Nel segno della libertà
A palazzo Binelli il convegno sul legame tra anarchia e Carrara
CARRARA. La morte del re Umberto I per mano di Gaetano
Bresci quale ponte tra il vecchio ed il nuovo corso
del movimento anarchico è stato l’argomento del convegno
“Nel fosco fin del secolo morente, l’anarchismo italiano
dai monti di Carrara al regicidio di Monza”, organizzato
a Palazzo Binelli dalla fondazione “Berti” e dalla
fondazione Cassa di Risparmio di Carrara.
Prima tentativi insurrezionali
legati ad un crescente disagio
sociale con i moti carrarini, di
Ancona e Milano, poi la svolta
in senso libertario.
Dopo l’evento di Monza, nella
storia dell’anarchismo - si è aggiunto
nel corso del convegno -
cambia la strategia operativa.
A Carrara ed in altre città nascono
le Camere del Lavoro ed
assieme si concretizzano le manifestazioni
di sciopero proprio
verso la decisione del loro scioglimento
da parte delle istituzioni,
culminando con quello nazionale
di Monza. Uno stacco
netto attraverso l’utilizzo di
mezzi che vedono gli anarchici
all’interno della lotta operaia.
In una parola, il sindacalismo
entra di fatto dell’anarchismo.
Ma l’anarchismo non riuscirà
poi - si è concluso - a portare le
masse verso le proprie posizioni
rivoluzionarie in direzione di
uno scisma sociale.
Un convegno di grosso spessore
culturale e storico come
ha detto Alberto Pincione, presidente
della fondazione Cassaa
di Risparmio, che vuole rappresantare
una rimeditazione giusta
nel posto giusto e nel momento
giusto.
Parlando a nome della Fiap
(Federazione italiana associazioni
partigiane), Alfredo Mazzucchelli
ha detto che la Resistenza
non rappresenta il passato
così come l’anarchismo non
deve essere considerato un tentativo
rivoluzionario ma entrambi
sono una reazione contro
lo sfruttamento e la difesa
delle libertà.
Numerosi e di prestigio i relatori:
dopo il saluto del sindaco
Angelo Zubbani, fra i primi a
partlare i professori Maurizio
Antonioli, università di Milano
e Giampietro Berti, dell’ateneo
di Padova.
«Nel fosco fin del secolo morente
» è il primo verso del famoso
canto di protesta scritto dall’avvocato
anarchico Luigi Molinari
proprio durante i moti di
Carrara del 1894.
Gian Ugo Berti Tirreno 30 ottobre 2011

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