PUBBLICHIAMO IL DOSSIER SULLA PENA DI MORTE CON UNA PARTICOLARE ATTENZIONE ALLA SITUAZIONE IRACHENA

IL RAPPORTO 2004, la pena di morte nel mondo
Il Rapporto 2004 di Nessuno tocchi Caino, curato anche quest'anno da Elisabetta Zamparutti ed edito da Marsilio, è dedicato al Presidente dello Zambia, Levy Mwanawasa, che è anche autore della Prefazione.
Cristiano battista di forti sentimenti abolizionisti, da quando è stato eletto Presidente nel 2001, Levy Mwanawasa ha dato un impulso notevole al processo di democratizzazione del paese e si è sempre rifiutato di firmare i decreti di esecuzione delle condanne a morte.
Nell'aprile 2003, il Presidente Mwanawasa ha istituito una commissione per la revisione della Costituzione con il compito di decidere anche sulla abolizione della pena di morte.
L'ultima esecuzione in Zambia è avvenuta nel gennaio 1997, quando in un giorno furono giustiziati otto detenuti. Da allora, in Zambia c'è una moratoria di fatto della pena di morte, che regge grazie soprattutto alle convinzioni del Presidente Mwanawasa, il quale ha dichiarato: "Le persone non possono essere mandate al macello come fossero polli, e finché sarò presidente non firmerò alcun ordine di esecuzione. Non voglio essere il capo dei boia."

La situazione ad oggi
I paesi o i territori che a vario titolo hanno deciso di rinunciare a praticarla sono oggi 133. Di questi 81 sono totalmente abolizionisti; 14 sono abolizionisti per crimini ordinari; 1 (la Russia) in quanto membro del Consiglio d'Europa è impegnato ad abolirla e, nel frattempo, attua una moratoria delle esecuzioni; 5 hanno stabilito una moratoria delle esecuzioni; 32 sono abolizionisti di fatto (non eseguono sentenze capitali da oltre dieci anni). I paesi mantenitori della pena di morte sono 63 (erano 66 nel 2002), anche se non tutti la praticano con assiduità. Nel 2003, solo 29 di questi paesi hanno compiuto esecuzioni (erano stati 34 nel 2002) che sono state almeno 5.599, un numero nettamente superiore alle 4.101 registrate nel 2002 e che si spiega con il fatto che per la prima volta dall'interno della Cina hanno cominciato a filtrare dati sulle esecuzioni che superano di gran lunga quelli diffusi negli anni scorsi dalle organizzazioni abolizioniste o dagli organi di stampa.
L'Asia rimane comunque il continente dove si pratica la quasi totalità della pena di morte nel mondo.
L'Africa conferma la tendenza ad abbandonare l'uso della pena di morte: nel 2003 sono state registrate 56 esecuzioni contro le 63 del 2002.
L'Europa sarebbe un continente totalmente libero dalla pena di morte se non fosse per la Bielorussia che nel 2003 ha effettuato almeno 1 esecuzione.
Anche le Americhe sarebbero un continente praticamente libero dalla pena di morte, se non fosse per le 65 persone giustiziate negli Stati Uniti (erano state 71 nel 2002) e le 3 giustiziate a Cuba dopo alcuni anni che ciò non avveniva.

Cina, Iran e Iraq i primi paesi boia del 2003
Dei 63 mantenitori della pena di morte, 48 sono paesi dittatoriali, autoritari o illiberali. In questi paesi, nel 2003, sono state compiute almeno 5.525 esecuzioni, pari al 98,7% del totale mondiale. Un paese solo, la Cina, ne ha effettuate almeno 5000, circa l'89,3% del totale mondiale; l'Iran ne ha effettuate almeno 154; l'Iraq almeno 113 (fino al 9 aprile 2003, quando l'applicazione della pena di morte è stata sospesa dall'Autorità Provvisoria della Coalizione); il Vietnam almeno 69; l'Arabia Saudita 52; il Kazakistan almeno 19; il Pakistan almeno 18; Singapore almeno 14; il Sudan almeno 13. Molti di questi paesi non forniscono statistiche ufficiali sulla pena di morte, per cui il numero reale delle esecuzioni potrebbe essere molto più alto. Sul terribile podio dei primi tre paesi al mondo che nel 2003 hanno compiuto più esecuzioni figurano quindi tre paesi autoritari: la Cina, l'Iran e l'Iraq (fino al 9 aprile 2003).

Cina, la realtà della pena di morte supera le stime più pessimistiche
Il numero delle condanne inflitte, così come quello delle esecuzioni, è coperto in Cina dal segreto di Stato, ma una cosa è certa: la Cina è il primo paese-boia al mondo, e i dati reali sulla carneficina giudiziaria cinese cominciano a filtrare dall'interno dello stesso regime comunista.
Secondo quanto pubblicato nel volume "Disidai" o "La Quarta Generazione", scritto da un membro interno del partito, 15.000 persone sono state mandate a morte ogni anno in Cina per presunti crimini dal 1998 al 2001.
Secondo quanto riferito da una fonte giudiziaria, nel 2003 in Cina sono state giustiziate circa 5.000 persone.
Secondo Chen Zhonglin, deputato al Congresso Nazionale del Popolo (Parlamento) di Pechino, la Cina effettua ogni anno circa 10.000 esecuzioni.

Il 28 giugno 2003, il Presidente cinese Hu Jintao ha elogiato i meriti della campagna "colpire duro" che ha portato all'esecuzione di migliaia di cinesi dall'aprile 2001, quando è stata inaugurata, e ha annunciato che la campagna durerà almeno un altro anno. L'11 dicembre, Xiao Yang, Presidente della Corte Suprema del Popolo ha invitato il Paese a proseguire nella campagna durante la quale 819.000 persone sono state condannate a morte o a pene detentive di cinque anni o più. Nel tritacarne della pena capitale sono finiti imputati di reati violenti e nonviolenti: attentatori dinamitardi e militanti separatisti, assassini e rapinatori, sequestratori e stupratori, narcotrafficanti e spacciatori, contrabbandieri di armi e di sigarette, contraffattori di banconote e di fatture, protettori e tombaroli, corrotti e corruttori, sono stati processati in grandi adunate, esposti al pubblico, costretti a tenere al collo un cartello con il loro nome e il reato e infine giustiziati.


 

Iran, di nuovo sul podio della disumanità
Anche nel 2003 l'Iran è salito sull'orribile podio olimpico dei primi paesi-boia del mondo. Si è piazzato dopo la Cina, ma in rapporto alla popolazione la pena di morte in Iran è praticata tanto quanto in Cina. Non c'è solo la pena di morte, secondo i dettami della Sharia iraniana, ci sono anche le frustate per chi ha rapporti sessuali prima del matrimonio, le fustigazioni per chi consuma alcool, il taglio delle mani e dei piedi per i ladruncoli.

Iraq, le ultime esecuzioni di Saddam
Esecuzioni di oppositori politici e "cospiratori" militari si sono verificate in Iraq fino al giorno della caduta del regime di Saddam Hussein, il 9 aprile 2003. Il 6 giugno 2004, il neo ministro della giustizia iracheno, Malek Dohan al Hassan, ha affermato che dopo il 30 giugno il suo paese avrebbe ripristinato la pena di morte e che l'ex presidente Saddam Hussein potrebbe esserne passibile. L'Autorità Provvisoria della Coalizione in Iraq ha detto che almeno 300.000 persone sono state sepolte in fosse comuni. Funzionari di organizzazioni per i diritti umani parlano di 500.000 persone e alcuni partiti politici iracheni stimano che siano più di un milione le persone giustiziate e sepolte in luogo segreto.

Democrazia e pena di morte
Rispetto all'anno precedente, nel 2003 è diminuito il numero delle esecuzioni, delle condanne e dei detenuti nel braccio della morte degli Stati Uniti.
Le condanne a morte eseguite sono state 65, a fronte delle 71 del 2002. Inoltre, dai sondaggi risulta che si sta riducendo anche il sostegno della popolazione alla pena capitale. L'ultimo sondaggio della Gallup, che è dell'ottobre 2003, ha trovato il 64% degli americani a favore della pena di morte e il 32% contrari. Un dislivello sempre consistente, ma il 64% di favorevoli è la percentuale più bassa degli ultimi 25 anni.
A contribuire a riaprire il dibattito sono state le modalità con cui viene applicata la pena di morte, i pregiudizi razziali (nel 2003 nessun bianco è stato giustiziato per casi di omicidio in cui la vittima fosse solo un nero) e di classe, ma soprattutto le continue scoperte di casi di errori giudiziari.


Abolizioni legali, di fatto e moratorie
Dall'inizio del 2003, 5 paesi sono passati dal fronte dei mantenitori a quello a vario titolo abolizionista: Benin, Ghana, Malawi e Marocco, paesi mantenitori, hanno superato i dieci anni senza praticare la pena di morte e quindi sono diventati abolizionisti di fatto.


Ripresa delle esecuzioni e tentativi di reintroduzione
Nel 2003, tre paesi hanno ripreso a praticare la pena di morte dopo anni di sospensione: Repubblica Democratica del Congo, Cuba e Ciad. Le Filippine, che avevano annunciato la ripresa, non hanno però effettuato nessuna esecuzione nel corso dell'anno.
Nel gennaio del 2004, il Libano ha ripreso le esecuzioni dopo cinque anni di moratoria di fatto.
Ad aprile 2004, l'Afghanistan ha compiuto la prima esecuzione dalla caduta dei Talebani.

Pena di morte nei confronti dei minori
In aperto contrasto con quanto stabilito dai patti internazionali, nel 2003 sono state giustiziate 3 persone che avevano meno di 18 anni al momento del reato. E' accaduto in 3 paesi: Iran, Cina e Stati Uniti (Oklahoma).
Nel dicembre 2003, il parlamento iraniano ha approvato una legge che stabilisce tribunali speciali per giudicare i minorenni ed esclude l'esecuzione di persone che avevano meno di 18 anni al momento del fatto. La proposta, che dopo l'approvazione del parlamento attende quella dell'organo superiore di controllo legislativo, il Consiglio dei Guardiani, escluderebbe i minori anche dall'ergastolo e dalle frustate.


La "guerra alla droga"

Anche per il 2003, il proibizionismo sulle droghe ha dato un contributo consistente alla pratica della pena di morte. Nel nome della guerra alla droga e in base a leggi sempre più restrittive, sono state effettuate esecuzioni in Arabia Saudita, Cina, Iran, Singapore, Tailandia e Vietnam.
Delle 52 esecuzioni nel 2003 in Arabia Saudita, 30 sono avvenute per reati di droga. A Singapore la pena di morte è obbligatoria per il traffico di 15 grammi o più di eroina, 30 grammi di cocaina o 500 grammi di cannabis. Delle 14 esecuzioni note per il 2003, almeno 6 sono state effettuate per traffico di droga.
Tre delle quattro persone giustiziate in Tailandia nel 2003 erano state condannate per droga. Nel 2003, si è registrata in Vietnam una escalation nell'applicazione della pena di morte, in particolare per reati di droga. Secondo notizie uscite sui giornali del regime, delle 110 persone condannate a morte, 63 sono state per droga.

La persecuzione di appartenenti a movimenti religiosi o spirituali
Nel 2003, sono continuati in alcuni paesi gli attacchi, gli interrogatori, le incarcerazioni e i maltrattamenti fisici nei confronti di membri di movimenti religiosi o spirituali non autorizzati dallo Stato. In Cina, tra giugno e agosto del 2003, più di 50 aderenti al Falun Gong sarebbero morti nei campi di detenzione, molti a causa delle torture subite.
Nella Corea del Nord è continuata la persecuzione di protestanti, cattolici, buddisti e membri di chiese cristiane clandestine. Fedeli cristiani sono stati imprigionati, picchiati, torturati o uccisi per aver letto la Bibbia e predicato su Dio, in particolare per aver avuto legami con gruppi evangelici operanti oltre confine in Cina.

La pena di morte "top secret"

Molti paesi, per lo più autoritari, non forniscono statistiche ufficiali sulla pratica della pena di morte.
In Cina, la questione è considerata un segreto di stato e, a parte alcune centinaia di esecuzioni riportate dai giornali locali, la stima sui dati reali relativa a migliaia di esecuzioni ogni anno si è basata in passato su fonti diplomatiche o giornalistiche occidentali e, a partire dal 2001, è stata fornita con più precisione da fonti interne al regime.
In piena continuità con la tradizione sovietica, la pena di morte è considerata un segreto di stato anche in Bielorussia, Tagikistan e Uzbekistan.
La "civiltà" dell'iniezione letale
Alcuni paesi hanno deciso recentemente di passare alla iniezione letale come metodo di esecuzione. Il cambio è stato presentato come una conquista di civiltà e un modo più umano per mandare all'altro mondo i condannati a morte.
Nel marzo 2003, il Dipartimento di Giustizia della provincia dello Yunnan, nel sud della Cina, ha inviato ai tribunali intermedi diciotto furgoni opportunamente modificati per giustiziare i condannati mediante

iniezione letale direttamente sul luogo del processo. Liu Huafu, 21 anni, e il suo complice Zhou Chaojie, 25, due contadini condannati per traffico di eroina, "hanno beneficiato del più recente progresso del sistema giudiziario cinese," ha scritto il quotidiano ufficiale "Pechino Oggi". "L'uso dell'iniezione letale dimostra che il sistema della pena di morte in Cina sta diventando più civile e umano," ha dichiarato Zhao Shijie, presidente dell'Alta Corte dello Yunnan.
Il 12 dicembre 2003, in Tailandia, sono state eseguite nel famigerato carcere di Bang Kwang le prime esecuzioni tramite iniezione letale dopo 68 anni e 319 giustiziati tramite fucilazione. "Abbiamo adottato l'iniezione letale per motivi umanitari, perché è un metodo che provoca meno sofferenza", ha detto il direttore generale del Dipartimento di Correzione il quale ha precisato che per le esecuzioni sono state utilizzate tre droghe: la prima ha sedato i condannati, la seconda ne ha rilassato i muscoli e la terza ne ha fermato il cuore.


 

Boia cercasi
Anche nel 2003, si sono registrati casi in cui la macchina della morte non ha potuto funzionare per la mancanza di un esecutore materiale della sentenza.
In India, nel carcere di Hazaribag, l'unico con il braccio della morte nello Jharkhand, l'ultima impiccagione è avvenuta nel 1964, quando un prigioniero condannato all'ergastolo è stato trasformato in boia poiché non si trovava nessuno disposto a fare questo servizio. Nel 1995 le autorità del carcere avevano cercato di convincere alcuni detenuti a giustiziare dei condannati a morte, ma non ci sono riusciti. Grazie a questo, sui 12 uomini condannati a morte dello Stato continua a vigere una moratoria di fatto delle esecuzioni. Ma dal 1999, anche a Bhagalpur nessuna condanna a morte è stata eseguita: i 36 detenuti nel braccio della morte non sono stati giustiziati perché non c'era il boia. L'ultimo è morto e non è stato trovato nessuno che lo voglia sostituire.
Nel febbraio 2003, le guardie carcerarie e i dirigenti della prigione di Bomana a Papua Nuova Guinea hanno comunicato che non avevano nessuna intenzione di impiccare un condannato per omicidio e che il giudice responsabile della condanna a morte avrebbe dovuto "eseguirla lui stesso". "Non vogliamo impiccare la gente. Il nostro ruolo dovrebbe essere quello di prenderci cura dei detenuti," ha dichiarato il sovrintendente David Melange.

Almeno 5.606 esecuzioni sono state effettuate in 29 paesi nel 2003.

SITUAZIONE in Iraq, date importanti
La normativa sulla pena di morte
Nel sistema giuridico iracheno, la pena di morte è in vigore dal 1921, in pratica dalla fondazione dello stato iracheno (1920), ma il suo campo di applicazione è stato allargato da quando il Partito Baath è salito al potere nel 1968 e, in particolare, dal 1979, anno che segna l'inizio della presidenza di Saddam Hussein.
L'11 febbraio 2003, il regime iracheno ha emesso una serie di nuovi decreti che prevedono la pena di morte nel caso in cui soldati provassero a fuggire o si rifiutassero di combattere una volta scoppiata la guerra. E' importante sottolineare che non esiste in Iraq proporzionalità tra gravità del crimine commesso e sentenza emanata. Il Codice Penale iracheno prevede la pena di morte per: chi tenta di uccidere il Presidente (art. 223); chi svolge attività politica al di fuori del Partito Baath (come pure chi diventa membro del Partito senza averlo preventivamente informato o chi lascia il Partito per aderire a un altro partito, art. 200); chi compie azioni rivolte a sovvertire il regime (art. 156) o chi è accusato di complotto contro lo stato (art. 175); chi cerca asilo all'estero, chi si oppone al regime e divulga segreti di stato (incluso il riferire la situazione relativa ai diritti umani). Il 31 marzo 1980 Saddam Hussein ha firmato il decreto n. 461 che condanna alla pena capitale tutti i membri del Partito Islamico al-Dawa, senza distinzione di età (minori di 18 anni o anziani).Oltre all'omicidio e a reati connessi al traffico di droga, decreti stabiliti dal CCR puniscono con la pena di morte anche il furto d'auto (decreto 13/92), il conio di denaro (decreto 9/93), la falsificazione di documenti relativi al servizio militare. Il decreto 95 prevede la pena di morte per "chiunque esporti illegalmente un'automobile fuori dal territorio iracheno o fornisca segretamente un'automobile a un nemico".

La sopravvivenza di Saddam per un quarto di secolo è dipesa dalla risposta spietata a ogni accenno di dissenso. Tortura e maltrattamenti sono all'ordine del giorno nelle carceri irachene dove le condizioni di vita sono di per sé insopportabili. I metodi utilizzati nelle prigioni irachene comprendono scariche elettriche per mutilare le mani, estrazione delle unghie, violenze sessuali e "stupri autorizzati". I detenuti nella prigione "Qurtiyya" (la gattabuia) a Baghdad, situata in una struttura della Direzione della Sicurezza Generale, sono rinchiusi in 50-60 box metallici delle dimensioni di una vecchia cassa di tè. Ogni "cella" ha un rubinetto per l'acqua e un pavimento a rete per consentire ai detenuti di defecare. In una situazione analoga si trovano i detenuti a "Sijn Al-Tarbut" (la bara), una prigione sempre della Sicurezza posta al terzo livello sotto terra e fatta di 100-150 box di acciaio simili ai loculi nei cimiteri che vengono aperti solo per una mezzora al giorno per far entrare un po' d'aria e di luce. Ai detenuti vengono dati solo cibi liquidi. Se non confessano li si lascia morire. Alla periferia di Baghdad c'è un'altra prigione: la famigerata Abu Ghraib, il complesso carcerario più grande dell'Iraq che si trova a circa 30 chilometri a ovest della capitale. Contiene varie sezioni, alcune delle quali aperte alle visite dei parenti mentre altre sono interdette. L'unico modo per acquisire informazioni è tramite qualcuno che è stato liberato o che ha fatto visita a un familiare detenuto. Ma molti prigionieri di Abu Ghraib sono tenuti in luoghi segreti dove sono portati con gli occhi bendati in celle senza nessuna vista sugli ambienti circostanti. Vi sono altre tristemente note prigioni in Iraq come quella di Radhwaniya. E' una casa di reclusione, dove in generale si sta peggio che in un carcere giudiziario, ma Radhwaniya è considerato uno dei peggiori posti esistenti nel paese.A seguito di una sua missione in Iraq nel luglio 2002, la Federazione Internazionale dei Diritti dell'Uomo (FIDH) ha reso pubblica una lista di 199 carceri sparse nel paese, ma ci sono anche molti centri di detenzione non dichiarati. Secondo l'Iraqi Human Rights Group le prigioni segrete sarebbero 300, dislocate in alcuni magazzini, depositi, edifici governatici o nei ministeri come quello dell'agricoltura. Tutti i presidi militari hanno poi un loro centro di detenzione riservato di solito ai prigionieri politici, stimati in circa 4.000 su un totale di 60.000 detenuti, migliaia dei quali non verranno mai processati e attendono un'amnistia perchè altrimenti non potranno essere liberati.

Il 20 ottobre 2002, il governo iracheno ha annunciato un'ampia amnistia "per ringraziare il popolo iracheno" che aveva rieletto Presidente Saddam Hussein col 100% dei voti nel referendum di cinque giorni prima. In alternativa alle amnistie, il regime iracheno ha spesso messo in atto "campagne di pulizia delle prigioni" che consistono nello svuotamento di quelle sovraffollate tramite l'esecuzione di centinaia di detenuti alla volta. La prima "campagna di pulizia" è avvenuta nel 1984: circa 4000 persone sono state giustiziate nella prigione di Abu Ghraib. 3000 persone sono state eliminate nella prigione di Mahjar tra il 1993 e il 1998 e circa 2500 nella prigione di Abu Ghraib tra il 1997 e il 1999. Ra'id Qadir Agha, un membro dell'Unione Patriottica del Kurdistan, ha rivelato che il giorno dopo l'attentato al primogenito di Saddam, Uday, avvenuto nel dicembre 1996, circa 2000 detenuti sono stati giustiziati in una sola notte in una prigione di Baghdad dove era detenuto. Per l'occasione fu portata in carcere una ghigliottina in grado di decapitare dodici persone alla volta. Altri detenuti sono stati portati in una speciale "stanza di impiccagione". Nell'eliminazione selvaggia di detenuti nelle prigioni del regime, nel novembre 2001 ve ne è stata una di 15 tramite gas letale alla quale Qusay Saddam Hussein ha supervisionato. L'esecuzione è stata effettuata riunendo i detenuti in una camera e aprendo i rubinetti del gas letale. Almeno 128 detenuti sono stati giustiziati a più riprese ad Abu Ghraib nel 2001. Esecuzioni in massa di detenuti si sono verificate anche nel 2002. Nell'atto d'accusa pronunciato il 7 febbraio 2003 davanti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite contro Saddam Hussein e la presenza in Iraq di armi di distruzione di massa, il Segretario di Stato americano Colin Powell ha richiamato il fatto che scienziati di Saddam avevano testato armi chimiche e batteriologiche direttamente sui detenuti, 1600 dei quali nel 1995 erano stati trasferiti dal braccio della morte in una speciale unità di sperimentazione.

Nel dossier di 23 pagine sui diritti umani in Iraq presentato il 2 dicembre 2002 dal Foreign Office britannico si afferma che nella regione settentrionale kurda dell'Iraq, solo nel 1987-88, 100.000 kurdi sono stati uccisi o fatti sparire, mentre centinaia di civili musulmani sciiti, che costituiscono più della metà della popolazione, sono morti quando le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco contro una manifestazione pacifica all'inizio del 1999. In base a notizie pubblicate sulla stampa irachena e riportate da fonti dell'opposizione, Nessuno tocchi Caino ha registrato almeno 214 esecuzioni in Iraq nel 2002. Erano state almeno 179 nel 2001.Notizie sulle numerose esecuzioni in Iraq non sono solo riportate dai governi occidentali o da fonti dell'opposizione. In un Rapporto presentato il 1° aprile 2002 alla Commissione Diritti Umani delle Nazioni Unite, lo special rapporteur sull'Iraq Andreas Mavrommatis ha riportato notizie secondo le quali il governo iracheno avrebbe giustiziato circa 4.000 persone dal 1998 al 2001. Nell'ambito della lotta contro la prostituzione, 130 donne sarebbero state decapitate tra il giugno 2000 e l'aprile 2001. Le teste di trenta di loro decapitate ad ottobre 2000 sarebbero state poi lasciate sull'uscio della loro casa. Ma secondo quanto riferiscono associazioni per i diritti umani, molte delle donne non erano prostitute e sono state uccise per motivi politici.Il maggiore dei figli di Saddam Hussein, Uday, è considerato un vero e proprio patito delle esecuzioni pubbliche e, con il fratello Qusay, avrebbe firmato un numero di decreti di esecuzione stimato in 10.000.

8 novembre 2002: Un'inchiesta condotta dal canale televisivo inglese Channel 4 ha portato nuovi riscontri alla notizia che nell'ottobre 2000 decine di donne accusate di prostituzione sono state decapitate senza alcun processo. La televisione inglese ha scoperto testimoni oculari dell'esecuzione di 15 donne in una piazza nel porto di Bassora. Ashraq Jabr, un'irachena di 32 anni in esilio, afferma che è pronta a testimoniare davanti alle Nazioni Unite di aver assistito nell'ottobre 2000 alla decapitazione in pubblico di 15 donne compiuta da membri dei "Commandos di Saddam", la milizia privata creata nel 1994 e capeggiata da Uday, il figlio maggiore di Saddam Hussein e un vero e proprio patito per le esecuzioni pubbliche. Ashraq, alla quale era stato ordinato dal partito Baath di assistere all'esecuzione insieme a centinaia di altre persone, ha dichiarato che le era stato detto che le donne sarebbero state uccise perché erano delle prostitute - anche se la prostituzione in genere non è considerata un reato capitale in Iraq. Ma secondo quanto riferiscono associazioni per i diritti umani, molte delle donne non erano prostitute e sono state uccise per motivi politici. Ad esempio, una delle donne uccise nell'ottobre 2000, Najat Mohammed Haidar, era una ostetrica di mezza età che è stata uccisa perché aveva protestato contro il mercato nero delle medicine nel suo ospedale.Dei testimoni hanno inoltre fornito dettagli dell'esecuzione pubblica di Umm Liq'a, una madre di tre figli il cui marito era un attivista sciita in carcere. A quanto è stato riferito la donna è stata rapita dagli uomini di Uday e portata in una piazza polverosa nei pressi dello Sheraton Hotel di Baghdad dove le è stata tagliata la testa con un solo colpo di spada sbalzata in oro inferto pronunciando le seguenti parole: "Per l'onore di Saddam Hussein". Secondo quanto riferito da un testimone oculare che ha assistito all'esecuzione, c'erano segni di tortura sul corpo della donna provocati da percosse e ferite da armi da taglio. Rasha Juma, 34 anni, madre di due bambini, che ha assistito all'esecuzione dal suo appartamento che dava sulla piazza e che ora vive in Gran Bretagna, ha detto: "Conoscevo la donna, aveva i capelli biondi, ma era stata rasata a zero. Dopo l'esecuzione, la sua testa è rimasta attaccata al suo corpo attraverso una sottile striscia di pelle. Quando l'hanno sollevata, la testa si è staccata dal corpo: l'hanno presa e l'hanno buttata nel bidone della spazzatura." (Fonti: Scotsman, 09/11/2002)

2 gennaio 2002: le autorità del regime iracheno hanno giustiziato nella prigione di Abu Ghraib un pilota dell'aviazione, il maggiore Abdul Mun'im Farhan Shehab. La sentenza è stata eseguita in ottemperanza al decreto presidenziale n. 806. Era stato accusato di aver tentato di scappare dal paese attraverso la Giordania. Durante l'esecuzione, i bracci delle sezioni "Pene Gravi" e "Sentenze Speciali" del carcere sono state chiuse e nessun movimento è stato autorizzato da un locale all'altro. Due giorni prima dell'esecuzione è stato consentito alla famiglia, del distretto Al-Shu'la a Baghdad, di vedere il giustiziato. Dopo l'esecuzione, il suo corpo è stato consegnato ai parenti, i quali sono stati diffidati dall'effettuare qualsiasi rito funebre. (Fonti: Partito Comunista Iracheno, 08/02/2002)
14 febbraio 2002: dieci alti ufficiali dell'esercito sono stati giustiziati nell'ambito dell'azione intrapresa dalle autorità per reprimere l'ennesimo tentativo delle forze armate di rovesciare il regime di Saddam Hussein. Secondo fonti irachene, i "cospiratori" tra i quali figuravano i più alti ufficiali dell'esercito avevano stabilito cellule fin dentro i reparti d'elite delle Guardie Repubblicane. Tra i dieci ufficiali uccisi vi era il Generale Mohammed al-Dulaimi, comandante di una delle principali divisioni del reparto su cui conta Saddam per mantenere il suo potere. Il complotto è stato scoperto da elementi della Special Security Force, sezione incaricata della protezione di Saddam, della sua famiglia e dei suoi più stretti complici. (Fonti: Damascus, Iraqi Press, 14/02/2002)
18 marzo 2002: L'ufficio per i diritti umani del Partito Comunista Iracheno ha detto che le autorità irachene hanno giustiziato tre alti ufficiali dell'esercito nei primi di marzo, con l'accusa di essersi opposti a Saddam Hussein. I tre ufficiali sono il maggiore Muhammad Abdallah Shahin, il maggiore Muhammad Najib e il maggiore Muwaffaq, tutti della città settentrionale di Mosul. (Fonti: Al-Sharq al-Awsat, monitorato da BBC, 18/03/2002)
22 marzo 2002: secondo un comunicato del Partito Comunista Iracheno, agli inizi di marzo il regime di Bagdad ha giustiziato tre militari, tra cui un membro eminente del Baath, il partito unico al potere. I tre uomini - Jiwad Kdhim Lia'ybi, di Hilla, Abdul Hussein Jassim, di Shamiya, Abdu-Haq Ismail, del Governatorato di Babil - erano in forza al battaglione "Sayf al-Qa'ed" della 10ma divisione e sarebbero stati giustiziati con l'accusa di aver fatto esplodere munizioni del battaglione e ucciso un luogotenente. Abd alBaqi Sa'dun, membro del comando regionale del partito Baath, ha preso personalmente parte all'esecuzione avvenuta nella prigione di Abu Ghraib sparando il colpo di grazia alla testa dei tre uomini con la sua pistola d'ordinanza. I loro corpi sono stati restituiti alle famiglie il 6 marzo. (Fonti: Kuna news agency, monitorata da BBC, 22/03/2002)
19 agosto 2002: a seguito del bombardamento ai danni del battaglione 64 compiuto dall'aviazione americana la notte fra il 18 ed il 19 luglio, il regime iracheno avrebbe fatto arrestare gli ufficiali del battaglione e li avrebbe poi sottoposti a giudizio. Secondo la notizia che non ha trovato conferma ufficiale, il giudice Dawud Salman Al-Azzawi ha presieduto la corte che avrebbe condannato a morte alcuni degli arrestati mentre gli altri hanno avuto l'ergastolo. Tra gli ufficiali condannati a morte vi sarebbe Jasim Abd-al-Rasul Al-Jabiri. (Fonti: Regay Yekdun, monitorato da BBC, 21/08/2002)
21 ottobre 2002: è stata riportata la notizia che all'inizio di ottobre le autorità irachene hanno consegnato alle rispettive famiglie i cadaveri del colonnello Ahmad Rashid al-Dulaymi e del capitano Anwar Muhammad al-Bakri. Entrambi piloti, sono stati giustiziati per tradimento. (Fonti: Kurdistani Nuwe, Al-Sulaymaniyah, monitorato da BBC, 23/10/2002)

30 gennaio 2002: le autorità irachene hanno giustiziato tre persone e condannato altre sei a lunghe pene detentive con l'accusa di aver attaccato e ucciso membri del partito Baath al potere. Erano stati arrestati insieme ad altri dopo un assalto a una sezione del Baath a Baghdad nella quale erano rimasti uccisi due alti esponenti del partito, Hadi al-Muaid e Moussa Abedziboun. Le esecuzioni e le pene detentive sono state decise da un tribunale speciale a seguito di un processo sommario. Come è noto, in Iraq operano una serie di tribunali speciali amministrati dai vari servizi di sicurezza del paese, le cui decisioni non possono essere appellate e davanti ai quali agli imputati non è consentito avvalersi di avvocati difensori. (Fonti: Amman, Iraq Press, 30/01/2002)
27 febbraio 2002: il Consiglio Supremo per la Rivoluzione Islamica, un gruppo di opposizione in Iraq, ha denunciato che due impiegati dell'ente petrolifero Al-Shuaiba di Bassora sono stati giustiziati i primi di febbraio. Il cugino del presidente Saddam Hussein, Ali Hassan Al-Majeed, aveva ricevuto informazioni secondo cui i due impiegati erano membri di un gruppo di opposizione e ne ha ordinato l'esecuzione sulla base di accuse per omissioni e negligenze e per la loro influenza negativa sugli altri membri dello staff. (Fonti: Kuna news agency, 27/02/2002)
15 aprile 2002: l'Ufficio per i Diritti Umani del Partito Comunista Iracheno ha detto che il regime di Saddam Hussein ha giustiziato 17 persone in marzo, alcune settimane dopo la visita nel paese dello Special Rapporteur delle Nazioni Unite sui diritti umani Andreas Mavromatis, il quale aveva chiesto al regime di porre fine alle esecuzini. Nei primi del mese, le autorità avrebbero ucciso 5 persone del villaggio di Al-Wahhabi nel Governorato di Al-Najaf con l'accusa di aver provocato scontri con la polizia e di aver preso parte insieme agli abitanti del paese all'uccisione di un poliziotto e di un membro del partito al governo. La polizia avrebbe arrestato i cinque uomini a dicembre 2001 durante un raid nel villaggio di Al-Wahhabi mentre cercava degli evasi. Inoltre 4 detenuti della prigione di Abu Ghraib, vicino Baghdad, sarebbero stati giustiziati il 15 marzo, mentre altri 8, del governorato di Al-Muthanna, il 21. (Fonti: Al-Sharq al-Awsat, monitorato da BBC, 16/04/2002)
12 agosto 2002: il giornale del Partito Comunista iracheno, Tariq al-Sha'b, ha riportato che il 25 giugno le autorità irachene hanno restituito alle rispettive famiglie i cadaveri di tre oppositori che avevano giustiziato nel Distretto di Al-Hindiyah e dintorni. I loro nomi sono: Karim Muhammad Al-Nashmi, 35 anni; Aid Jasim Abd Ayub; Ali Abbis Khashan. Le autorità hanno proibito alle famiglie degli uccisi di tenere le cerimonie funebri. Altre esecuzioni sarebbero avvenute in giugno nei confronti di persone che avrebbero tenuto un comportamento ostile al regime o per aver espresso opinioni considerate "ostili" dal regime. Il 23 giugno cinque persone sono state giustiziate nella prigione di Abu Ghraib, tre delle quali per ragioni politiche: Jabbar Sadiq Ali, di Bassora, nato nel 1962; Fadil Mahdi Jawad, di Al-Shatrah, nato nel 1971; Khalil Baqir Hashim, di Baghdad, nato nel 1973. Le autorità non hanno restituito alle famiglie i cadaveri dei congiunti che sarebbero stati seppelliti in un luogo segreto.
Una settimana prima, attorno alla metà di giugno, nella prigione di Abu Ghraib sono stati uccisi altri cinque detenuti arrestati per ragioni politiche. Solo due di loro erano stati condannati a morte: Naji Hamid Zahid, di Baghdad, nato nel 1975; Abd-al-Salam Hadi Jawad, di Bassora, nato nel 1964. Gli altri tre detenuti non erano stati nemmeno condannati: Ghanim Ala Mahdi, di Al-Nasiriyah, nato nel 1962; Mahmud Hadi Nasif, di Baghdad, nato nel 1969; Faris Abbas Wadi, nato nel 1965. Neanche in questo caso le autorità hanno permesso alle famiglie di seppellire i loro parenti. I cinque cadaveri sono stati portati al cimitero Sayd Ibrahim nel Distretto di Al-Jadiriyah a Baghdad scortati da una pattuglia della Direzione della Sicurezza Generale e seppelliti nell'oscurità della notte. (Fonti: Tariq al-Sha'b, monitorato da BBC, 12/08/02)
9 settembre 2002: il giornale Regay Kurdistan ha riportato una notizia diffusa dall'ufficio per i diritti umani del Partito Comunista Iracheno secondo la quale 18 cittadini sarebbero stati giustiziati dal regime di Baghdad a luglio. Un gruppo di 13 persone era accusato di lavorare per l'opposizione. I loro nomi sono: Hatim Husayn Mish'al, Farhan Qasim Husayn, Dawud Ali Awni, Basim Ali Wa'il, Nasir Muhsin Jawad, Ubayd Husayn Hasan, Khaz'al Ibrahim Naji, Mahmud Wadi Salman, Abbas Makki Hatam, Salman Muhsin Aba, Ra'd Makki Farhan, Qays Ali Ubayd, Riyad Hisa Adil.L'articolo riporta inoltre i nomi di altri cinque cittadini giustiziati in quanto accusati di lavorare per la resistenza islamica: Fadil Mirud Khaya Al-Hamdani, Salah Jabir Al-Hamdani, Falah Jabir Al-Hamdani, Jasim Ahmad Al-Hamdani, Ali Jawad Al-Haydari. Alle famiglie dei 18 giustiziati è stato chiesto di pagare 75.000 dinari, dopo essergli stato spiegato che il denaro era destinato a coloro che hanno effettuato le esecuzioni. (Fonti: Regay Kurdistan, monitorato da BBC, 10/09/2002)
30 settembre 2002: l'Istituto per i Diritti Umani, legato al Partito Comunista Iracheno, ha detto che 15 dissidenti politici sono stati giustiziati nella prigione di Abu Ghraib, a ovest della capitale. Le esecuzioni sarebbero avvenute il 21 luglio e i corpi sarebbero stati bruciati di notte in una fossa comune nel cimitero di al-Karkh a Baghdad. Il gruppo di opposizione che ha sede nella regione autonoma kurda dell'Iraq settentrionale ha riportato 33 esecuzioni di prigionieri politici in luglio e ha chiesto alla comunità internazionale di mandare osservatori sui diritti umani in Iraq insieme agli ispettori sugli armamenti. "Mentre il governo afferma ipocritamente di proteggere il popolo iracheno dai rischi di un attacco USA e altre cose del genere, le esecuzioni proseguono," ha dichiarato il gruppo. (Fonti: AP, Sun Herald, 30/09/2002)
28 ottobre 2002: Jamawar, un giornale indipendente diffuso nella zona settentrionale dell'Iraq popolata dai kurdi, ha riportato la notizia della esecuzione di 6 prigionieri politici sospettati di avere legami con l'opposizione irachena. I nomi delle persone giustiziate dal commissariato di pubblica sicurezza di Baghdad sono: Abbas Faraj, Naji Dulaimi, Mohammad Omar, Mohammad Ridha Ismael, Ryad Fadhel e Abbas Nasser. Il giornale non ha chiarito se le esecuzioni avrebbero avuto luogo prima o dopo il decreto di amnistia nei confronti di "tutti" i prigionieri detenuti in Iraq, emesso dal presidente Saddam Hussein il 20 ottobre. (Fonti: Al-Bawaba News, 28/10/2002)

9 settembre 2002: il giornale Regay Kurdistan ha riportato una notizia diffusa dall'ufficio per i diritti umani del Partito Comunista Iracheno secondo la quale 18 cittadini sarebbero stati giustiziati dal regime di Baghdad a luglio. Un gruppo di 13 persone era accusato di lavorare per l'opposizione. I loro nomi sono: Hatim Husayn Mish'al, Farhan Qasim Husayn, Dawud Ali Awni, Basim Ali Wa'il, Nasir Muhsin Jawad, Ubayd Husayn Hasan, Khaz'al Ibrahim Naji, Mahmud Wadi Salman, Abbas Makki Hatam, Salman Muhsin Aba, Ra'd Makki Farhan, Qays Ali Ubayd, Riyad Hisa Adil.L'articolo riporta inoltre i nomi di altri cinque cittadini giustiziati in quanto accusati di lavorare per la resistenza islamica: Fadil Mirud Khaya Al-Hamdani, Salah Jabir Al-Hamdani, Falah Jabir Al-Hamdani, Jasim Ahmad Al-Hamdani, Ali Jawad Al-Haydari. Alle famiglie dei 18 giustiziati è stato chiesto di pagare 75.000 dinari, dopo essergli stato spiegato che il denaro era destinato a coloro che hanno effettuato le esecuzioni. (Fonti: Regay Kurdistan, monitorato da BBC, 10/09/2002)
30 settembre 2002: l'Istituto per i Diritti Umani, legato al Partito Comunista Iracheno, ha detto che 15 dissidenti politici sono stati giustiziati nella prigione di Abu Ghraib, a ovest della capitale. Le esecuzioni sarebbero avvenute il 21 luglio e i corpi sarebbero stati bruciati di notte in una fossa comune nel cimitero di al-Karkh a Baghdad. Il gruppo di opposizione che ha sede nella regione autonoma kurda dell'Iraq settentrionale ha riportato 33 esecuzioni di prigionieri politici in luglio e ha chiesto alla comunità internazionale di mandare osservatori sui diritti umani in Iraq insieme agli ispettori sugli armamenti. "Mentre il governo afferma ipocritamente di proteggere il popolo iracheno dai rischi di un attacco USA e altre cose del genere, le esecuzioni proseguono," ha dichiarato il gruppo. (Fonti: AP, Sun Herald, 30/09/2002)
28 ottobre 2002: Jamawar, un giornale indipendente diffuso nella zona settentrionale dell'Iraq popolata dai kurdi, ha riportato la notizia della esecuzione di 6 prigionieri politici sospettati di avere legami con l'opposizione irachena. I nomi delle persone giustiziate dal commissariato di pubblica sicurezza di Baghdad sono: Abbas Faraj, Naji Dulaimi, Mohammad Omar, Mohammad Ridha Ismael, Ryad Fadhel e Abbas Nasser. Il giornale non ha chiarito se le esecuzioni avrebbero avuto luogo prima o dopo il decreto di amnistia nei confronti di "tutti" i prigionieri detenuti in Iraq, emesso dal presidente Saddam Hussein il 20 ottobre. (Fonti: Al-Bawaba News, 28/10/2002)


 

14 febbraio 2002: in base a quanto deciso da una corte, due detenuti sono stati giustiziati nella prigione di Mahattah, ad Arbil. I due, di cui si conoscono solo le iniziali S e F, erano stati arrestati dai reparti dell'esercito di Barzan, nella regione di Mergasur. Successivamente avevano confessato di aver ucciso quattro persone rubando loro le macchine. (Fonti: Hawlati, monitorato da BBC, 14/02/2002)
25 febbraio 2002: il Consiglio Supremo della Rivoluzione Islamica in Iraq (SCIRI), un gruppo di opposizione, ha dichiarato in una nota che i primi di febbraio le autorità irachene hanno giustiziato 60 detenuti nella prigione di Abu Ghraib alla periferia di Baghdad. 35 erano sospettati di essere oppositori al regime di Saddam Hussein. I detenuti erano stati incarcerati con l'accusa di aggiotaggio, condotta monopolistica, rifiuto di arruolarsi nell'Al-Quds Army [esercito volontario costituito da Saddam Hussein per combattere a fianco dei palestinesi per la liberazione di Gerusalemme dal controllo israeliano] o di pagare una somma per la protezione alle bande di Uday, figlio del dittatore iracheno. (Fonti: Kuna news agency, monitorata da BBC, 25/02/2002)
4 marzo 2002: le autorità irachene hanno giustiziato 52 detenuti nella famigerata prigione di Abu Ghraib vicino Baghdad. Parlando in condizioni di anonimato, parenti dei detenuti hanno riferito che Saddam Hussein aveva emesso il decreto di esecuzione appena un giorno dopo una rivolta di grandi proporzioni nel carcere durante la quale molti detenuti sono rimasti feriti. La rivolta era iniziata quando le guardie avevano aperto i cancelli per distribuire il cibo ai detenuti. Continuando la protesta ed essendosi estesa ad altri bracci, le autorità della prigione hanno aperto il fuoco sui rivoltosi, molti dei quali sono stati feriti. I parenti hanno detto che la rivolta è stata la più imponente che si sia mai registrata ad Abu Ghraib ed è stata così preoccupante che il secondo giorno i responsabili della prigione hanno ricevuto ordini da Saddam di giustiziare tutti quelli coinvolti. Almeno 52 detenuti, la maggior parte dei quali per motivi politici, sono stati immediatamente giustiziati.Le autorità tentano ogni volta di imporre un rigido blackout alle notizie sulle rivolte, le quali si sono verificate finora in numerosi centri di detenzione nel paese. All'inizio dell'anno, tre soldati sono stati uccisi durante una rivolta in un centro di detenzione dell'esercito presso il campo militare di Habaniya, a ovest di Baghdad. Verso la fine dell'anno scorso, le autorità avevano aumentato la sicurezza ad Abu Ghraib anche a seguito di scontri tra detenuti e guardie. Centinaia di detenuti avevano assalito i loro custodi che pretendevano cifre esorbitanti perchè i parenti potessero portare nella prigione cibo, medicine ed altri beni di prima necessità. I familiari hanno detto che le condizioni di vita ad Abu Ghraib sono spaventose a causa del sovraffollamento e dei maltrattamenti a cui sono sottoposti i detenuti. (Fonti: Sulaimaniya, Iraq Press, 04/03/2002)
25 settembre 2002: il governo britannico ha reso pubblico un dossier sul Rais iracheno dal titolo "Saddam Hussein: crimini e violazioni dei diritti umani". Il Rapporto redatto dal Foreign Office, ha riportato tra l'altro che: "Organizzazioni per i diritti umani come Human Rights Watch e lo Special Rapporteur sui diritti umani in Iraq, hanno confermato le esecuzioni di massa per "ripulire" le prigioni. 4000 prigionieri politici sono stati giustiziati nella sola prigione di Abu Ghraib nel 1984. Circa 2500 detenuti sono stati giustiziati tra il 1997 e il 1999 in un'altra campagna di "pulizia delle prigioni". Nel febbraio 2000, 64 prigionieri sono stati eliminati ad Abu Ghraib, seguiti a marzo da altri 58: prima si erano fatti tutti un periodo di isolamento. 23 prigionieri politici, prevalentemente musulmani sciiti, sono stati giustiziati nella stessa prigione nell'ottobre 2001. Tra il 1993 e il 1998, circa 3000 detenuti nella prigione di Mahjar sono stati giustiziati in una zona vicino il carcere detta "Hadiqa" (il giardino), un'area all'aperto fatta di dune e coperta da un tetto in lamiera. I prigionieri di "Mahjar" sono stati eliminati a colpi di mitragliatrice. L'esecuzione di massa è stata decisa da un Comitato Speciale di Supervisione presso la prigione." (Fonti: Foreign and Commonwealth Office Report, 25/09/2002)


 

20 febbraio 2002: un alto esponente del partito Baath al potere è stato giustiziato nella città meridionale di Bassora per aver preso mazzette e per appropriazione indebita. Ali Hassan al-Majeed, un cugino e fidatissimo luogotenente di Saddam Hussein, ha soprinteso all'esecuzione avvenuta in una piazza nel centro della città alla presenza di una enorme folla. Il giustiziato è stato identificato come Jaber Zugheir. Era appartenente alla sezione di Bassora del Baath e a capo di un'associazione di iracheni decorati di guerra e animati da una fede incrollabile verso Saddam. (Fonti: Amman, Iraq Press, 20/02/2002)18 marzo 2002: Saddam Hussein ha giustiziato due guardie del corpo e un maggiordomo accusati di aver rubato oggetti personali in uno dei palazzi del Rais. I tre sono stati uccisi nei giardini del fastoso complesso presidenziale sulle rive del lago artificiale di al-Tharthar a nord di Baghdad. Saddam aveva compiuto una visita improvvisa nel palazzo agli inizi di marzo dopo un'assenza di dieci mesi. Era rimasto di sasso nello scoprire che una pittura, un televisore e alcune paia di scarpe erano spariti. Saddam ha riunito le guardie della sicurezza e i servitori nel palazzo chiedendo una spiegazione. Due guardie e un maggiordomo hanno prima confessato il furto e poi implorato il perdono, ma Saddam li ha fucilati sul posto davanti ai loro colleghi. Uno dei due ufficiali era originario di Hamam al-Alil, alla periferia di Mosul, l'altro di Diyali.Saddam possiede 43 grandi complessi residenziali in giro per il paese. Sono tutti arredati con sfarzo e tenuti puliti e in ordine 24 ore su 24. I servitori, i guardiani e il personale amministrativo sono tenuti rigorosamente a disporre i palazzi come se Saddam e la sua famiglia vivessero lì permanentemente. Pasti abbondanti vengono cucinati tre volte al giorno mentre le camere da letto e le sale fornite di aria condizionata sono tenute in ordine costantemente. Non è stata la prima volta che il Rais ordina l'esecuzione di servitori di palazzo e guardiani sorpresi a rubare. (Fonti: Arbil, Iraq Press, 18/03/2002)14 luglio 2002: il Presidente iracheno ha fatto giustiziare numerosi pescatori appartenenti alla tribù Duleimi. Il massacro ha avuto luogo presso il lago al-Tharthar, 120 chilometri a nord di Baghdad, dove il Rais ha fatto costruire una serie di palazzi e rifugi. Il lago artificiale è ricco di pesce e altra fauna marina. Una volta riforniva di cibo Mosul, la seconda città dell'Iraq, e altre città. Ma Saddam ha dichiarato off-limits l'immenso lago dopo la costruzione sulle sue rive di numerosi palazzi presidenziali. Egli ha posto anche un bando all'uso di armi da fuoco ed esplosivi nelle sue vicinanze. L'ultima volta che era stato a Tharthar aveva sentito delle esplosioni che le sue guardie del corpo avevano attribuito a pescatori della tribù Duleimi che stavano pescando nel lago. Il fatto lo aveva irritato al punto di far ordinare la loro immediata esecuzione nel timore che le esplosioni potessero avere a che fare con un tentativo di golpe nei suoi confronti.Le fonti non hanno riportato esattamente quanti pescatori sono stati messi a morte da Saddam. L'esecuzione avrebbe mandato in bestia gli anziani della tribù Duleimi, i cui appartenenti vivono nel deserto a ovest-nordovest di Baghdad. Gli indocili Duleimi si erano sollevati contro il regime nella nota ribellione del 1996 a Ramadi nella quale uno dei suoi membri, un alto ufficiale dell'aviazione, venne giustiziato con l'accusa di aver tentato di uccidere Saddam.La pesca è una vera passione per Saddam il quale possiede palazzi e rifugi sulle rive dei principali laghi del paese. Laghi e laghetti, usati anche come vivai, fanno da cornice ai suoi palazzi. L'uso di esplosivi e veleno nella pesca sono banditi in Iraq. Sui trasgressori incombe la minaccia di conseguenze serie che vanno da una multa pesante fino a lunghe pene detentive. (Fonti: London, Iraq Press, 14/07/2002)

20 febbraio 2002: i miliziani noti come i Commandos di Saddam hanno strappato la lingua di un uomo che aveva criticato pubblicamente il Rais. La lingua di Faris Ukla è stata amputata a Diwaniya, nella parte centrale della provincia di al-Qadissiya, alla presenza di una folla di persone. Ukla è la seconda persona della stessa città e la quinta in Iraq a subire questa orrenda punizione. L'anno prima, i temuti commandos che fanno direttamente capo al figlio maggiore di Saddam, Uday, avevano tagliato la lingua al diciassettenne Zuheir Kadhem, anche lui accusato di aver mandato al diavolo Saddam. (Fonti: Amman, Iraq Press, 20/02/2002)
1° marzo 2002: due giovani iracheni hanno avuto tagliato un pezzo della loro lingua per aver criticato pubblicamente Saddam Hussein. Faris Kadhem e Zuheir Jabbar sono le ultime vittime di questa punizione crudele di solito applicata davanti a una folla di persone.Testimoni hanno riferito che i due sono stati trascinati da una pattuglia dei temutissimi Commandos di Saddam al centro della città meridionale di Diwaniya. Tenendoli con le mani legate dietro la schiena, due membri della milizia gli hanno aperto a forza la bocca mentre un altro ha tirato fuori un coltello affilato, gli ha estratto la lingua e gliel'ha mozzata. I testimoni hanno notato che la pattuglia di miliziani era la più imponente che si fosse mai vista a Jadeeda, alla periferia di Diwaniya. I commandos hanno persino incitato la gente a festeggiare l'amputazione lanciando slogan a favore di Saddam. Ma alcune donne nella folla hanno levato voci di protesta, il che ha spinto i miliziani a sparare alcuni colpi in aria per disperderle.Con questa sono diventati sette i cittadini iracheni vittime di amputazione della lingua. (Fonti: Amman, Iraq Press, 01/03/2002)
13 febbraio 2003: due medici iracheni hanno preferito abbandonare il loro paese e ora vivono nel South Yorkshire (Inghilterra) per non dover commettere su ordine di Saddam Hussein atrocità nei confronti dei propri concittadini. I loro casi sono stati resi pubblici da Denis MacShane, deputato di Rotherham e Ministro per l'Europa. Uno dei due è andato via dall'Iraq dopo che gli era stato chiesto di mozzare le orecchie a 150 soldati che avevano disobbedito agli ordini del Rais. Al medico era stato anche chiesto di verificare se le vittime di una esecuzione di massa fossero tutti morti. All'altro - un chirurgo ortopedico di successo che vive ora a Rotherham con la moglie ginecologa - uomini di Saddam avevano chiesto di produrre falsi certificati di morte. MacShane ha reso noto che entrambi sono ora in procinto di chiedere asilo politico nel Regno Unito. (Fonti: Sheffield Star, 13/02/2003)


 

6 agosto 2002: il regime iracheno ha ordinato il rilascio di alcuni prigionieri per rimarcare il quattordicesimo anniversario della fine della guerra tra Iran ed Iraq. Non sono stati resi noti i dati sul numero dei prigionieri da liberare, ma il decreto emanato dal Consiglio del Comando della Rivoluzione e firmato da Saddam è sembrato escludere i prigionieri politici. Il decreto, diffuso dai mezzi di comunicazione statali, prevedeva il rilascio di prigionieri che avevano scontato almeno un anno di una condanna fino a cinque anni di carcere, due anni di una condanna fino a dieci anni e cinque anni di una condanna a più di dieci anni. Per i prigionieri nel braccio della morte, eccetto quelli condannati per reati di droga, omicidio durante rapina o con accuse di spionaggio, era prevista la commutazione in ergastolo. Le autorità irachene definiscono "spie" tutti coloro che sono stati arrestati per aver attaccato obiettivi del governo o perché appartenenti ai vari gruppi di opposizione fuori legge. L'Iran ha accettato un cessate-il-fuoco delle Nazioni Unite l'8 agosto 1988, dopo una guerra di otto anni con l'Iraq che è costata circa un milione di vite. L'Iraq celebra il cessate-il-fuoco come un "grande giorno di vittoria" contro l'Iran. (Fonti: Reuters, 06/08/2002)
20 ottobre 2002: il governo iracheno ha annunciato un'ampia amnistia "per ringraziare il popolo iracheno per la rielezione del Presidente Saddam Hussein" nel referendum del 15 ottobre che ha fatto registrare il 100% di voti favorevoli a Saddam. La televisione ha mostrato decine di uomini che lasciavano la prigione portando i propri effetti in borse di plastica cantando: "Sacrifichiamo il nostro sangue e le nostre anime per Saddam". Non sono state fornite cifre ufficiali sul numero di detenuti interessati dall'amnistia. Una dichiarazione attribuita a Saddam Hussein, letta alla televisione di stato dal Ministro dell'Informazione Mohammed Saeed al-Sahhafa, ha precisato che la "amnistia generalizzata è applicata a chiunque sia imprigionato o arrestato per ragioni politiche o di altra natura". Quelli condannati per omicidio, ha detto il comunicato, saranno liberati solo se le famiglie delle vittime acconsentiranno ed i condannati per furto dovranno trovare il modo di risarcire le loro vittime. Sono stati inclusi i soldati disertori ed i condannati a morte in attesa dell'esecuzione. "Diamo la responsabilità di recuperarli alle loro famiglie e alla società dopo avergli concesso questa opportunità", è detto nella dichiarazione. "Preghiamo Dio di non doverci pentire per questa decisione". Alcuni prigionieri hanno promesso che in futuro non commetteranno più reati e altri hanno detto di essere "pronti a difendere l'Iraq e il grande leader".Ma associazioni irachene a difesa dei diritti umani hanno denunciato questa amnistia come una farsa. Numerose voci si sono levate, ad esempio, per chiedere conto a Saddam della sorte di migliaia di Kurdi fayli, dai 7 ai 10.000, inghiottiti dalle prigioni del regime. Altre fonti hanno riferito di decessi di persone qualche giorno dopo la loro liberazione: sarebbero stati avvelenati col Tallio. Il Kuwait ha accusato l'Iraq di non dare notizie su più di 600 kuwaitiani e cittadini di altri paesi scomparsi durante la Guerra del Golfo del 1991. La televisione governativa ha detto in seguito che altri arabi detenuti in Iraq sono stati inclusi nell'amnistia, ma non quelli condannati per spionaggio a favore di Israele o degli USA. Il Segretario di Stato americano Colin Powell ha detto che l'amnistia è stato uno stratagemma politico di Saddam. "E' una mossa tipica di quest'uomo che usa gli esseri umani per i suoi fini politici", ha detto Powell. "E' una manipolazione che usa nel tentativo di dare una immagine di sé diversa dalla sua realtà di brutale dittatore." Gli esuli iracheni e gli USA hanno anche ridicolizzato il referendum di Saddam e il risultato riportato. Saddam era il solo candidato e gli iracheni dovevano rispondere "si"o "no" ad altri sette anni di suo governo. In un paese in cui gli oppositori subiscono torture e uccisioni, secondo gli esuli ed i gruppi internazionali per i diritti umani, è difficile stabilire la sincerità dei votanti. (Fonti: AP, Guardian, 21/10/2002)


 

febbraio 2003: il governo iracheno ha abolito una serie di pene previste dai codici tra cui il Decreto 115 del 1994 che stabilisce l'amputazione delle orecchie per i militari disertori e il Decreto 313 del 1984 che prevede la pena di morte per chi smercia moneta straniera nel paese. (Fonti: Al-Iraq, Baghdad, monitorato da BBC, 02/02/2003)
11 febbraio 2003: poco dopo l'annuncio della presunta "amnistia generale" per "tutti" i prigionieri e l'abolizione di alcune pene particolarmente crudeli dai suoi codici, il regime iracheno ha emesso una serie di nuovi decreti che introducono nuovi reati che prevedono la pena di morte. Queste nuove disposizioni sono state stabilite dall'ufficio militare del partito Baath al potere e firmate dal figlio di Saddam Hussein, Qusay. I nuovi reati capitali riguardano il personale delle Forze di Difesa Aerea e la "Corte Speciale" presso il suo Comando ha già ricevuto le istruzioni del caso. La pena di morte è prescritta per gli appartenenti alle unità delle Forze di Difesa Aerea i quali: 1. abbandonino la loro unità sotto bombardamento; 2. provochino danni alle basi lanciamissili; 3. provochino danni ai missili terra-aria; 4. siano trovati in possesso di opuscoli lanciati dagli aerei americani sulle loro unità; 5. provochino danni alle fonti di energia che alimentano le stazioni radar e le basi lanciamissili; 6. rivelino segreti e informazioni sulle perdite a persone al di fuori della loro unità; 7. diffondano voci incontrollate nella propria unità. Il regime ha costituito comitati per l'esecuzione delle sentenze capitali tramite fucilazione in vari punti lungo il confine con le zone controllate dai kurdi nel caso in cui soldati provassero a fuggire o si rifiutassero di combattere una volta scoppiata la guerra. (Fonti: Tariq al-Sha'b, Arbil, monitorato da BBC, 11/02/2003)
La morte di Abu Nidal
26 agosto 2002: secondo quanto riportato dall'Herald Sun, dissidenti del regime di Saddam Hussein avrebbero dichiarato che il terrorista palestinese Abu Nidal non si sarebbe suicidato ma sarebbe stato ucciso dai servizi segreti del presidente iracheno. Sarebbe stato proprio Saddam Hussein ad ordinare l'omicidio dopo il rifiuto di Nidal di addestrare terroristi di Al-Qaeda, una versione supportata anche da Con Coughlin, esperto della situazione in Medio Oriente e che ha scritto che Nidal è stato giustiziato perché si sarebbe rifiutato di rimettere in moto tutta la sua rete di conoscenze nell'ambiente terroristico. Abu Nidal è stato trovato morto a 65 anni in un appartamento di Baghdad fornitogli dal governo. Secondo la versione ufficiale, si sarebbe suicidato con un colpo di pistola. (Fonti: Herald Sun, 26/08/2002)


 

1 aprile 2002: Andreas Mavrommatis, Special Rapporteur sulla situazione dei diritti umani in Iraq, ha relazionato alla Commissione Diritti Umani. La sua missione legata ai diritti umani che si è svolta nel mese di febbraio, è stata la prima autorizzata dalle Nazioni Unite in Iraq dal 1992. Mavrommatis ha incontrato Bakhtiar Amin, direttore dell'Alleanza Internazionale per la Giustizia in Iraq, secondo cui il governo iracheno avrebbe giustiziato circa 4.000 persone dal 1998. L'Alleanza Internazionale per la Giustizia ha raccolto le testimonianze di rifugiati iracheni sia in Giordania che in Siria. I rifugiati hanno anche parlato della decapitazione di 130 donne tra il giugno 2000 e l'aprile 2001. Secondo l'agenzia di stampa francese AFP, le decapitazioni sono avvenute nell'ambito della lotta che il governo iracheno ha intrapreso contro la prostituzione. Ma secondo le informazioni ottenute dal dipartimento diritti umani dell'Unione Patriottica del Kurdistan, almeno tre delle donne - Jinan al-Na'imi, Naja Muhammad Sadar e 'Afaf Isma'il - erano medici, ed una quarta, Wajiha Sabir Muhammad, era un assistente medico. (Fonti: IPR, 21/04/2002)
6 novembre 2002: alla Terza Commissione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, lo Special Rapporteur sull'Iraq Andreas Mavrommatis ha presentato il suo rapporto limitandosi a considerare brevemente poche questioni principali, tra cui: l'elenco di crimini che attualmente prevedono la pena di morte; l'elenco delle esecuzioni compiute in Iraq nel 2000 e nel 2001; le condizioni di detenzione e le riforme. Prima di concludere, ha chiesto al governo iracheno di fornire ulteriori informazioni in relazione alla pena di morte; di imporre una moratoria sulle esecuzioni; di mettere fine ad azioni e politiche che direttamente o indirettamente provocano o incoraggiano l'intolleranza religiosa; di abolire i tribunali speciali; di assicurare che l'intera legislazione, decreti e pratiche siano compatibili con gli impegni presi dall'Iraq verso gli strumenti dei diritti umani internazionali. (Fonti: M2 Presswire, 06/11/2002)

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