– I Patti Lateranensi
1929 – I Patti Lateranensi sono accordi di mutuo riconoscimento tra il Regno d’Italia e la Santa Sede e sono tuttora, con alcuni mutamenti, il documento istituzionale che regola i rapporti Stato – Chiesa in Italia. Anche nella versione attuale il Concordato è vincolante per lo Stato italiano, non può essere proposto un referendum per l’abolizione o la sua modifica, o delle leggi collegate ad esso perché non sono ammessi, nel nostro ordinamento, referendum riguardanti i trattati internazionali.
L’11 febbraio ricorreva l’anniversario dell’apparizione di Nostra Signora di Lourdes; la scelta di firmare il Concordato in quell’occasione intendeva rimarcare la soddisfazione da parte vaticana per i nuovi patti e poteva avere altri significati politici. Il 13 febbraio 1929, Pio XI, tenne un discorso a Milano ad un’udienza concessa a professori e studenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che passò alla storia per un passaggio in cui Benito Mussolini è indicato come «l’uomo che la Provvidenza ci ha fatto incontrare». I Patti presero il nome del palazzo di San Giovanni in Laterano in cui avvenne la firma degli accordi. Il rapporto tra Stato e Chiesa era precedentemente disciplinato dalla cosiddetta «legge delle Guarentigie» del 1871 dopo la presa di Roma. La legge delle Guarentigie non venne mai riconosciuta dai Pontefici, da Pio IX in poi; la somma stanziata anno per anno dal governo italiano venne conservata in un apposito conto, in attesa di concludere un accordo con la Santa Sede.
)I Patti Lateranensi constavano di tre distinti documenti: il Trattato che riconosceva l’indipendenza e la sovranità della Santa Sede e fondava lo Stato della Città del Vaticano; con diversi allegati, fra cui, importante, la Convenzione Finanziaria; e il Concordato che definiva le relazioni civili e religiose in Italia tra la Chiesa ed il Governo (prima d’allora, cioè dalla nascita del Regno d’Italia, sintetizzate nel motto: «libera Chiesa in libero Stato»). La “Convenzione Finanziaria” regolava le questioni sorte dopo le spoliazioni degli enti ecclesiastici. È stata poi prevista l’esenzione, al nuovo Stato denominato «Città del Vaticano», dalle tasse e dai dazi sulle merci importate ed il risarcimento di «1 miliardo e 750 milioni di lire e di ulteriori titoli di Stato consolidate al 5 per cento al portatore, per un valore nominale di un miliardo di lire» per i danni finanziari subiti dallo Stato pontificio in seguito alla fine del potere temporale. Il governo italiano acconsentì di rendere le sue leggi sul matrimonio ed il divorzio conformi a quelle della Chiesa cattolica di Roma e di rendere il clero esente dal servizio militare.
I Patti garantirono alla Chiesa il riconoscimento di religione di Stato in Italia, con importanti conseguenze sul sistema scolastico pubblico, come l’istituzione dell’insegnamento della religione cattolica, già presente dal 1923 e tuttora esistente seppure con modalità diverse. Nel 1948 i Patti furono riconosciuti costituzionalmente nell’articolo 7, con la conseguenza che lo Stato non può denunciarli unilateralmente come nel caso di qualsiasi altro trattato internazionale, senza aver prima modificato la Costituzione. Qualsiasi modifica dei Patti deve inoltre avvenire di mutuo accordo tra lo Stato e la Santa Sede. La revisione dei Patti non richiede un procedimento di revisione costituzionale. L’articolo 7 non ha comunque inteso parificare il contenuto dei Patti alle norme costituzionali, ma soltanto costituzionalizzare il principio concordatario, con la conseguenza che essi, per il tramite della legge di esecuzione, avrebbero dovuto ritenersi soggetti al giudizio di compatibilità con i principi supremi dell’ordinamento da parte della Corte costituzionale. Con la sentenza 24 febbraio-1 marzo del 1971, i Patti lateranensi vennero posti tra le fonti atipiche dell’ordinamento italiano, vale a dire che le disposizioni dell’atto non hanno la stessa natura delle norme costituzionali, ma hanno un grado di resistenza maggiore rispetto alle fonti ordinarie. Il Concordato (ma non il Trattato) fu rivisto, dopo lunghissime e difficili trattative, nel 1984, fondamentalmente per rimuovere la clausola riguardante la religione di Stato della Chiesa cattolica in Italia. La revisione che portò al nuovo Concordato venne firmata a Villa Madama, dall’allora presidente del Consiglio Bettino Craxi, per lo Stato italiano, e dal cardinale Agostino Casaroli, in rappresentanza della Santa Sede. Il nuovo Concordato stabilì che il clero cattolico venisse finanziato da una frazione del gettito totale IRPEF, attraverso il meccanismo noto come otto per mille e che la nomina dei vescovi non richiedesse più l’approvazione del governo italiano. Inoltre, per quanto riguarda la celebrazione del matrimonio, si stabilirono le clausole da rispettare perché un matrimonio celebrato secondo il rito cattolico possa essere trascritto dall’ufficiale di stato civile e produrre gli effetti riconosciuti dall’ordinamento giuridico italiano, oltre a porre delle limitazioni al riconoscimento in Italia delle sentenze di nullità matrimoniale pronunciate dai tribunali della Chiesa che prima avveniva in modo automatico. Fu anche stabilito che l’ora di religione cattolica nelle scuole diventasse da obbligatoria a facoltativa, scelta che deve essere effettuata e comunicata all’atto dell’iscrizione all’anno scolastico successivo.
Anche oggi a fronte dei tanti privilegi economici della Chiesa che non paga l’ICI sull’immenso patrimonio immobiliare, di fronte al fatto che la cosiddetta ora alternativa nelle scuole sia pressoché lettera morta, e di fronte ad una sentenza del Tribunale di Strasburgo sull’ostensione del crocefisso nei luoghi pubblici, considerata come una violazione della libertà religiosa, il popolo italiano non può intervenire in alcun modo giuridico e costituzionale per modificare o cancellare il cosiddetto Concordato. Non può essere proposto un referendum per l’abolizione o la modifica del Trattato, del Concordato o delle leggi collegate ad esso perché non sono ammessi, nel nostro ordinamento, referendum riguardanti i trattati internazionali. Come prevede l’art. 7 della Costituzione, “le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale”: ciò significa che le modifiche bilaterali possono essere adottate con legge ordinaria, mentre, argomentando a contrario, quelle unilaterali richiedono il procedimento aggravato ex art. 138 Cost.. Se le parole hanno ancora un senso, chiamare Concordato questo sbilanciamento di condizioni e conseguenze sui diritti singoli e collettivi degli Italiani /e, tutte a favore della Chiesa cattolica, è perlomeno ironico. In nessun paese democratico europeo e occidentale, esiste uno Stato genuflesso in questo modo davanti ad una Chiesa e ad una teocrazia. In tal senso la definizione ironica data da Pirgiorgio Oddifreddi dei Patti, come di “..uno scherzo da prete giocato agli Italiani..” è quanto mai calzante.
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