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Visualizzazione dei post da dicembre, 2011
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La storia della famiglia Cervi Conosciamo la storia della famiglia Cervi solo a partire dal padre di Alcide, Agostino Cervi. La famiglia Cervi dal 1893 lavora a mezzadria un podere in località Tagliavino di Campegine. Nel 1869 Agostino è uno dei protagonisti dei moti contro la tassa sul macinato, e passa sei mesi in carcere. Agostino Cervi e Virginia, sua moglie, hanno quattro figli: Pietro, Emilio, Alcide ed Ettore che è stato adottato. Nel 1899 Alcide Cervi sposa Genoeffa Cocconi di due anni più giovane di lui e tra il 1901 e il 1921 nascono nove figli, sette maschi e due femmine: Gelindo, Antenore, Diomira, Aldo, Ferdinando, Rina, Agostino, Ovidio ed Ettore. Nel 1920 Alcide Cervi esce dalla famiglia patriarcale del padre Agostino per formare la propria, e si trasferisce su un fondo a Olmo di Gattatico. Nel 1925 la sua famiglia si sposta su un fondo in località Quartieri, nella tenuta Valle Re di proprietà della contessa Levi SottoCasa, nel comune di Campegine. Nel 1934 Alcide Cerv
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Ufficiale e gentiluomo Salvava gli equipaggi delle navi che affondava Gian Ugo Berti LIVORNO. Il 14 dicembre 1942 moriva davanti alla costa tunisina Salvatore Todaro, capitano di corvetta, a bordo del motopeschereccio Cefalo, colpito da una raffica di mitragliatrice esplosa da un aereo inglese. Aveva 34 anni. Siciliano di nascita, Todaro era legato a Livorno non solo per aver frequentato l’Accademia Navale dal 1923 al 1927, uscendone col grado di guardiamarina, ma anche per aver sposato nel 1933 una livornese, Rina Anichini, da cui ebbe due figli Gian Luigi e Graziella Marina. E’ passato alla storia della Marina Militare con vari appellativi, il “gentiluomo del mare”, il “don Chisciotte del mare”, il “sacerdote del mare”, riconducibili però ad unico concetto, quello della sua umanità: salvare l’equipaggio della nave affondata, sempre e comunque, contro le regole della guerra che imponevano al contrario d’abbandonare i naufraghi al loro destino. Furono più d’uno simili episodi, por
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la giornata del "Giovin Signore" il messaggio di Giuseppe Parini di Domenico Letizia La cultura riformatrice dell’Illuminismo lombardo influì decisamente sulla personalità di Giuseppe Parini. L’istanza di un radicale rinnovamento morale e di una letteratura vicina alle tematiche sociali e politiche fecero infatti del Parini un sostenitore del movimento lombardo e viceversa, pur se con le dovute differenziazioni. L’opera più importante del Parini è rappresentata dal “Il Giorno”, un poemetto che comprende le sezioni del “il Mattino”, “il Mezzogiorno”, “il Vespro” e “la Notte”. Il poeta vi descrive lo svolgersi di una giornata di un “giovin signore” soffermandosi e con pungente satira su tutti i più minuti particolari. Parini descrive di una giornata monotona, tutte le giornate del giovin signore sono uguali e disutili. Il poeta non descrive in modo minuzioso solo le azioni del giovane nobile ma ne descrive anche l’atteggiamento morale di tali azioni. Il comportamento del gio
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Ferruccio Parri, nome di battaglia "Maurizio" Nato a Pinerolo (TO) nel 1890, professore di lettere, giornalista. Durante il conflitto 1915-18 è ferito quattro volte al fronte; merita due promozioni sul campo e tre decorazioni; è associato all'ufficio operativo del comando supremo dell'esercito. Dopo la fine del conflitto si trasferisce a Milano, dove è insegnante al Liceo Parini di Milano e redattore del "Corriere della sera". Aderisce a Giustizia e Libertà e nel '26 con Carlo Rosselli organizza l'espatrio clandestino del leader socialista Filippo Turati. Turati, Carlo Rosselli, Pertini e Parri Più volte arrestato e confinato a Ustica e Lipari, rifiuta la domanda di grazia. Nel 1930 è nuovamente assegnato al confino per 5 anni unitamente ad altri esponenti del movimento antifascista Giustizia e Libertà. Promotore del Partito d'Azione (PdA), partecipa alla Resistenza con il nome di battaglia di "Maurizio" e rappresenta il PdA nel Com
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I dimenticati:tra i grandi che si ricordano come vittime degli anni di piombo ,ci sono decine di dimenticati,nè eroi nè volontari al sacrificio,semplicemente ignare persone ,sempre di umile estrazione che si trovarono per caso nel passaggio della STORIA.OGGI,(MA CHI LO RICORDA?)moriva Romiti,un poliziotto .Era il 1979. Fu assassinato da un commando di terroristi delle Brigate Rosse il 7 dicembre in via Casilina, nel quartiere romano di Torre Spaccata. Il maresciallo Romiti era responsabile da circa 11 anni della Squadra di Polizia Giudiziaria del Commissariato Centocelle. Il mattino del 7 Dicembre, intorno alle 7,45 si stava dirigendo a piedi verso la fermata dell’autobus che lo avrebbe portato al Tribunale di Roma, dove avrebbe dovuto testimoniare in un processo. Poco prima di raggiungere la fermata da dietro un muretto sbucarono 3-4 giovani armati di pistola che aprirono il fuoco contro il poliziotto, ferendolo mortalmente. Prima di fuggire uno dei terroristi gli sparò un colpo di