Nonno Giovanni, a 60 anni dalla scomparsa,rimane per me una fonte inesauribile di novità. Ne ricordo sì la voce tonante,il portamento eretto,lo sguardo fiero e penetrante ed al contempo la dolcezza dei modi,la bontà dell'animo.


 

Immagini d'un tempo,care ed indelebili come qualche foto che mi ritrae fra le sue lunghe braccia, oltre alla testimonianza, seppur amorevolmente di parte,dei miei genitori. Ma a darmi una più esatta ed obiettiva dimensione dello spessore umano, sono soprattutto i risultati di tante ricerche compiute proprio nella preparazione al convegno di oggi ed il riscontro storico fra gli illustri relatori che daranno vita a questo incontro.


 

Un incontro che la Fondazione "Angiolo e Maria Teresa Berti", seguendo i suoi programmi, ha fermamente voluto per valorizzare a pieno la figura di un uomo semplice, immotivatamente relegato in sott'ordine nella storia del Paese, il cui grande pregio è stato quello di precorrere largamente i tempi.


 

Leggendo oggi i suoi editoriali ( scriveva già nel 1906 su "Il Savio", periodico della Democrazia Cristiana a Cesena) lo si potrebbe definire un "progressista", al limite un "radicale" e, nello specifico settore, un"femminista" convinto. Questo perché proprio da quelle pagine, a fronte di una realtà sociale e politica oltremodo conservatrice, lui, profondamente cattolico, stimolava con veemenza e coraggio un'opinione pubblica bigotta,politicizzata e distratta, su quei principi di uguaglianza che anche ora vengono disattesi e confutati.


 

Rispondendo ad un giornale americano che all'epoca si chiedeva "Cosa ne faremo delle nostre figliole?", Bertini "non ne faremo giovanette né svaporite,né inutili, ma giovinette serie,amanti laboriose e del lavoro,giudiziose. E dopo ciò sappiano pure la musica,la pittura e le altre arti d'ornamento".

Stava dalla parte dei poveri, come testimonia il fattivo impegno nelle "leghe bianche" del pratese fra il 1918 ed il 1921, a fianco di una classe sociale quella rurale che si trovò in grosse difficoltà al termine della guerra, per le esperienze vissute al fronte e le mancate promesse dello Stato, una volta terminato il conflitto. Un impegno di massa – in cui Bertini credeva - che rendesse visibile, in particolare, il cambiamento avvenuto anche nelle loro coscienze e nella propria sfera culturale. Fecero epoca, una volta ministro dell'Agricoltura nel Governo Facta, le sue innovative leggi sul "latifondo".


 

Era amico intimo del beato Pier Giorgio Frassati, ( il "facchino degli sfruttati" come veniva chiamato per l'apostolato fra i poveri del Piemonte) che a lui si rivolse con un'accorata lettera prima di morire ( 1925):"Caro Giovanni, non appena avrò i mezzi,costruirò un grande edificio per i bambini che ne avranno bisogno".


 

E fu proprio per la fraterna amicizia con Frassati che Bertini, attraverso il movimento cattolico universitario,entrò in contatto con don Luigi Sturzo, figura di primo piano nella storia politica italiana d'allora e costante presenza poi nella vita personale e politica di Bertini, che lo volle con sé nella creazione del Partito Popolare, fino al suo ultimo congresso nel 1925.


 

Firmò con Sturzo,infatti,il 18 gennaio del 1919,momento delicato dell'immediato dopoguerra, l'appello ai "Liberi e Forti", perché "uniti insieme propugnino nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà".


 

Un altro tassello importante di un pensiero politico che condurrà poi Bertini, non incline ad alcun compromesso, ad uscire dal parlamento dopo il delitto Matteotti nel 1924,facendo parte degli "aventiniani". Quindi l'inesorabile decisione di lascaire il parlamento e ritirarsi a Bologna a continuare la professione di avvocato. Un'attesa dolorosa,ma meditata perché comprendeva – così riferisce suo genero,giornalista parlamentare Angiolo Berti, riportando alcune valutazioni – che il Fascismo avrebbe avuto la sua fine come tutti i regimi. E così fu, quando, terminato il conflitto, fu richiamato di diritto al seggio di senatore, facendo parte della Commissione degli Undici, assieme a Piero Calamandrei.



Commemorazione del Senatore Giovanni Bertini scritta dal nipote Gian Ugo Berti,presidente della Fondazione Angiolo e Maria Teresa Berti,in occasione del convegno storico del 29 settembre 2009 organizzato dalla Fondazione :"IPadri della Costituzione Italiana :Sturzo,Calamandrei ,Bertini"

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