ANALISI DE “LA PERSONALITA’ AUTORITARIA”
ANALISI DE “LA
PERSONALITA’ AUTORITARIA”
A cura di Giovanni
Polimeni
Premessa
“La personalità autoritaria”, i cui
principali autori sono Adorno, Brunswick, Levinson e Sanford, è il risultato di
un complesso studio iniziato nel 1944 e terminato nel 1949, anni in cui la
Scuola di Francoforte di Max Horkeimer si trovava negli Stati Uniti perché
costretta alla fuga dal Nazismo.
L’opera raccoglie i risultati di una
ricerca inter-disciplinare sulla psicologia della discriminazione sociale ed in
particolare dell’antisemitismo.
Il tema centrale consiste nel
supporre che l’antisemitismo fa parte ed è espressione di un’ideologia
etnocentrica più complessa e a sua volta legata a una struttura autoritaria del
carattere.
L’interesse principale è lo studio
intensivo e la definizione di una nuova “specie antropologica”, il tipo
autoritario di uomo, che fa confluire al suo interno le idee e capacità di una
società altamente industrializzata e credenze irrazionali o
anti-razionali.
Lo scopo ultimo è aprire una nuova
ricerca che si propone di comprendere i fattori socio-psicologici che hanno
consentito più volte alla personalità autoritaria di prendere il posto della
personalità
individualistica, autodeterminata e
democratica prevalente negli ultimi 200 anni della nostra civiltà.
Il metodo d’indagine
I ricercatori rivolsero i loro studi
verso 2099 soggetti Americani di classe media appartenenti ad organizzazioni
quali università, sindacati o associazioni di combattenti. Le uniche due
eccezioni sono costituite da un gruppo di detenuti della prigione di San
Quintino e di ricoverati di una clinica psichiatrica.
I soggetti furono sottoposti a
questionari contenenti sia domande riguardo alla loro collocazione sociale e la
loro storia, sia soprattutto quesiti che fornissero informazioni sulla loro
mentalità, sulle loro fantasie e sulla loro visione del mondo.
Su queste ricerche furono costruite
quattro scale di valutazione dei singoli soggetti: la scala dell’antisemitismo,
dell’etnocentrismo, del conservatorismo politico-economico e delle tendenze
antidemocratiche (del fascismo). Di qui la distinzione tra i soggetti ad alto
punteggio più inclini all’autoritarismo e più anti-democratici e quelli a basso
punteggio.
Infine, tutto lo studio è stato
affrontato tenendo conto sia della necessaria divisione tra indagine
“quantitativa” (elaborazione statistica) e “qualitativa” (esplorazione
psicologica dei singoli individui), sia della necessità di formulare quesiti
attendibili, di escludere elementi di pregiudizio dall’intervistatore o altre
influenze al fine di una corretta valutazione.
La teoria della personalità totale
La scuola di Francoforte nasce anche
e soprattutto grazie agli studi di Freud sulla psicoanalisi, ed anche in
quest’opera è sostanziale la sua teoria sulla struttura della personalità umana,
che i ricercatori hanno utilizzato come premessa fondante e guida del loro
studio.
Secondo questa teoria la personalità
è un’organizzazione più o meno durevole di forze che determinano il
comportamento dell’individuo in varie situazioni e alle quali si attribuisce la
coerenza del comportamento verbale o fisico. La personalità è organizzata e
strutturata, essa sta
“dietro” il comportamento e
“all’interno” dell’individuo. Le forze della personalità possono essere inibite
e si trovano a un livello più profondo (inconscio) di quelle che si esprimono
nel comportamento manifesto; esse sono “bisogni” (spinte, desideri, pulsioni
emotive) che variano ed interagiscono con altri bisogni in modo equilibrato o
contrastante.
L’importanza della concezione
freudiana della personalità come struttura sta nel fatto che “La personalità
autoritaria” si propone di scoprire le correlazioni tra l’ideologia e i fattori
sociologici del passato dell’uomo, contro ogni l’inclinazione ad attribuire le
tendenze nell’individuo ad un qualche elemento “innato”, “connaturato” o
razziale” nell’uomo.
Antisemitismo
-Partendo dall’idea che il
pregiudizio fosse fondato su fattori nascosti ed interni al soggetto ed alla sua
situazione piuttosto che su caratteristiche reali degli Ebrei, gli autori
proposero una nuova concezione di antisemitismo visto come una vera e propria
ideologia, verso quale un individuo può essere più o meno suscettibile secondo i
suoi bisogni psicologici.
L’antisemitismo come ideologia è un
sistema relativamente organizzato e stabile e che implica opinioni negative
sugli Ebrei (sono privi di scrupoli, esclusivisti, avidi di potere),
atteggiamenti ostili (devono venire esclusi, ristretti, posti in subordinazione
ai Gentili), e valori morali che ispirano e giustificano tali opinioni ed
atteggiamenti, la maggior parte delle volte, in modo contraddittorio e
irrazionale.
-Una delle caratteristiche principali
dell’ideologia antisemitica è la stereotipia, che assume forme diverse: è una
tendenza a generalizzare caratteristiche del singolo individuo, è esprimere
accordo con enunciati del tipo “gli Ebrei sono” o “gli Ebrei non fanno”, è
un’immagine negativa stereotipata del gruppo come se “conoscerne uno fosse come
conoscerli tutti”, è la stereotipia delle relazioni ed esperienze
inter-personali, secondo la quale l’Ebreo non è visto o trattato come individuo
ma come un campione dell’immagine stereotipata del gruppo.
-Nell’antisemitismo vi sono temi ed
idee unificatrici che stanno a base delle opinioni al fine di dare a queste una
certa coerenza: la più centrale è l’idea che gli Ebrei costituiscono una
“minaccia”.
Questa idea nasce dalla distinzione
categoriale e dal contrasto tra “violatori dei valori” (moralmente minacciosi) e
“sostenitori dei valori” (moralmente puri).
A questa scala di valori (che
comprende la pulizia, l’ordine, la conformità, l’opposizione alla sensualità,
all’intrusione, al lusso, all’esibizionismo) è dato un sostegno emotivo
particolarmente inamovibile dai soggetti ad alto punteggio, che con altrettanta
intensità respingono i supposti violatori dei valori. Tale rigidità fa supporre
che questi atteggiamenti superficiali siano dovuti a motivazioni ben più
profonde: è il meccanismo che la psicologia chiama “proiezione”.
La proiezione è un meccanismo di
difesa consistente nell’attribuire ad altre persone caratteristiche che in
realtà sono proprie di noi stessi ma la cui presenza viene ignorata o negata; è
possibile che gli antisemiti lottino inconsciamente per inibire in se stessi
quelle caratteristiche che (modificate in modo più negativo) trovano negli
Ebrei, rivolgendo a loro quella stessa aggressività che rifiutano di rivolgere a
se stessi.
-Le ricerche effettuate inoltre
mostrano un dato che non poggia su alcuna base logica o razionale: una delle
grandi accuse rivolte agli Ebrei è di essere “esclusivisti” e snob, di occuparsi
solo dei propri affari e non di quelli dell’intera comunità, di non dare alcun
aiuto alla società e di sfruttare gli altri. La richiesta dell’antisemita è che
gli Ebrei perdano la loro identità culturale, aderiscano ai modi culturali
prevalenti e si conformino alla massa.
La contraddizione sta nel fatto che
nel caso in cui un Ebreo sia disposto ad essere “assimilato” questo verrebbe
visto (dallo stesso antisemita che lamentava l’esclusivismo) non come un
atteggiamento positivo ma come una “interferenza”, una “sete di potere” e una
“imitazione”. E’ un paradosso storico ricorrente che coloro i quali richiedono
“l’integrazione nel sistema” facciano del loro meglio per impedirla, ciò mostra
in pieno l’irrazionalismo (o anti-razionalismo) che permea l’ideologia
antisemitica.
-Aspetto dell’antisemita è la
presenza di timori giustificazionisti: uno di questi è il timore della
contaminazione.
Il timore della contaminazione
consiste nella paura che gli Ebrei potrebbero avere un’influenza corruttrice o
degenerante se avessero dei contatti intimi o frequenti con i Gentili; aspetti
della “contaminazione ebraica” sono il libero amore, il radicalismo, l’ateismo,
il relativismo morale, le tendenze moderne nell’arte e nella letteratura,
aspetti totalmente assenti nella cultura ebraica.
Questo timore è utile ai Gentili per
la razionalizzazione e la giustificazione di diverse contraddizioni evidenti:
permette loro di attribuire agli Ebrei la colpa della maggior parte dei problemi
sociali e giustifica i sentimenti e le azioni ostili e
discriminatorie.
-Importante è il carattere
“funzionale” dell’antisemitismo, che spiega come l’Ebreo possa, nell’antisemita,
prendere il posto di certi timori infantili verso chi è diverso, verso l’“uomo
nero”; spiega inoltre l’esistenza di un antisemitismo “manipolativo”, secondo
cui l’individualismo Ebreo rappresenta una provocazione alla stereotipia ed
un’accezione nevrotica di quelle relazioni umane di cui l’antisemita è
carente.
-L’Ebreo è un “nemico immaginario”, è
espressione di una fantasia di onnipotenza dovuta a timori paranoici, egli,
nella mente dell’antisemita, è “onnipresente”, rappresenta una persecuzione
giacché vuole sottomettere qualunque società o persona con cui viene a
contatto.
-Lo scopo dell’antisemitismo, sul
piano della psicologia, è lo stesso su cui fecero leva gli scrittori e agitatori
antisemiti: esso si basa sull’idea che gli Ebrei costituiscono la chiave di
qualsiasi questione, che essi sono tutti uguali e che possono essere
riconosciuti come un problema senza eccezione alcuna. E’ proprio questa pretesa
ed illusione di onniscienza e sicurezza fra le motivazioni principali
dell’attrazione di un individuo (che in altre occasioni si è dimostrato
“ragionevole”) all’ideologia antisemitica.
-Una delle più grandi contraddizioni
e “dilemmi” dell’antisemita è la discordanza tra il giudizio e l’esperienza:
anche se le prove, cioè le esperienze di “contatto”, sono positive o assenti, il
giudizio negativo è così forte e radicato nella mente dell’antisemita che non ha
bisogno di trovar prove o dimostrazioni.
-Ma non basta essere solo accusatore,
l’antisemita vuole essere anche giudice. Il concetto di giustizia, come
d'altronde ogni caratteristica di questa ideologia, è del tutto distorto: vi è
una totale sproporzione tra colpa e punizione per la quale, anche qualora le
accuse verso gli ebrei fossero fondate, non è giustificata il tipo di violenza e
la volontà di eliminare l’oggetto del proprio odio per colpe che, se commesse da
un Gentile, sarebbero punite in modo umano e ragionevole.
Etnocentrismo
L’etnocentrismo (studiato anche
questo come ideologia) è fondato su una distinzione generale e rigida tra gruppo
interno e gruppo esterno; esso implica una serie di immagini positive ed
atteggiamenti di sottomissione stereotipati riguardo ai gruppi interni, e una
divisione gerarchica e autoritaria dell’interazione tra i gruppi, nella quale i
gruppi interni occupano una posizione di predominio ed i gruppi esterni una
posizione di subordinazione.
Mentre il concetto di “gruppo” è
puramente sociologico ed implica concetti come la Nazione o la classe sociale, i
concetti di “gruppo interno” e “gruppo esterno” sono socio-psicologici, perché
si rifanno all’identificazione o alla controidentificazione di un individuo nel
gruppo piuttosto che all’appartenenza formale.
Caratteristiche fondamentali
dell’ideologia etnocentrica sono la “generalità” del rifiuto del gruppo esterno,
che implica che l’individuo si senta minacciato e sia avverso a tutti quei
gruppi verso i quali non prova senso di appartenenza (se non può identificarvisi
deve opporvisi), e lo “spostamento” del gruppo esterno tra vari livelli di
organizzazione sociale. Secondo questo “spostamento” il mondo è ordinato in
gruppi disposti come circoli concentrici intorno al centro di un bersaglio: ogni
circolo è una distinzione tra gruppo esterno ed interno, ogni linea è una
barriera che separa un gruppo dall’altro. Una “mappa” campione più volte
riscontrata è la seguente: bianchi, Americani, Americani nati in America,
Cristiani, Protestanti, Californiani, la mia famiglia, io.
Il conflitto tra gruppi è considerato
dall’etnocentrico come insolubile, la giustizia e le uniche soluzioni proposte
dal gruppo interno sono: liquidare completamente i gruppi esterni, mantenerli
subordinati o segregarli.
Il bisogno di un gruppo esterno
impedisce agli individui etnocentrici l’identificazione con l’umanità e la
capacità di accostarsi agli individui in quanto individui, assumendo la forma
politica del nazionalismo ed idee di intrinseca malvagità della natura umana.
L’alternativa democratica che si trova nell’anti-etnocentrismo è l’umanitarismo,
che non è un astratto “amore per tutti”, ma è la capacità di provare simpatie ed
antipatie e di opporsi agli individui solo sulla base di esperienze
concrete.
Le tendenze antidemocratiche
Il fascismo (intendendo il termine
nel senso lato di anti-democrazia) per avere successo come movimento politico
deve possedere una base di massa, e poiché per sua natura non è in grado di
dimostrare che potrà migliorare la situazione della maggiorana della
popolazione, deve fare appello non all’interesse razionale, bensì ai bisogni
emotivi, ai desideri, ai timori primitivi ed irrazionali. Quindi, perché la
gente si lascia ingannare tanto facilmente dalla propaganda fascista? Perché
all’interno della struttura della personalità di molti individui esistono le
potenzialità anti-democratiche, che sono attivate dalla propaganda e dai capi
carismatici tenendo conto in ogni momento della psicologia della
popolazione.
Secondo questa convinzione è stata
avviata la costruzione di una scala che misurasse il pregiudizio senza lasciar
trasparire e senza menzionare alcun odio o avversione razziale per le minoranze,
al fine di fornire una valutazione valida delle tendenze anti-democratiche e di
costruire il quadro dell’individuo “potenzialmente fascista” per avviare un
programma di azione democratica.
Conclusioni
Lo studio ha portato ad individuare
due modelli di personalità: da una parte il modello autoritario in tutte le sue
sfaccettature, dall’altra il modello democratico; tali modelli non sono da
considerare in termini assoluti poichè fra l’uno e l’altro si possono
distinguere numerose sottovarietà (es. razzisti convenzionali e
psicopatici).
In entrambi i modelli le
manifestazioni della loro essenza si manifestano in una grande varietà di campi,
che vanno dagli aspetti più intimi dell’adattamento familiare e sessuale alle
relazioni sociali, alla religione e alla politica.
Nel modello autoritario un rapporto
gerarchico, di sfruttamento tra genitore e figlio, tenderà a tradursi in un
atteggiamento orientato verso il potere e di dipendenza in vista dello
sfruttamento nei confronti del proprio compagno e del proprio Dio, portandolo ad
un attaccamento disperato a tutto ciò che appare forte (il gruppo, il partito,
la legge, lo stato, la razza ecc.) e un rifiuto di tutto ciò che è relegato al
fondo.
Il modello democratico è
caratterizzato da relazioni interpersonali affettuose, fondamentalmente
egualitarie e permissive, che portano ad un atteggiamento di maggiore
flessibilità e ad una potenzialità di soddisfazioni più genuine.
Quali contro-misure adottare contro
l’intera struttura dell’atteggiamento del pregiudizio?
Le misure dirette ad opporsi
razionalmente alla discriminazione sociale non sono state efficaci, in quanto
non ci si può aspettare che gli argomenti razionali producano effetti profondi o
durevoli su un fenomeno che è irrazionale nella sua natura essenziale. Anche
deviare l’ostilità da un gruppo di minoranza potrebbe essere inutile e
controproducente perché, non agendo sulla natura intrinsecamente psicologica del
problema, essa si dirigerebbe contro un altro gruppo.
La cura del sintomo piuttosto che del
male stesso può, quindi, dare risultati negativi, anche se non è da svalutare
tale attività, che può servire a mantenere sotto controllo l’individuo
potenzialmente fascista.
Ma, un atteggiamento opposto, dovuto
alla diminuzione dello sforzo a causa dell’enormità del problema fondamentale,
sarebbe a sua volta negativo perché frenerebbe la ricerca e l’entusiasmo,
aprendo la strada all’indifferenza e alla rassegnazione.
In conclusione, la soluzione ottimale
è quella di agire sulla struttura della personalità, in un periodo della vita
precedente a quello in cui l’individuo manifesta gli atteggiamenti
anti-democratici e autoritari.
Anche per questi aspetti della
personalità occorre agire sulla crescita del bambino, che deve essere
genuinamente amato e trattato come essere umano individuale.
La difficoltà di attuare un’azione
corretta consiste nel fatto che questa deve essere praticata soprattutto dai
genitori, e non solo è difficile per i genitori etnocentrici, per i quali le
misure prescritte sarebbero impossibili, ma anche per i genitori che, con le
migliori intenzioni e sentimenti, sono ostacolati dal bisogno di modellare in
modo che egli trovi un posto nel mondo così com’è.
La struttura potenzialmente fascista
non può, quindi, essere modificata unicamente con la psicologia, in quanto essa,
come la nevrosi, la delinquenza e il nazionalismo, è prodotto
dell’organizzazione totale della società, che può essere mutato soltanto mutando
la società.
Non rivoluzioni violente o riforme
sociali, ma l’aumento nella capacità della gente di guardare a se stessa,
possono mutare la struttura della personalità affetta da pregiudizi.
E’ importante, in questo senso, non
strumentalizzare la psicologia al fine di manipolare la gente; il suo utilizzo
però può attuare quella presa di coscienza che permetterebbe agli individui di
riconoscere che il fascismo è qualcosa di imposto e contrario ai loro
interessi.
E’ proprio il fatto che il modello
potenzialmente fascista è in larga misura imposto alla gente a consentire
qualche speranza per il futuro.
La speranza è quella che chi ha
sempre creduto nella tolleranza, nella democrazia, nella pace, nella concordia
dei popoli e nell’umanità, in quanto più felice, possa essere da esempio per il
mondo intero.
Se il timore e la distruttività sono
le principali fonti emotive del fascismo, l'eros appartiene soprattutto alla
democrazia.
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