LEONE GINSBURG

Nato a Odessa nel 1909 in un'agiata famiglia ebraica di nazionalità russa che usa trascorrere i mesi estivi in Italia, Leone Ginzburg (a differenza dei genitori, Fëdor Nikolaevič e Vera Griliches, e dei fratelli, Nicola e Marussia) qui rimane allo scoppio della grande guerra, affidato all'istitutrice Maria Segré. Frequenta a Viareggio le scuole elementari e il primo anno di ginnasio. Nel 1920 prosegue gli studi a Torino, dove la famiglia si è intanto trasferita, presso il ginnasio Gioberti. A Torino ritorna alla fine del 1923, dopo avere frequentato la scuola secondaria russa a Berlino, sede delle attività commerciali del padre.
Alla fine del 1924 Ginzburg si iscrive al liceo classico D'Azeglio; suoi compagni di classe sono Norberto Bobbio e Giorgio Agosti, suoi insegnanti Zino Zini, Umberto Cosmo e Franco Antonicelli; inoltre, stringe saldi legami con Augusto Monti, direttore della biblioteca dell'istituto, e con alcuni dei suoi allievi, tra i quali Massimo Mila e Cesare Pavese. In questo contesto, Ginzburg si impone per la sua precoce cultura, di respiro europeo.
Nel 1927, a 16 anni, comincia a dedicarsi alla traduzione di opere della letteratura russa, attività nella quale continuerà a impegnarsi anche in seguito, misurandosi con Gogol', Tolstoj, Turgenev, Puškin.
Nello stesso periodo, Ginzburg si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Torino, passando, però, nell'autunno del 1928 alla facoltà di Lettere, presso la quale si laurea nel dicembre 1931 con una tesi su Maupassant.
In questi anni Ginzburg stabilisce una fitta rete di relazioni intellettuali (nel 1928, in particolare, entra in rapporto con Croce) e svolge un'intensa attività culturale: nel 1927 pubblica su "Il Baretti", fondato da Gobetti, il proprio primo saggio di critica letteraria, dedicato a Anna Karenina; nel 1929 comincia a scrivere su "La Cultura", collaborando in seguito anche con altre riviste, come "Pegaso" e "La Nuova Italia". Al principio degli anni Trenta, inoltre, comincia a dedicarsi all'attività editoriale: nel novembre del 1933 Giulio Einaudi fonda l'omonima casa editrice, nel cui sviluppo Ginzburg ha un ruolo fondamentale.
Nella primavera del 1932, Ginzburg, che nell'ottobre dell'anno precedente ha ottenuto la cittadinanza italiana, si reca a Parigi con una borsa di studio per completare le ricerche su Maupassant. Qui entra in contatto con Salvemini e Carlo Rosselli: contrario al fascismo sin dall'adolescenza, decide allora di prendere parte attiva alla lotta politica. Rientrato a Torino, ritesse le fila del movimento antifascista Giustizia e Libertà, scompaginate dalla polizia nel gennaio 1932. A capo della rete cospirativa di cui fanno parte Carlo Levi, Barbara Allason e poi Vittorio Foa, egli contribuisce in modo decisivo al dibattito politico-culturale di Gl, scrivendo (con la sigla M.S.) per i "Quaderni di Giustizia e Libertà".
Alla fine del 1932, Ginzburg ottiene la libera docenza di letteratura russa presso l'ateneo torinese. Egli, tuttavia, rifiuta di sottostare al giuramento di fedeltà al fascismo imposto nel gennaio 1934 anche ai liberi docenti, perdendo quindi la cattedra.
Nel marzo di quell'anno, dopo il fermo a Ponte Tresa di Sion Segre e Mario Levi, trovati in possesso di stampa clandestina giellista, Ginzburg viene arrestato. Processato in novembre dal Tribunale speciale, è condannato a quattro anni di reclusione (per amnistia ridotti a due), che sconta a Regina Coeli e Civitavecchia.
Scarcerato nel marzo del 1936, Ginzburg si dedica interamente al lavoro editoriale per la Einaudi, al fianco di Pavese. Nel 1938 Ginzburg, sposatosi all'inizio dell'anno con Natalia Levi, è privato della cittadinanza in seguito alle leggi razziali e, nel giugno 1940, è inviato come "internato civile di guerra" a Pizzoli, da dove continua a collaborare con la casa editrice, inviando suggerimenti circa la linea editoriale, scrivendo prefazioni e rivedendo traduzioni.
Il confino termina con la caduta del fascismo il 25 luglio 1943. Ginzburg, che in un periodo di permesso nel novembre-dicembre 1941 ha discusso con Ragghianti la formulazione dei "Sette punti", futuro programma del Partito d'azione, si reca a Roma, dove incontra il gruppo dirigente del partito. Rientra in seguito a Torino, dove è subito al centro dell'organizzazione locale del Pda, e, alla fine di agosto, prende parte a Milano alla riunione fondativa del Movimento federalista europeo. Inoltre, partecipa al congresso clandestino del Pda che si tiene a Firenze il 5-7 settembre. Dopo l'armistizio, il Pda affida a Ginzburg, giunto nella capitale per gestire la locale sede dell'Einaudi, la direzione del quotidiano romano del partito, l'"Italia libera". Ginzburg, che durante l'occupazione tedesca assume il nome di Leonida Gianturco, il 20 novembre 1943 è arrestato e imprigionato a Regina Coeli. All'inizio di dicembre, dopo la scoperta della sua vera identità, viene trasferito nel braccio tedesco del carcere. Il 5 febbraio muore in seguito alle torture subite.
Leone Ginzburg, in 35 brevi e intensissimi anni di vita, considerando anche i periodi di isolamento
trascorsi in carcere e al confino, ha saputo essere un intellettuale a tutto tondo, un suscitatore di
cultura e di idee: i suoi scritti e le sue traduzioni hanno ancora un valore ai nostri giorni; la casa
editrice Einaudi ancora oggi si riconosce in lui, nelle sue scelte editoriali, nel suo progetto di “fare
bene i libri”; conservano tutto il loro valore le sue posizioni politiche, emblematica l’adesione al
progetto del Movimento Federalista Europeo, nella direzione di un’unità europea di cui ancora oggi
si sente più che mai l’urgenza.
Ma di Leone vogliamo ricordare soprattutto l’amore per i libri, lo scrupolo con cui correggeva le
bozze, i progetti di collane editoriali e di nuove pubblicazioni. Perché un libro “buono” che passa di
mano in mano diffonde idee “buone”. I “buoni” libri sono strumenti per pensare e diventano quindi,
necessariamente, strumenti politici. Libri ben fatti, con serietà e scrupolo filologico: “Non crediate
che le Vostre edizioni si vendano perché lo Struzzo è simpatico alla gente: si vendono perché sono
accurate e leggibili: quando ci siano libri mezzi corretti e mezzi scorretti, quando il rispetto del
lettore venga meno, il lettore Vi abbandonerà”, scrive Leone a Giulio Einaudi il 27 ottobre 1941.
Libri che trasmettono, tutti, implicitamente un messaggio civile, come quelle lezioni al D’Azeglio
negli anni Venti dove non si parlava direttamente di politica, ma si insegnava a leggere gli autori e a
ragionare con la propria testa contro ogni faciloneria e ogni forma di malafede.
“Le sudate carte a cui con tanta passione si era dedicato fin dalla metà degli anni Venti, poco più
che adolescente, erano state per Leone anche, soprattutto, una scuola di vita.” (Angelo d’Orsi, “Un
suscitatore di cultura”, in “L’itinerario di Leone Ginzburg” a cura di Nicola Tranfaglia, Bollati
Boringhieri, p. 111)
Bobbio conclude la sua introduzione agli Scritti di Leone con il tono del rimpianto, della nostalgia e
di un certo pessimismo: “Ma Leone è morto senza dire la sua ultima parola, senza dire addio a
nessuno, senza concludere la sua opera, senza lasciarci un messaggio.” (Id., p. LXV) A noi pare,
invece, che il messaggio ci sia, forte e chiaro: basta prendere in mano un libro, ad esempio Anna
Karenina di Tolstoj, tradotto da Leone e con prefazione di Natalia, ancora pubblicato da Einaudi,
attualmente nella collana Einaudi tascabili, e anche un giovane d’oggi, uno studente del suo
D’Azeglio, ritrova qualcosa di lui, le sue parole, il suo amore per la letteratura e la cultura.

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