani in
guerra, ma non ne sapevano nulla.<o:p></o:p></span></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-size: 8pt; line-height: 115%;"><span style="font-family: Calibri;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>“Come potevamo sapere
che tutto era perduto? Che gli americani avevano superato lo stretto di
Messina? Che i tedeschi stavano perdendo la battaglia di Kursk, ultima speranza
di fermare l’avanzata russa?” Il viaggio è lungo, distrae dai pensieri. “ Sono
stanco. Ma avverto l’aria di casa e pedalo più agilmente.” Tornano le domande.
“Mi perdo nel tentativo di conoscere le cause della fragilità del nostro Paese,
gli errori commessi un po’ da tanti, gli inganni perpetrati a danno di gente
che voleva solo vivere in pace, le mistificazioni usate per condizionarci. Quel
10 giugno , a Roma ma anche a Livorno, con le piazze stracolme e la folla
plaudente, è adesso l’immagine della follia.”<o:p></o:p></span></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-size: 8pt; line-height: 115%;"><span style="font-family: Calibri;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>I miracoli non vengono
per caso. Arrivo a san Giuliano, poi Rigoli e Ripafratta. Qui incontro un
sottufficiale della Marina Militare, che ho conosciuto sul lavoro nel porto a
Livorno, anche lui in fuga. Due battute, uno scambio di saluti e d’incitamento(
lui è molto più anziano di me) ed ancora Montuoro. Poi, Lucca. C’è finalmente
un treno che parte alla volta di Pistoia. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>“Carico la biciletta in vettura, mi aiutano
alcuni ex-militari, anche loro in fuga.” E, di necessità, si fa virtù. Quel
giovane impiegato rispettoso delle regole e delle buone maniere di 24 ore
prima, non c’è più. C’è una persona che vuole salvarsi la vita. “Non pago il
biglietto, né chiedo se posso caricare la biciletta. Ci mancherebbe anche
questo. Se passa il controllore gliene dico quattro sulla ghigna. Oh,
quell’omo, ‘un lo vede che spicinio hanno fatto! Per la cronaca giungo a
Pistoia dopo il tramonto. Appena dodici ore di viaggio.”<o:p></o:p></span></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-size: 8pt; line-height: 115%;"><span style="font-family: Calibri;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Dario l’ha narrata d’un
fiato. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ansima, respira profondo cercando
di calmarsi. “Quello che condizionava tutti, era la sensazione della solitudine
e non tanto fisica, quanto del vivere. Tutto permeava di solitudine: il
silenzio delle strade, i rari passanti, quei primi soldati che s’allontanavano,
ognuno verso una propria mèta, in silenzio, frettolosamente. Il mio piccolo
problema esistenziale s’accumunava, si confondeva nel dramma di altri, presi
dall’ansia della scelta e della paura. Come se ognuno fosse costretto ad
affrontare una propria guerra, quella della sopravvivenza. Mai più guerre.”<o:p></o:p></span></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-size: 8pt; line-height: 115%;"><span style="font-family: Calibri;">GIAN UGO BERTI<o:p></o:p></span></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;">
<span style="font-size: 8pt; line-height: 115%;"><span style="font-family: Calibri;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhLNLX-uFfg__xbzqcVhguTq_g8CpPTeZvaVA9JSdsOSNO3unE1FOIyjXzAJfu0TVKVGdmKQxrsAsk6TSgRB8N9nTuR2tIy5ULmM6uWTR8-1-Dy-jwDzIO2EVU8PMegV1A24CY_beV5Zj0/s1600/tuttiaacasa.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="271" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhLNLX-uFfg__xbzqcVhguTq_g8CpPTeZvaVA9JSdsOSNO3unE1FOIyjXzAJfu0TVKVGdmKQxrsAsk6TSgRB8N9nTuR2tIy5ULmM6uWTR8-1-Dy-jwDzIO2EVU8PMegV1A24CY_beV5Zj0/s320/tuttiaacasa.jpg" width="320" /></a></div>
BERTI.GIANhttp://www.blogger.com/profile/02367020598082211162noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8250739166120726750.post-50842355409781307382012-08-06T09:31:00.001+02:002012-08-06T09:31:05.479+02:00Il film della bomba atomica<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="344" src="http://www.youtube.com/embed/1C2_vFU6MGU?fs=1" width="459"></iframe>BERTI.GIANhttp://www.blogger.com/profile/02367020598082211162noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8250739166120726750.post-16714629200183750032012-08-06T08:52:00.001+02:002012-08-06T08:52:24.467+02:00Il processo di Norimberga<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="344" src="http://www.youtube.com/embed/TMHKRtD3Zu4?fs=1" width="459"></iframe>BERTI.GIANhttp://www.blogger.com/profile/02367020598082211162noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8250739166120726750.post-27848453894022223942012-07-29T14:24:00.001+02:002012-07-29T14:26:05.021+02:00<table align="center" border="0">
<tbody>
<tr>
<td colspan="2" valign="top"><div align="right">
<div align="left">
Non farete giustizia, farete vendetta<span style="font-size: medium;"><br />di <i><b>Francesco Saverio Merlino</b></i></span></div>
<div align="left">
<span style="font-size: medium;">La difesa di Gaetano Bresci fatta dal suo avvocato
anarchico, alla Corte d’Assise di Milano: una pagina alta di storia e di
diritto.</span></div>
</div>
</td></tr>
<tr>
<td colspan="2" valign="top"><table align="right" cellpadding="6" cellspacing="0">
<tbody>
<tr>
<td><img height="300" src="http://anarca-bolo.ch/a-rivista/364/img/p114.jpg" width="203" /></td></tr>
<tr>
<td><div align="center">
<span class="Stile14"><strong><span style="font-family: Arial; font-size: xx-small;">Francesco Saverio
Merlino</span></strong></span></div>
</td></tr>
</tbody></table>
<div align="left">
<br />
<strong><span class="Stile13"><span style="font-size: large;">A</span></span>vv. Merlino</strong> – Signor Presidente,
prima di cominciare, io sono costretto di pregarla di voler far prendere nota
nel verbale, che il Rappresentante il P.M., nella sua requisitoria, ha affermato
che il Bresci ebbe un complice, e ha parlato di un telegramma e di atti i quali
si riferiscono precisamente al processo contro i complici del Bresci. Siccome
questa circostanza può avere un’influenza sulla sorte del gravame che noi
interporremo contro una precedente ordinanza di questa Corte, adempio ad un
compito della difesa chiedendo che si prenda nota di essa nel verbale.
<br />
<strong>Presidente</strong> – Sarà fatto.<br />
<strong>Avv. Merlino</strong> – Cittadini giurati! Il cortese saluto che il
Rappresentante del P.M. ha voluto indirizzare non solo al mio collega quale
rappresentante del Foro Milanese, ma anche a me, mi dispensa dal dire troppe
parole per spiegarvi la mia presenza a questo banco. Io non vengo qui a portare
le mie convinzioni politiche: vengo ad adempiere ad un sacro dovere quale è
quello della difesa.<br />
Purtroppo, in certe circostanze, si è corrivi agli
eccessi e alle esagerazioni. E uno degli eccessi, una delle esagerazioni, che si
sono fatte strada in questa circostanza, è che si dovesse fare a meno di tutte
le formalità solite di un giudizio, che si dovesse trasandare alle esigenze
della legge, che quasi non occorresse un difensore, non occorresse dibattimento,
che il giudizio e la condanna dovessero seguire ratti come il fulmine al delitto
(<em>movimento del pubblico</em>).<br />
Ora questa esagerazione è, lasciatemelo
dire, indegna di uomini seri e di un popolo civile (<em>nuovi movimenti nel
pubblico</em>).<br />
Noi dobbiamo serbare in tutte le circostanze, anche nelle più
gravi, la nostra calma e la nostra dignità, e dobbiamo dare al mondo civile la
prova che noi sappiamo rispettare i diritti della giustizia, che sappiamo
assolvere il compito nostro, senza lasciarci sopraffare da sentimenti di odio e
di vendetta, da nessuna passione, che possa velare la nostra mente e fuorviare
il nostro giudizio.<br />
Purtroppo l’intromissione di passioni estranee nella
causa presente si è rivelata, anche nella requisitoria che or ora avete
udita.<br />
Imperocché il Procuratore Generale ha creduto di dovervi dire che la
vostra indulgenza sarebbe una nota stridente nel plebiscito italiano di dolore.
Egli ha creduto di dover alludere ad altri precedenti simili processi, e qua e
là ha dato a divedere una certa preoccupazione d’indole politica.<br />
Voi dovete
scacciare queste preoccupazioni dagli animi vostri: voi dovete amministrare
giustizia con calma e serenità. E quella stessa moderazione che a noi ci veniva
raccomandata dal banco dell’accusa, io oso raccomandarla a voi.<br />
Imperocché
non crediate che coi verdetti eccessivi, con le condanne atroci si reprima il
delitto. Noi abbiamo la prova del contrario, appunto nei fatti precedenti
all’attuale, ai quali ha alluso il P.M. No! I gravi delitti non trovano un freno
nella repressione. Certi gravi delitti, come l’attuale, rispondono a gravi
problemi sociali (<em>movimenti nel pubblico</em>).<br />
E questi problemi sociali
devono essere studiati e risoluti con amore, con coscienza da tutti i buoni
cittadini. No, non è la pena grave che cada sopra costui che possa trattenere
altri disposti a sacrificare la propria esistenza, per un’idea anche errata che
sia nella loro mente, dal compiere i loro propositi; ed è una pericolosa
illusione il credere come noi facciamo, che colpendo severamente un reato, noi
ne impediamo altri. Pericolosa illusione perché essa ci distoglie dall’avvisare
ai veri rimedi dei mali sociali che ci travagliano e che nel delitto si
rivelano.<br />
Il P.M. ha detto che egli non sarebbe entrato nella discussione
delle teorie anarchiche; ciò non di meno egli ha fatto delle affermazioni che io
non posso lasciar passare, per le conseguenze che egli ne ha tratte, e che anche
voi potrete trarne nei riguardi del vostro verdetto. <br />
Egli ha detto che il
delitto d’oggi è il delitto dell’<em>anarchia</em>, che il cammino dell’anarchia
è tracciato da atroci misfatti, che colui il quale fu il capo, l’ispiratore, il
maestro dell’anarchismo aveva un solo scopo: la distruzione; che il partito
anarchico si può paragonare alla setta degli <em>ascisci</em>, capitanata dal
Vecchio della Montagna; che Paterson è addirittura la cittadella degli
anarchici; che ivi si tengono pubbliche conferenze ove discutesi il <em>fatto
individuale</em>, che vi si pubblica un giornale intitolato “L’Aurora” e che in
questo giornale si fa apertamente l’apologia del regicidio.<br />
Ora, tutte queste
affermazioni non sono confortate da prova alcuna e non rispondono al vero.<br />
Il
regicidio non è, non può essere un principio anarchico. Ammazzare un uomo, sia
un re, sia un capo di governo, sia un avversario qualsiasi, non può risolvere
nessun problema sociale. <br />
Il regicidio, prima, e molto prima che fosse
praticato dagli anarchici, e notate bene, da alcuni anarchici soltanto (or ora
vi dirò le ragioni per cui questi anarchici ricorrono a questo mezzo di lotta),
il regicidio, prima ancora che dagli anarchici, è stato praticato da tutti gli
altri partiti politici.<br />
Voi conoscete la storia meglio di me, e non ho
bisogno di ricordarvi che al regicidio hanno ricorso i monarchici contro i capi
di governo repubblicano, i repubblicani contro i capi di governo monarchico, i
cattolici contro i protestanti, i protestanti contro i cattolici: al regicidio
hanno ricorso le sette le quali intendevano a un qualsiasi fine politico; il
regicidio è stato in certe circostanze considerato, bene o male, come un atto di
buona guerra. Esso non è un’invenzione degli anarchici, è un’idea che ricorre
alla mente di uomini che lottano contro un dato ordine sociale, che si illudono
di poter colpire quest’ordine sociale in colui che esteriormente lo
rappresenta.<br />
Io non voglio allungare questa discussione, leggendovi per
intero un discorso di un deputato italiano pronunciato in pieno Parlamento
Subalpino nel 1858, all’indomani del tentato regicidio contro Napoleone III da
parte di Felice Orsini. Quel deputato era il Brofferio. Egli pronunciò quel suo
discorso (che è una vera apologia del regicidio) fra gli applausi di un buon
numero dei suoi colleghi.<br />
E citò tutti coloro i quali nella storia hanno
fatto l’apologia del regicidio. E sapete chi citò? Citò gente di tutte le
condizioni sociali, scrittori, politici, poeti, perfino padri della chiesa: citò
la Bibbia, dove Giuditta è glorificata per aver ucciso Oloferne, citò Cicerone…
E infine a queste citazioni si trova nel discorso la dichiarazione fatta dal
Brofferio della propria opinione intorno al regicidio. La quale è questa: “Ben
più seria querela – dice Brofferio – muoverei all’on. Della Margherita. Voi
udite, o signori, le sue parole sopra Felice Orsini. Felice Orsini ha potuto
trovare a Parigi un francese che con nobili accenti ha evocato, prima di morire,
sopra il suo capo le simpatie dell’Europa.” Felice Orsini aveva tentato alla
vita di Napoleone III e Brofferio dice che il suo difensore Jules Favre, con
nobili accenti, aveva chiamato sul suo capo le simpatie dell’Europa. “E si
doveva – aggiunge il Brofferio – in un Parlamento italiano, trovare un italiano
che ai piedi del patibolo lo chiamasse un malfattore!” Brofferio negava che
Felice Orsini fosse un malfattore.<br />
E dopo ciò, verrete voi a dirmi che sono
gli anarchici che hanno inventato il regicidio?<br />
È vero, alcuni anarchici
hanno attentato alla vita dell’uno o dell’altro capo di Stato. E noi
continuamente ci poniamo questo problema: “Come è che costoro sono anarchici, ma
più particolarmente anarchici italiani, e ancor più particolarmente anarchici
italiani emigrati dal loro paese?” I principi anarchici sono gli stessi, siano
essi professati da inglesi, tedeschi, francesi, o da italiani: ciò non di meno
noi vediamo questa grande differenza: gli anarchici degli altri paesi non
ricorrono al regicidio: vi ricorrono i soli italiani.<br />
Qui è necessario che
noi ricorriamo alle cagioni di questi fatti, perché da esse noi potremo trarre
gli elementi per un giudizio più equo, meno esagerato, anche nei riguardi
dell’attuale accusato..<br />
Per taluni la spiegazione è semplice. Gli anarchici
italiani sono sanguinari più degli anarchici appartenenti alle altre nazioni,
per la stessa ragione per la quale in Italia si commette un maggior numero di
omicidi che non negli altri paesi. <br />
Questa spiegazione non mi persuade. È
vero che nel nostro paese si commettono, disgraziatamente, più omicidi che non
negli altri paesi; ma sono omicidi di impeto, passionali, mentre quelli
premeditati, i grandi delitti, i grandi assassini sono forse più frequenti in
altri paesi che non da noi; certamente più in Francia che non in Italia.<br />
Ora
noi siamo precisamente nel caso di un omicidio non passionale, ma premeditato,
nel caso, se mi è permessa l’espressione, del grande delitto.<br />
Una seconda
spiegazione che da taluno si dà, è stata anche accennata dall’attuale accusato:
il disagio economico dei nostri operai, disagio che li inasprisce, li eccita e
li conduce ad atti di ribellione.<br />
Ora io mi permetto di non convenire neppure
in questo. Non ascrivo fra le cause di questo reato il disagio economico degli
operai, per la semplice ragione che operai i quali versino in tristissime
condizioni ve ne sono pur troppi in altri paesi; operai emigranti più poveri
degli Italiani sono gli Ungheresi, gli Scandinavi, i Cinesi, gli Irlandesi, che
pure si incontrano nei paesi di grande immigrazione come gli Stati Uniti. Non si
spiegherebbe come fra tutti questi operai di diversi paesi, i quali si trovano
tutti in grande disagio economico, semplicemente agli italiani venga in mente di
ricorrere a questo mezzo per reagire contro le proprie tristi condizioni
economiche.<br />
Queste ragioni quindi non spiegano il fatto, e il problema
sussiste. <br />
Ve ne sono altre, le quali ci danno la chiave dell’enigma, e a me
corre il debito di dirle.<br />
Avanti tutto, per parlare particolarmente del
regicidio, dobbiamo tenere in considerazione due fattori: lo storico e il
politico. Il fattore storico è questo: in Italia sopravvivono ancora le
tradizioni dei diversi governi assoluti, quindi la tendenza nella popolazione,
di personificare il governo dello Stato nel Re: noi italiani non abbiamo ancora
l’educazione politica degli altri popoli: non comprendiamo quanto sia complicato
l’ingranaggio sociale: abbiamo bisogno di semplificare la nostra concezione
dello Stato e lo Stato lo vediamo nel capo di esso. Quindi se altri ha bisogno
di un soccorso, crede opportuno di rivolgersi alla munificenza reale: se altri
riceve un torto, ragiona e dice che alla fine dei conti l’autore primo e
principale di questo torto deve essere il capo dello Stato.<br />
E questo
convincimento, che ci viene dalla tradizione, è purtroppo confortato da una
propaganda che giorno per giorno si va facendo per il ritorno ad aboliti regimi
di governo: la propaganda assolutista… (<em>Movimenti dell’uditorio</em>) … di
cui si fa eco una certa stampa, e che non incontra da parte dell’autorità
giudiziaria, nessuna repressione. Nei giornali voi leggete spesse volte frasi di
questo genere: <em>Quanto sarebbe bene che il Re mandasse a casa i deputati e
governasse lui solo!</em><br />
Quale altro effetto possono produrre nella mente
delle persone non molto istruite queste affermazioni se non quello di
confermarle nel pregiudizio che il Re, volendo, possa egli solo provvedere a
tutte le faccende del bel paese d’Italia, regolandole tutte secondo un principio
ideale di equità e di giustizia che valga a rimuovere ogni ragione di
lamento?<br />
È la propaganda assolutista quella che ha contribuito a rafforzare
la persuasione che il Re debba rispondere di tutti i mali che soffrono le
popolazioni (<em>movimenti</em>).<br />
A questo bisogna aggiungere un altro fatto
importantissimo, e voi vedrete e direte nel vostro verdetto se effettivamente
l’errore che è nella mente di colui (<em>accennando all’accusato</em>) sia
imputabile soltanto a lui o lo sia anche ad altri, e direi quasi
all’universalità dei cittadini d’Italia (<em>agitazione
nell’uditorio</em>).<br />
E questo altro fatto è che noi effettivamente abbiamo
attraversato un periodo acuto della nostra vita politica.<br />
Vi è stato un
momento in cui, come diceva l’imputato, pareva che le nostre libertà fossero in
pericolo; pareva che la gran legge dello Stato fosse solo la salvezza del
Governo: fu proclamato che per una ragione suprema di necessità e di difesa
della propria esistenza, il Governo avesse il diritto di manomettere le leggi,
di violare lo Statuto, di creare tribunali straordinari, di mettere stati
d’assedio e fare tutto quello che venisse in mente al Presidente del Consiglio
dei Ministri. (<em>L’agitazione nel pubblico va crescendo</em>). <br />
Noi siamo
usciti fuori del terreno delle libertà, abbiamo ricorso alle violenze; sì! Il
Governo ricorse alla violenza; e non dovete meravigliarvi se l’esempio della
violenza, venendo dall’alto, provocasse una reazione al basso della società, se
c’è stato chi ha creduto a un’altra necessità, a quella cioè di opporre alla
violenza del Governo la violenza privata. (<em>Segni mal repressi di
disapprovazione nel pubblico</em>).<br />
<img height="400" src="http://anarca-bolo.ch/a-rivista/364/img/p115.jpg" width="283" /><br />
<strong>Procuratore generale</strong> – Mi pare che questo…<br />
<strong>Avv. Merlino</strong> – Questo è il fattore politico della
delinquenza anarchica in Italia. Ma un’altra ragione più speciale, deve essere
addotta in difesa dell’accusato: il trattamento che è stato fatto agli anarchici
nel nostro paese. Perché, notatelo bene, o signori giurati, per quanto si
vogliano dipingere a foschi colori i principi degli anarchici, ciò non pertanto
in Inghilterra ognuno è libero d’esporre le sue teorie, di tenere quelle
conferenze cui accennava il P.M., e la polizia non interviene. E in Inghilterra
non accadono attentati anarchici, come da noi.<br />
Da noi, invece, si è stabilito
in principio, che l’anarchico non ha il diritto né di pubblicare giornali, né di
parlare in pubblico, né di esporre in modo alcuno le proprie convinzioni, né di
costituirsi in associazione con i suoi compagni di fede, gli anarchici non hanno
il diritto di esistere come partito, e come individui sono perseguitati quali
belve feroci dalla polizia, che crede… (<em>viva agitazione nel
pubblico</em>).<br />
<strong>Presidente</strong> – Avvocato, veda di mantenersi strettamente nei
limiti della causa (<em>approvazioni vivissime nel pubblico… tentativi di
applausi</em>).<br />
<strong>Avv. Merlino</strong> (<em>concitato</em>) – Io faccio appello alla
civiltà…<br />
<strong>Presidente</strong> – Avverto il pubblico che non sono permessi segni
di approvazione e di disapprovazione, e che, rinnovandosi, farò sgombrare
immediatamente la sala, e si procederà a porte chiuse.<br />
<strong>Avv. Merlino</strong> – Signor Presidente. Io credo di essere
precisamente nei limiti della causa, quando rispondo alle argomentazioni del
rappresentante l’accusa. Il P.M. ha parlato di una cittadella di anarchici,
Paterson: io posso spiegarvi coi documenti alla mano, come essa sia formata. In
Italia, e propriamente ad Ancona, si pubblicava un giornale intitolato
“L’Agitazione”, e direttore o redattore capo ne era un uomo che voi tutti
conoscete di nome e di cui si è fatta anche parola in questo processo: Errico
Malatesta. Ebbene, in questo giornale – e ne ho qui i numeri, che posso passare
al rappresentante l’accusa (anche perché il problema è gravissimo e merita di
essere studiato sotto molti riguardi, non solo in quelli del processo attuale) –
in questo giornale il Malatesta diceva espressamente: noi anarchici non
domandiamo che di poter fare la nostra propaganda nei limiti che ci sono
consentiti dalla legge: di poterci costituire in associazione e di poter
partecipare ai tentativi che fanno le classi operaie per il miglioramento delle
loro condizioni economiche e di essere rispettati come tutti gli altri partiti
politici nell’esercizio delle pubbliche libertà.<br />
Sapete come si rispose alla
propaganda strettamente pacifica del Malatesta e dei suoi compagni in Ancona? Si
rispose con un processo per associazione a delinquere; e quando i magistrati di
Ancona, in prima istanza, e poi in grado di appello, assolvettero gl’imputati
dichiarando fra le altre cose che risultava luminosamente provata la loro
<em>alta</em> moralità, il Governo non si peritò di mandarli a prendere e
confinarli nelle isole! <br />
Il Malatesta dovette arrischiare la vita per
riacquistare la sua libertà, e si recò poi a Londra, poi a Paterson. <br />
Io sono
convinto che egli non ha fatto l’apologia del regicidio; ma nello stesso tempo
credo bene che egli non avrà cantato le lodi del governo italiano. Ecco come si
spiega la cittadella degli anarchici. <br />
<strong>Presidente</strong> – La prego nuovamente, avvocato: venga alla
causa.<br />
<strong>Avv. Merlino</strong> – Questa è la causa.<br />
<strong>Presidente</strong> – No, non è la causa.<br />
<strong>Avv. Merlino</strong> – Con le sue persecuzioni la polizia spinge
alcuni di questi anarchici, i più impulsivi, a reagire: li caccia dal proprio
paese; toglie a essi i mezzi di lottare nel campo politico e legale e crea loro
un ambiente…<br />
<strong>Presidente</strong> – Io non posso lasciarla continuare di questo
passo: venga alla parte legale della causa e veda di stringere e possibilmente
di conchiudere.<br />
<strong>Avv. Merlino</strong> – La parte legale della causa è precisamente
questa: l’ambiente artificiale a cui ha accennato il P.M. nel quale questa gente
è costretta a vivere.<br />
<strong>Pubblico Ministero</strong> – Io non ho parlato di questo! Ho detto:
la difesa potrà dire che l’ambiente di Paterson abbia potuto contribuire a
demoralizzare l’accusato…<br />
<strong>Avv. Merlino</strong> – La mia tesi difensiva è legatissima ed è
questa: noi tutti oramai conosciamo che il delitto collettivo va misurato a una
stregua diversa del delitto individuale. Si è parlato molto del delitto della
folla e ci sono non solo autori, ma anche sentenze di magistrati, le quali
ritengono che il delitto commesso in una folla abbia in questo stesso fatto
un’attenuante. Ma, se io vi dimostro che effettivamente vi è un ambiente
artificiale, nel quale questi anarchici si trovano insieme, stretti da una
comune persecuzione, e vi si esaltano a vicenda e qualcuno di essi viene a
propositi di questo genere, io dico: voi non potete essere severi con costui,
perché se riandate le cause del suo delitto, la causa, la causa prima la
rinverrete nell’azione di coloro che, avversando le sue idee, gli hanno negato
il diritto che deve essere riconosciuto a ogni cittadino di professare i
principi, che crede giusti, di lottare per l’attuazione pacifica dei propri
ideali. (<em>Rumori nel pubblico</em>)<br />
<strong>Presidente</strong> – Avvocato, non si fermi d’avvantaggio su queste
argomentazioni. La prego un’altra volta di venire alla conclusione.<br />
<strong>Avv. Merlino </strong>– Signor Presidente, io credo di dovervi
insistere.<br />
<strong>Presidente</strong> – Ella non ha il diritto di insistere. Ella non
può venir qui ad accusare: non può venir qui a far della propaganda.<br />
<strong>Avv. Merlino</strong> – Io sono nella causa, io non faccio
propaganda. Ella vede che non ho discussi i principi.<br />
<strong>Presidente</strong> – Se non sarà propaganda sarà apologia. Ella su
certe argomentazioni si ferma un po’ troppo e con troppa passione; quindi veda
di trattare la causa nei limiti strettamente necessari alla difesa
dell’accusato. (<em>Approvazioni vivissime e mal represse da parte del
pubblico</em>)<br />
<strong>Avv. Merlino</strong> – La troppa passione è segno della profondità
della mia convinzione.<br />
<strong>Presidente</strong> – E sia; ma si tenga strettamente alla causa.<br />
<strong>Avv. Merlino</strong> – Del resto mi permetto di osservare che questa
tesi fu anche sostenuta dinanzi alla Corte d’Assise di Napoli dall’illustre avv.
Tarantini, in un processo perfettamente identico.<br />
<strong>Procuratore Generale</strong> – Il Tarantini sostenne proprio il
contrario.<br />
<strong>Avv. Merlino</strong> – Precisamente: ciò nondimeno io ho ragione di
invocare il suo esempio… E spiego subito questa apparente contraddizione. Anche
l’illustre avvocato napoletano sostenne che dal fatto bisognasse rimontare alla
causa; se non che rinveniva la causa del regicidio nella troppa libertà e nella
troppa istruzione, e io ritengo invece nella poca o nessuna libertà lasciata ad
alcuni cittadini e ad alcuni partiti. Dunque, se era nei limiti della causa
l’avv. Tarantini, mi pare di esservi anch’io.<br />
<strong>Presidente</strong> – Al contrario.<br />
<strong>Avv. Merlino</strong> – Signor Presidente, signori Giurati; che cosa
è il delitto politico? È l’insorgere che un individuo o pochi individui fanno
contro il regime di cose esistente. E io sono il primo a riconoscere (in ciò
discorde dall’opinione di ben noti autori), che il delitto politico abbia in sé
un vero contenuto morale; perché non si ha il diritto di insorgere contro la
volontà della maggioranza della nazione e di imporle un mutamento di regime con
la violenza. Questo deve essere riconosciuto in qualunque regime politico, anche
domani, se ne avessimo un altro, puta caso, il socialista. È necessario che
coloro i quali hanno opinioni contrarie al vigente ordinamento dello Stato
facciano valere le loro opinioni per mezzo della propaganda pacifica, finché
quelle opinioni guadagnino il consenso universale e si impongano. Questo però
importa, che si consenta una tale propaganda. Per impedire il delitto non vi è
che un solo metodo: libertà per tutte le opinioni. Quando negate libertà a certe
opinioni, quando voi maggioranza commettete abusi e ingiustizie, allora
necessariamente, inducete la minoranza a uscire anch’essa dal terreno della
legalità, a violare in voi quella libertà che voi violate in essa.<br />
<strong>Presidente</strong> – Signor avvocato: qui non vi sono abusi né
violenze di sorta. Veda di attenersi alla causa, di stringere gli argomenti, di
abbandonare certe sue teorie; le potrà spiegare in altra sede. Qui deve trattare
legalmente la causa, lasciando da parte certe teorie elastiche.<br />
<strong>Avv. Merlino</strong> (<em>concitato</em>) – Lei, signor Presidente,
non ha interrotto il P.M. quando anch’egli ha accennato a teorie…<br />
<strong>Presidente</strong> – Il P.M. non ha mai esorbitato.<br />
<strong>Procuratore Generale</strong> – Io ho parlato di fatti, non di
teorie!<br />
<strong>Avv. Merlino</strong> – E di fatti sto parlando anch’io.<br />
<strong>Procuratore Generale</strong> – Lei mi viene a ragionare del delitto
politico, e mi viene a confondere il delitto politico con l’assassinio del
Re!<br />
<strong>Avv. Merlino</strong> – Precisamente, “si tratta di un assassinio
politico”.<br />
<strong>Procuratore Generale</strong> – Uccidere un uomo è sempre un
assassinio. (<em>Benissimo! Approvazioni vivissime da parte del pubblico… Rumori
mal repressi</em>).<br />
<strong>Presidente</strong> – Facciamo silenzio… La prego un’altra volta,
avvocato, di stringere e di conchiudere. Ella ha parlato abbastanza su questa
questione. Venga alla parte legale, se crede, e poi conchiuda: altrimenti io
sarò obbligato di richiamarlo un’altra volta all’ordine e di ricorrere ad altri
provvedimenti che lei conosce.<br />
<strong>Avv. Merlino</strong> (<em>eccitatissimo</em>) – Prima che il
Presidente venga a questo provvedimento, desidero che sia inserita a verbale la
mia tesi.<br />
<strong>Procuratore Generale</strong> – Crede che non sia morale, secondo
lui, ma ha sostenuto la giustificazione del delitto politico! Lo chiedo anch’io
che lo si inserisca a verbale.<br />
<strong>Presidente</strong> – S’inserisca a verbale che l’Avv. Merlino tratta
lungamente di teorie intese a giustificare il delitto politico, e che il
Presidente lo richiama all’ordine per la seconda e per la terza volta.<br />
<strong>Avv. Merlino</strong> – Prego che s’inserisca. <br />
L’Avv. Merlino
chiede, fa istanza perché sia inserito a verbale che egli sostiene questa tesi:
che fra le cause del delitto attribuito al Bresci vi sono cause di indole
generale e che queste cause d’indole generale debbono essere tenute in
considerazione nel misurare la responsabilità da attribuirsi al Bresci
medesimo.<br />
<strong>Presidente</strong> – Si dia atto all’Avv. Merlino di questa sua
dichiarazione e poi basta.<br />
<strong>Avv. Merlino</strong> – Come voi vedete mi è impossibile di svolgere
il concetto che io avevo tentato di far penetrare nelle vostre menti, vale a
dire che voi dovete in questa causa tener conto di tutti i fattori i quali hanno
potuto determinare il Bresci a commettere il regicidio; pur essendo la mia tesi
perfettamente legale, mi è vietato di svolgerla, perché necessariamente alcune
mie frasi hanno urtato le convinzioni del P.M. <br />
Non mi rimane dunque che
conchiudere. <br />
Noi dobbiamo distinguere due cose perfettamente diverse; la
vendetta dalla giustizia. <br />
La vendetta è una semplice ritorsione
dell’ingiuria, la giustizia è una riaffermazione del diritto mediante l’esame
calmo, freddo, rigoroso e minuto di tutte le responsabilità. <br />
Ora in questa
causa viene continuamente in conflitto il sentimento della vendetta col
sentimento della giustizia. Forse questo eccede in tutte le cause, ma un po’ più
in questa l’idea corre alla necessità di vendicare in modo esemplare il delitto.
<br />
Ma voi dovete preservarvi da questa influenza, voi dovete essere
compenetrati del vostro dovere di rendere puramente e semplicemente giustizia.
<br />
Se si dovesse fare vendetta, oh! Allora certamente non ci sarebbe stato
bisogno della solennità di questo dibattimento. <br />
Se si dovesse fare vendetta,
oh! Allora sarebbe giustificato che oltre al Bresci si siano colpiti anche il
fratello, il cognato, gli amici, i correligionari, gli abitanti del suo paese
nativo, che siano fatti arresti in massa per l’Italia (<em>rumori vivissimi…
agitazione crescente nel pubblico</em>), e si fabbrichino processi per
associazione di malfattori contro persone innocenti…<br />
<strong>Presidente</strong> (<em>vivamente</em>) – Ma questo non si fa in
Italia.<br />
<strong>Avv. Merlino</strong> – Questa è vendetta. Ma voi dovete fare
giustizia in questo senso: che voi dovete assegnare a costui la sua vera
responsabilità. <br />
Egli è colpevole, sì; ha commesso un delitto, non lo nego, e
deve farne l’espiazione. Ma dati i suoi precedenti, date le cause che brevemente
v’ho esposte, date tutte l’influenze che hanno agito sull’animo di lui, gli
negherete voi quello che tante volte avete concesso anche ai parricidi, anche ad
accusati che non avevano i suoi buoni precedenti, non erano stati trascinati da
una erronea idea politica, anche a individui a delinquere nati, a uomini
perversi i quali, se avessero potuto avere ancora un’ora di libertà, avrebbero
commesso altri atroci delitti? <br />
Di qui non si esce: o voi applicate a costui
i principi del diritto comune, della giustizia ordinaria e non dovete fare sì
che gli sia inflitta la massima delle pene non inferiore a quella tale pena di
morte, della cui abolizione si mena vanto, anzi molto più barbara e crudele
perché è un’agonia perpetua. <br />
Se, invece, il vostro verdetto sarà quale lo
chiede il P.M. non farete giustizia, farete vendetta, farete cosa non degna di
un popolo civile. (<em>Movimenti diversi</em>). <br />
<div align="right">
<img height="10" src="http://anarca-bolo.ch/a-rivista/364/img/quadrino.gif" width="10" />
<strong><i>Francesco Saverio Merlino</i></strong>
</div>
</div>
</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<div align="center">
</div>
<br />
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<a href="http://anarca-bolo.ch/a-rivista/364/111.htm"><img border="0" height="32" src="http://anarca-bolo.ch/a-rivista/img/redppage.gif" width="32" /></a><a href="http://anarca-bolo.ch/a-rivista/364/index.htm"><img border="0" height="32" src="http://anarca-bolo.ch/a-rivista/img/redindex.gif" width="32" /></a><a href="http://anarca-bolo.ch/a-rivista/364/119.htm"><img border="0" height="32" src="http://anarca-bolo.ch/a-rivista/img/rednpage.gif" width="32" /></a>
</div>
<div align="center">
</div>BERTI.GIANhttp://www.blogger.com/profile/02367020598082211162noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8250739166120726750.post-74401879865986312382012-07-22T15:07:00.001+02:002012-07-22T15:07:28.749+02:00Storia - Lo sbarco in Sicilia, l'inizio della fine del nazifascismo (194...<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="344" src="http://www.youtube.com/embed/RmWGWJlovwA?fs=1" width="459"></iframe>BERTI.GIANhttp://www.blogger.com/profile/02367020598082211162noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8250739166120726750.post-14624195003812519542012-07-18T09:32:00.002+02:002012-07-18T09:32:29.719+02:00Alessandro (non troppo) Magno<h3>
Alessandro (non troppo) Magno <br />più barbaro dei barbari</h3>
<h3>
</h3>
<div class="immagine_girata">
<div class="news-single-img">
<img alt="" border="0" height="250" src="http://www3.lastampa.it/cultura/sezioni/articolo/lstp/462790/fileadmin/media/cultura/alessandro-magno.jpg" title="" width="330" /><div class="news-single-imgcaption" style="width: 330px;">
Alessandro Magno nella battaglia di Isso</div>
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</div>
</div>
<h2 class="catenaccio">
Dalla Scozia un professore (di origine iraniana) rovescia il mito del condottiero civilizzatore: in Persia si macchiò di malvagità gratuite</h2>
<div class="autore-girata">
VITTORIO SABADIN</div>
<div class="luogo-girata">
</div>
<div class="bodytext">
Persepoli era l’agglomerato urbano più grande e più bello del mondo quando Alessandro Magno arrivò davanti alle sue mura nel 330 avanti Cristo. Non ci fu bisogno di combattere per conquistarlo: un anno prima il re persiano Dario era stato sconfitto a Gaugamela e nessuno cercava più di opporsi all’esercito macedone. Alessandro si fermò davanti alla grande Porta delle Nazioni fatta erigere da Serse, ammirò le 72 colonne che reggevano l’Apadana realizzata da Dario il Grande e l’infinita sequenza di finissimi bassorilievi che la adornavano. In Grecia non c’erano costruzioni che potessero essere paragonate allo splendore di quei palazzi reali, alla imponente scalinata del Tripylon che aveva al suo culmine tre porte, una delle quali segreta, che si apriva sull’harem.<br /><br />Alessandro arrivò alla Sala del Trono e immaginò il deferente omaggio delle nazioni sottomesse a Dario, così come era raffigurato nei bassorilievi della processione di Capodanno: gli abitanti di Susa e poi gli Armeni, i Lidi e i Sodghiani, gli Indiani e i Babilonesi, i Parti e i Bactriani ogni 21 marzo portavano ricchi doni al Re dei Re. Furono necessari 20.000 muli e 5.000 cammelli per svuotare la camera del tesoro dal suo contenuto.<br /><br />Tre mesi dopo un incendio, ordinato o causato da Alessandro, distrusse la più maestosa città che l’uomo avesse costruito: crollarono i muri, le statue, le colonne; si fusero le lamine d’oro che ancora ricoprivano le statue e il trono, e di Persepoli restarono solo le rovine che ancora resistono a 50 chilometri dalla città di Shiraz, in Iran. Per i libri di storia occidentali, figli della cultura ellenistica, l’incendio fu la giusta vendetta per le ferite che Serse aveva inferto al mondo: l’incendio di Efeso, i santuari devastati ad Atene, le distruzioni a Babilonia. Finalmente, un conquistatore che agiva in nome della superiorità della cultura greca aveva fatto giustizia.<br /><br />Ma il professor Ali Ansari, direttore dell’Istituto di Studi Iraniani all’Università di St Andrews in Scozia, ritiene che sia giunto il momento di raccontare un’altra storia, quella vista dalla parte dei persiani sconfitti. «Se andate a visitare le rovine di Persepoli - ha scritto in un saggio che ha causato qualche polemica - le guide vi spiegheranno che la città fu fondata nel 500 avanti Cristo da Dario il Grande, che fu ampliata e abbellita da suo figlio Serse e distrutta da quell’uomo, quel barbaro, Alessandro Magno».<br /><br />Secondo il prof. Ansari - guarda caso, di origine iraniana - la cultura occidentale ha infuso l’idea che i persiani esistessero per essere conquistati da Alessandro, il portatore della civiltà. Ma la civiltà che lui annientò non era inferiore a quella nel nome della quale agiva. «Alessandro si comportò come i barbari che invasero Roma, che venivano ad ammirare quello che conquistavano, al punto che volle assumere lo stesso titolo di Re dei Re dei sovrani che aveva sconfitto».<br /><br />Visto con occhi persiani, Alessandro è tutt’altro che «Magno». Bruciò Persepoli al termine di una notte di eccessi, cominciata come tante con una cena assieme ai suoi generali, continuata con la recitazione di poesie e di brani di Euripide, e terminata nell’ebbrezza, in compagnia di cortigiane e suonatori. A un certo punto, lo stesso Alessandro propose di formare una processione in onore di Dioniso, il dio dell’estasi, e tutti lo seguirono barcollanti portando una fiaccola. Dopo pochi minuti, la Sala delle Udienze e quella del Trono erano avvolte dalle fiamme.<br /><br />Ma nelle malvagità gratuite che gli vengono imputate non c’è solo questa. I persiani lo condannano anche per la sistematica distruzione dei simboli dello zoroastrismo, l’attacco ai templi e la persecuzione dei sacerdoti della religione, i magi. «L’influenza della cultura e della lingua greche - sostiene il prof. Ansari con qualche evidente riferimento a situazioni contemporanee - ha contribuito a diffondere in Occidente la convinzione che l’invasione di Alessandro sia stata la prima di molte crociate destinate a portare la cultura e la civiltà nel barbaro Est. In realtà l’impero persiano andava conquistato non perché avesse bisogno di essere civilizzato, ma perché era il più grande impero che il mondo avesse visto fino a quel momento e si estendeva dall’Asia Centrale alla Libia. La Persia era un enorme, ricco bottino».<br /><br />Nell’ <i>Anabasi di Alessandro</i> lo storico greco Lucio Flavio Arriano cita un discorso del condottiero macedone diretto a Dario che sembra senza tempo: i vostri antenati invasero la Macedonia, ora voglio vendicarmi, ma sia chiaro che siete voi che avete dato inizio alle ostilità. Avete aiutato i nemici di mio padre e inviato denaro ai greci per turbare la pace che io avevo costruito. Avete corrotto i miei amici e alleati e tu, Dario, hai preso e detieni il potere illegalmente.<br /><br />Oggi come allora, le scuse per cominciare una guerra sono sempre le stesse.</div>BERTI.GIANhttp://www.blogger.com/profile/02367020598082211162noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8250739166120726750.post-19913461389654176862012-07-02T09:06:00.001+02:002012-07-02T09:06:23.150+02:00Roma, un mistero sepolto- la storia<br />
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Roma, un mistero sepolto <br />da mille metri e 69 anni</h3>
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<img alt="" border="0" height="250" src="http://www3.lastampa.it/costume/sezioni/articolo/lstp/460494/fileadmin/media/costume/relitto.jpg" title="" width="330" /><div class="news-single-imgcaption" style="width: 330px;">
La corazzata Roma fu varata il 9 giugno 1940 e venne affondata il 9 settembre 1943. In queste due foto, due momenti della sua breve esistenza: a sinistra, in navigazione; a destra, la vita a bordo</div>
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MULTIMEDIA</div>
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<a href="http://multimedia.lastampa.it/multimedia/in-italia/lstp/159102/">FOTOGALLERY</a></div>
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<a href="http://multimedia.lastampa.it/multimedia/in-italia/lstp/159102/">Corazzata Roma,<br />trovato il relitto<br />Affondò nel '43 <i></i></a></div>
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Avvistato il relitto più ricercato d'Italia: ecco il racconto di chi l'ha scoperto</h2>
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FABIO POZZO</div>
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È uno dei più importanti relitti della Seconda Guerra Mondiale, l’ultima grande nave da guerra che ancora giace nell’oblio degli abissi. E per alcuni, il Titanic italiano, perché colando a picco il giorno dopo l’Armistizio sotto le bombe volanti tedesche portò con se 1.393 vite. Gli davano la caccia in tanti. Da 69 anni.<br /><br />Per l’ingegnere Guido Gay, industriale e inventore di robot subacquei, il relitto della corazzata Roma, ammiraglia della Regia Marina al comando dell’ammiraglio Carlo Bergamini, era una sfida che durava dal 1979. «La cercavo da allora. E ora l’ho trovata».<br /><br />Ecco la notizia che tanti appassionati, la Marina Militare, i familiari delle vittime attendevano. Per il suo valore storico, affettivo. L’ingegnere ha individuato un pezzo della nave, parte di una torretta antiaerea, con riconoscibili almeno quattro cannoni. «Il ritrovamento è del 17 giugno. L’ingegnere si è messo in contatto con noi, che abbiamo inviato due ufficiali a bordo della sua imbarcazione, i quali hanno certificato la scoperta. È la Roma» conferma la Marina.<br /><br />Era un relitto «most wanted». Si dice che anche Paul Allen, il co-fondatore di Microsoft, lo cercasse. Di certo, era in campo il gruppo guidato da Francesco Scavelli, regista della BluimageProductions, che si avvaleva degli specialisti della Comex di Marsiglia e dei consulenti Enrico Cappelletti e Gianluca Mirto, e che qualche giorno fa aveva annunciato la scoperta alle agenzie, sulla base di una elaborazione magnetometrica.<br /><br />Poi, ieri, l’ingegnere Gay - le cui ricerche sono corse evidentemente in parallelo a quelle degli altri «cacciatori» - ha reso note le immagini. E la caccia, con la certificazione delle stesse da parte della Marina Militare, si è chiusa.<br /><br />Lo raggiungiamo telefonicamente sulla sua imbarcazione. La voce arriva disturbata e ciò dà ancora più gusto alla storia. Azienda a Lomazzo, nel Comasco, l’ingegnere, che ha più di 70 anni, trascorre sei mesi in ufficio e altrettanti a bordo del suo «Dedalus», un catamarano di 21 metri per nove, da lui progettato, a setacciare i mari testando sul campo le sue invenzioni. L’ultima si chiama «Pluto Palla» ed è un prototipo di robot subacqueo che può calarsi fino a 4 mila metri di profondità. «L’ho messo a punto nella ricerca del relitto del Transylvania, il piroscafo per il trasporto truppe della Royal Navy affondato nel 1917 da un U-Boot tedesco davanti a Savona». L’ha trovato nell’ottobre scorso, con i sub dei carabinieri.<br /><br />Gay ha sguinzagliato il robot anche nella caccia alla Roma. «Quando ho iniziato a cercare il relitto della corazzata non avevo le strumentazioni attuali e alla fine avevo dovuto fermarmi. Ho ripreso di recente con le nuove “macchine”». Gay ha solcato per giorni, mesi le acque del Nord della Sardegna. Solitario, con il suo catamarano. E i suoi strumenti. «Ho passato al setaccio il canyon di Castelsardo (il canalone sottomarino che dal centro del Golfo dell’Asinara scende dalla scarpata continentale in direzione nord-ovest, ndr): il sonar aveva catturato alcuni contatti sospetti, ma era necessario verificarli. Il fondale del canalone, infatti, è composto da rocce di basalto, magnetiche, che confondono gli strumenti. Dovevo capire se erano solo rocce o qualcosa di più. Così sono tornato. Con il robot».<br /><br />Il prototipo ha fatto il suo lavoro. E sceso a oltre mille metri. «Ho visto la torretta con i cannoni, il pezzo di ponte affiorare dalla fanghiglia del fondale. Sì, ce l’avevo fatta». La corazzata, colpita a morte, si è spezzata in più parti. «Evidentemente, lo scafo è sotto il fango. Ed altri pezzi sono sparpagliati lungo il fondale» spiega Gay.<br /><br />La Marina Militare considera e difende il relitto in quanto sacrario. Per queste ragioni, l’ingegnere tiene riservate le coordinate del ritrovamento. «Sono felice di aver risolto il mistero storico della Roma. Ora sono pronto a mettere le immagini a disposizione di chi le utilizzerà al meglio».</div>BERTI.GIANhttp://www.blogger.com/profile/02367020598082211162noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8250739166120726750.post-32580302019315566102012-06-27T08:59:00.002+02:002012-06-27T08:59:32.500+02:00<h1 class="blog-title">
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Strage di Ustica, 32 anni dopo<br />Non è troppo tardi per chiedere la verità</h2>
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<span class="post-author">di Nicola Tranfaglia</span></div>
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<span class="thumbnails"><img alt="WCENTER 0JKGBFTMBD imgemmevi150610194713_2 Emmevi photo" class="attachment-medium wp-post-image" height="200" src="http://www.articolo21.org/wp-content/uploads/2012/06/ustica-300x200.jpg" title="WCENTER 0JKGBFTMBD imgemmevi150610194713_2 Emmevi photo" width="300" /></span>Domani è l’anniversario -trentadue anni dopo- di una delle sciagure più terribili avvenute nella storia dell’Italia repubblicana: quella detta di <strong>Ustica</strong> dall’isola vicino alla quale si inabissò intorno alle nove di sera l’aereo di linea che portava a Palermo da Bologna ottantuno passeggeri, tutti morti nella caduta del velivolo.<span id="more-8597"></span> E’ una storia tremenda e vale la pena ricordarla ai nostri lettori anche perché è tuttora,per molti aspetti, oscura.<br />Il primo elemento che emerge nel 1990 (dieci anni dopo la sciagura accaduta, come ho già detto, la sera del 27 giugno 1980 nel mar Tirreno nel volo dell’aereo di linea Douglas-DC 9 diretto da Bologna a Palermo) dalle indagini penali intraprese dal <strong>giudice Priore</strong>( i primi dieci anni di indagini di altri giudici si sono svolti senza apparente successo) e dopo la prima inchiesta da parte della commissione Stragi nel 1989, presieduta dal repubblicano <strong>Gualtieri</strong>, è che il sostanziale fallimento, fino a quel momento, delle precedenti indagini fosse dovuto a <em>“depistaggi e inquinamenti operati da soggetti ed entità molteplici.”</em><br />
Scrive nel capitolo iniziale la <a href="http://www.stragi80.it/?page_id=28"><strong>sentenza-ordinanza del giudice Priore</strong></a>: <em>”Il disastro di Ustica ha scatenato, non solo in Italia, processi di deviazione o comunque di inquinamento delle indagini. Gli interessi dietro l’evento e di contrasto di ogni ricerca sono stati tanti e non solo all’interno del Paese, ma specie presso istituzioni di altri Stati, da ostacolare specialmente attraverso l’occultamento delle prove e il lancio di sempre nuove ipotesi -questo con il chiaro intento di soffocare l’inchiesta- il raggiungimento della comprensione dei fatti…. Non può perciò che affermarsi che l’opera di inquinamento è risultata così imponente da non lasciar dubbi sull’ovvia sua finalità: impedire l’accertamento della verità. E che, va pure osservato, non può esserci alcun dubbio sull’esistenza di un legame tra coloro che sono a conoscenza delle cause che provocarono la sciagura e i soggetti che, a vario titolo, hanno tentato di inquinare il processo, e sono riusciti nell’intento per anni.” </em><br />
Le indagini del giudice Priore, che appaiono le più pertinenti e approfondite grazie anche alla quasi totale ricostruzione del relitto dell’aereo e a un notevole impegno di fondi, uomini e mezzi di vari governi, si concludono il 31 agosto del 1999 con una ordinanza di rinvio a giudizio e sentenza istruttoria di proscioglimento che esclude una bomba a bordo e un cedimento strutturale dell’aereo circoscrivendo le cause della sciagura a un evento esterno al DC-9.<br />
I giudizi che si susseguono in corte di Assise nel 2000, di Assise di Appello nel 2005 e della Cassazione nel 2007 si concludono con il proscioglimento dei generali dell’Aeronautica <strong>Bartolucci e Ferri</strong> con formula piena.<br /><strong>Francesco Cossiga</strong>, già presidente della Repubblica, presidente del Consiglio al momento della strage, nel febbraio 2007 dichiara che ad abbattere il DC-9 sarebbe stato un missile “a risonanza e non a impatto” lanciato dai francesi. Ma le indagini,intraprese dalla procura della repubblica di Roma, non portano a nessun risultato.<br />
Ancora due anni fa, il 26 luglio del 2010, il presidente della repubblica Napolitano, ha chiesto <em>” il contributo di tutte le istituzioni per pervenire a una ricostruzione esauriente e veritiera di quanto è accaduto, che rimuova le ambiguità e dipani le ombre e i dubbi accumulati in questi anni.”</em><br />E’ l’augurio che i familiari delle vittime di Ustica e l’opinione pubblica democratica del nostro paese deve fare anche quest’anno sperando che il prossimo parlamento si occupi a fondo dei misteri più terribili ancora irrisolti nella storia dell’Italia repubblicana</div>BERTI.GIANhttp://www.blogger.com/profile/02367020598082211162noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8250739166120726750.post-10811331301662328332012-06-20T09:23:00.002+02:002012-06-20T09:23:56.942+02:00Marengo, la vittoria dell'eroe che disubbedì a Napoleone<h3>
Marengo, la vittoria dell'eroe <br />che disobbedì a Napoleone</h3>
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<img alt="" border="0" height="250" src="http://www3.lastampa.it/cultura/sezioni/articolo/lstp/458333/fileadmin/media/cultura/marengo.jpg" title="" width="330" /><div class="news-single-imgcaption" style="width: 330px;">
La battaglia di Marengo dipinta da Louis-François Lejeune</div>
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14 giugno 1800: Bonaparte cade nel tranello degli austriaci e dà l'ordine di inseguirli. Ma Desaix fa di testa sua</h2>
<div class="autore-girata">
GIANNI RIOTTA</div>
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Il destino di Napoleone Bonaparte era già concluso il 14 giugno 1800 nel villaggio piemontese di Marengo, alle porte di Alessandria. Il giovane Primo Console aveva attraversato le Alpi con l’esercito, come Annibale, era entrato a Milano, aveva vinto a Montebello contro il generale Ott von Bátorkéz e sperava che l’avversario austriaco, barone Melas, fosse facile preda. I francesi erano mal equipaggiati, mal nutriti e peggio pagati, il loro generale però certo della propria stella.<br /><br />Davanti alla fattoria di Marengo Bonaparte non ha dubbi, fiducioso nella dottrina militare di mobilità, sorpresa, manovra indiretta, cariche alla baionetta, opposta alla rigida sintassi della guerra classica, quadrati e le linee di fanteria, cariche di cavalleria prevedibili come un palio. Michael Friedrich Benedikt Baron von Melas ha 71 anni, combatte da quando ne aveva 17 e detesta l’usurpatore Napoleone. Vuol batterlo a Marengo e restaurare l’ordine di Dio e Corona sradicato nel 1789. Il futuro imperatore non crede invece che l’anziano barone osi attaccarlo, e si persuade che le prime cariche austriache siano astuti diversivi per coprire la ritirata.<br /><br />Ordina quindi al generale Louis Charles Antoine Desaix, 31 anni, di allontanarsi all’inseguimento di Melas. Napoleone sbaglia. L’attacco di Melas è autentico. Il generale francese Berthier respinge per due volte gli austriaci sul torrente Fontanone e chiama il generale Lannes a sostegno. Non basta. La pressione aumenta tra artiglieria e fucilate. Alle 2 e 30 i francesi sono esausti, gli austriaci sfondano. Von Bátorkéz, che vuole vendicare Montebello in quella che sarà la sua ultima battaglia, occupa Castel Ceriolo, i dragoni si ritirano e la fattoria di Marengo cade, attaccata da Melas. Va avanti la Guardia consolare, si ritirano i fanti di Berthier, tra l’uva non matura, verso San Giuliano Vecchio.<br /><br />Napoleone ha paura. Ordina avanti il poco che ha di riserva, guarda con ansia le posizioni di Kellerman figlio, valente comandante di cavalleria figlio del generale che aveva salvato la Repubblica a Valmy. Uva acerba sembrano ora anche le sue ambizioni, travolte a Marengo. Richiama al galoppo il generale Desaix, carta disperata, dovrebbe essere già lontano dietro il fantasma di Melas.<br /><br />Ma il generale Desaix è uomo straordinario, Napoleone lo stima «migliore tra i miei generali». Aristocratico arruolato dalla Rivoluzione, durante il Terrore rischia la ghigliottina, combatte in Baviera e in Egitto, alla Battaglia delle Piramidi, tiene testa ai Mamelucchi. Coraggioso, saggio e sereno ha scritto un bel libro di memorie, <i>Journal de voyage du Général Desaix, Suisse et Italie</i> online <a class="linkblu" href="http://archive.org/stream/journaldevoyaged00desa#page/n7/mode/2up" target="_blank"></a><a href="http://archive.org/stream/journaldevoyaged00desa#page/n7/mode/2up" target="_blank">archive.org/stream/journaldevoyaged00desa</a><br /><br />Desaix non crede alla finta di Melas. Disobbedendo agli ordini non s’è allontanato a marce forzate e quando arriva il retrofront è pronto. Piomba a Marengo, la luce ancora chiara. Napoleone lo informa della débâcle. Desaix chiede «Che ora sono? Le 17?» e conclude, eroe romantico «Questa battaglia è perduta. Ma c’è tempo per vincerne un’altra». Sostenuto da Kellerman, Desaix attacca gli austriaci, persuasi di avere già vinto. Il barone Melas s’è ritirato ad Alessandria, i soldati increduli davanti alla rinnovata furia francese. La carica di Desaix è vincente, le casacche austriache, nel gran fumo dei moschetti, nel turbinare delle sciabole dei dragoni, arretrano, si ritirano, sconfitte alle prime ombre della sera. Il giorno dopo uno sconfortato Melas firma la Convenzione di Alessandria e si ritira ad est del Mincio. Napoleone è padrone del teatro di guerra. Combattono a Marengo 28 mila francesi con 25 cannoni, subendo 1100 morti, 3600 feriti, un migliaio tra prigionieri e dispersi. Gli austriaci sono 30 mila con 100 cannoni, soffrono mille caduti, 5500 feriti, 2900 prigionieri e perdono 15 cannoni e 40 bandiere.<br /><br />Tra i morti, nei primissimi minuti della carica, il generale Desaix. Le stampe del tempo lo raffigurano mentre riceve il colpo al petto, bello, nobile, solenne. Quando gli portano il corpo dell’uomo che l’ha salvato, Napoleone esclama «Perché non posso piangere?». Farà seppellire Desaix al passo del Gran San Bernardo, proclamando «Solo le Alpi sono tomba degna di Desaix», in un monumento marmoreo che le comitive dei turisti ignorano nel chiasso. Temendo la reazione politica, il Primo Console stila tre ordini del giorno e maschera la sconfitta. La propaganda censura il ruolo di Desaix, fino oggi su Wikipedia.<br /><br />Restano le memorie della battaglia. Il «pollo alla Marengo» che il cuoco di Napoleone prepara con la sciabola, mischiando pomodoro, funghi, gamberetti, cipolle e aglio, con contorno di uova fritte e galletta militare. Da allora piatto preferito dell’imperatore è davvero buonissimo. La <i>Tosca</i> di Puccini ricorda i due tempi di Marengo con il perfido Scarpia che ordina di cantare il <i>Te Deum</i> per la vittoria austriaca, salvo poi apprendere, mentre tortura il patriota Cavaradossi «Eccellenza quali nuove un messaggio di sconfitta…a Marengo Bonaparte è vincitor, Melas è in fuga…» e il povero Cavaradossi intona l’aria «Vittoria…l’alba vindice appare che fa gli empi tremare libertà sorge e crollano tirannidi….». Che sarebbe stato dell’Europa se Desaix fosse vissuto? Che effetto avrebbe avuto su Napoleone la sua geniale saggezza di moderato? Avrebbe capito le follie di lasciare il mare all’Inghilterra e partire per la Russia? La storia non si fa con i se, ma ai piedi della candida tomba sulle Alpi, la fantasia può volare, romantica come il generale Desaix.</div>BERTI.GIANhttp://www.blogger.com/profile/02367020598082211162noreply@blogger.com0