Angiolo Berti così ricordava la figura dell'amico e collega
WALTER TOBAGI: NO AL RIVOLUZIONARISMO VERBALE
La Fondazione "Berti",a 30 anni dalla scomparsa, ripropone un pensiero quanto mai attuale. Cerimonia al Campo degli Eroi (Casciana Terme,Pisa)
CASCIANA TERME ( Pisa) – A trent'anni dal barbaro assassinio è stata ricordata al Campo degli Eroi di Casciana Terme (Pisa),la figura del giornalista del Corrirere della Sera,Walter Tobagi. L'iniziativa è della Fondazione "Angiolo e Maria Teresa Berti" che ha sede nel comune toscano al Campo degli Eroi.
Il Campo degli Eroi è una creazione del giornalista parlamentare Angiolo Berti,nativo di Casciana,che dal 1984 ha eretto 26 lapidi e cippi a chi sia caduto per la liberta. Berti,amico e collega di Tobagi, in particolare ne ha dedicato uno al ricordo di Tobagi. Venne ad inaugurarlo il 31 agosto 1991,l'allora presidente del Senato, Giovanni Spadolini. Il monumento,opera dello scultore livornese Bruno Cialdini,raffigura le pagine aperte del Corriere della Sera,simbolo della libertà di stampa,tranciate dall'ascia della violenza. L'iscrizione sulla lapide è altrettanto emblematica:"Noti gli esecutori,ma non i mandanti…".
Editorialista del quotidiano L'Umanità, Berti così ricordava il 30 maggio 1990,nel decimo anniversario dell'evento,il coraggio di Tobagi:
Partendo da una lucida espressione di Sciascia, "Lo hanno ammazzato perché aveva metodo", Berti riporta un giudizio di Bettino Craxi. "Tobagi era un combattetene vero. Il volantino che ne rivendicò l'uccisione affermava che i comunisti non sparano nel mucchio. Era dunque un prescelto,un predestinato,un cervello da eliminare."
"Walter,così prosegue lo scritto di Berti, dava fastidio anche per la posizione di minoranza che aveva assunto in seno alla Federazione Nazionale della Stampa pur dopo aver conquistato una posizione di leader all'Associazione Lombarda dei giornalisti di cui poi divenne presidente".
"Si impongono scelte coraggiose,sostenne. Non si tratta di rinnegare niente del passato ma di voltar pagina,aprire una fase nuova,smetterla con certi ritualismi che ogni giorno diventano più vacui. Perché i giornalisti sindacalisti devono recitare la parte dei piccoli politici,ognuno con i suoi amici influenti,con i consiglieri saldamente installati nel Palazzo e via,rattristando? Perché non cerchiamo di rilanciare la sfida per un sindacalismo giornalistico serio ,indipendente,meno popolo o più comportamenti concreti e conseguenti che punti a diventare il motore di un nuovo sviluppo dell'editoria pubblica e privata,in questo Paese?"
Trent'anni dopo, questi ammonimenti appaiono espressione ancor più di una attuale,pericolosa realtà.
GIAN UGO BERTI
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