L'attentato di Anteo Zamboni


E', come oggi, una domenica il 31 ottobre del 1926, quando il capo del governo, Benito Mussolini, a bordo dell'auto di rappresentanza - la famosa Fiat Torpedo nera - arriva a Bologna per inaugurare lo Stadio del Littoriale, oggi intitolato a Renato Dall'Ara e teatro delle partite casalinghe del Bologna FC. E' una giornata di sole, e nella retorica del regime, quello delle grandi missioni e delle grandi opere, Mussolini è in alta uniforme e con la fascia dell'Ordine Mauriziano, lieto e pronto al taglio del nastro, L'automobile percorre sicura via Rizzoli e poi via Indipendenza, giungendo all'Arena del Sole. E' in quel momento, che tra la folla riecheggia un colpo di pistola, uno solo, che sfiora il Primo ministro, il guidatore - Leandro Arpinati, uomo del PNF a Bologna - ed il gerarca Dino Grandi. Il proiettile non ferisce nessuno, sfiora solo l'uniforme di Mussolini, che ordina ad Arpinati di accelerare e fuggire: nel frattempo, è la stessa folla che ferma e lincia un giovane bolognese, di famiglia e cultura anarchiche, Anteo Zamboni, sedicenne. Il primo a bloccare il ragazzo fu un militare, il Colonnello Carlo Alberto Pasolini, padre di Pierpaolo. La folla giustiziò il giovane in pochi minuti, mentre poco più in là Mussolini, costatato che tutto era a posto, ripartì alla volta dello Stadio da inaugurare. Ancora oggi, l'attentato di Zamboni è comunque avvolto in parte nel mistero, essendo diffusa la tesi che in realtà a volere la morte del Duce erano suoi compagni di partito, propensi non alla dittatura plateale ma alla fascitizzazione morbida del paese. Costro, secondo questa lettura, avrebbero organizzato una congiura - il cui leader sarebbe stato proprio Arpinati - i quali poi avrebbero fatto ricadere la colpa su un ragazzo appartenente ad una famiglia notoriamente antifascista e soprattutto molto prossima agli ambienti dell'anarchia. Le stesse dichiarazioni contraddittorie dei fascisti al seguito di Mussolini - con il Duce che parlò ad esempio di un uomo col cappello vestito con colori chiari e Grandi che parlò di un giovane senza cappello vestito di scuro - favorirono i dubbi e le interpretazioni. Di lì a poco, comunque, ci fu la svolta dura del regime, con la predisposizione delle Leggi speciali, l'epurazione di più di cento parlamentari dell'opposizione, l'istituzione del Tribunale speciale.

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