Marengo, la vittoria dell'eroe che disubbedì a Napoleone

Marengo, la vittoria dell'eroe
che disobbedì a Napoleone

La battaglia di Marengo dipinta da Louis-François Lejeune

14 giugno 1800: Bonaparte cade nel tranello degli austriaci e dà l'ordine di inseguirli. Ma Desaix fa di testa sua

GIANNI RIOTTA
Il destino di Napoleone Bonaparte era già concluso il 14 giugno 1800 nel villaggio piemontese di Marengo, alle porte di Alessandria. Il giovane Primo Console aveva attraversato le Alpi con l’esercito, come Annibale, era entrato a Milano, aveva vinto a Montebello contro il generale Ott von Bátorkéz e sperava che l’avversario austriaco, barone Melas, fosse facile preda. I francesi erano mal equipaggiati, mal nutriti e peggio pagati, il loro generale però certo della propria stella.

Davanti alla fattoria di Marengo Bonaparte non ha dubbi, fiducioso nella dottrina militare di mobilità, sorpresa, manovra indiretta, cariche alla baionetta, opposta alla rigida sintassi della guerra classica, quadrati e le linee di fanteria, cariche di cavalleria prevedibili come un palio. Michael Friedrich Benedikt Baron von Melas ha 71 anni, combatte da quando ne aveva 17 e detesta l’usurpatore Napoleone. Vuol batterlo a Marengo e restaurare l’ordine di Dio e Corona sradicato nel 1789. Il futuro imperatore non crede invece che l’anziano barone osi attaccarlo, e si persuade che le prime cariche austriache siano astuti diversivi per coprire la ritirata.

Ordina quindi al generale Louis Charles Antoine Desaix, 31 anni, di allontanarsi all’inseguimento di Melas. Napoleone sbaglia. L’attacco di Melas è autentico. Il generale francese Berthier respinge per due volte gli austriaci sul torrente Fontanone e chiama il generale Lannes a sostegno. Non basta. La pressione aumenta tra artiglieria e fucilate. Alle 2 e 30 i francesi sono esausti, gli austriaci sfondano. Von Bátorkéz, che vuole vendicare Montebello in quella che sarà la sua ultima battaglia, occupa Castel Ceriolo, i dragoni si ritirano e la fattoria di Marengo cade, attaccata da Melas. Va avanti la Guardia consolare, si ritirano i fanti di Berthier, tra l’uva non matura, verso San Giuliano Vecchio.

Napoleone ha paura. Ordina avanti il poco che ha di riserva, guarda con ansia le posizioni di Kellerman figlio, valente comandante di cavalleria figlio del generale che aveva salvato la Repubblica a Valmy. Uva acerba sembrano ora anche le sue ambizioni, travolte a Marengo. Richiama al galoppo il generale Desaix, carta disperata, dovrebbe essere già lontano dietro il fantasma di Melas.

Ma il generale Desaix è uomo straordinario, Napoleone lo stima «migliore tra i miei generali». Aristocratico arruolato dalla Rivoluzione, durante il Terrore rischia la ghigliottina, combatte in Baviera e in Egitto, alla Battaglia delle Piramidi, tiene testa ai Mamelucchi. Coraggioso, saggio e sereno ha scritto un bel libro di memorie, Journal de voyage du Général Desaix, Suisse et Italie online archive.org/stream/journaldevoyaged00desa

Desaix non crede alla finta di Melas. Disobbedendo agli ordini non s’è allontanato a marce forzate e quando arriva il retrofront è pronto. Piomba a Marengo, la luce ancora chiara. Napoleone lo informa della débâcle. Desaix chiede «Che ora sono? Le 17?» e conclude, eroe romantico «Questa battaglia è perduta. Ma c’è tempo per vincerne un’altra». Sostenuto da Kellerman, Desaix attacca gli austriaci, persuasi di avere già vinto. Il barone Melas s’è ritirato ad Alessandria, i soldati increduli davanti alla rinnovata furia francese. La carica di Desaix è vincente, le casacche austriache, nel gran fumo dei moschetti, nel turbinare delle sciabole dei dragoni, arretrano, si ritirano, sconfitte alle prime ombre della sera. Il giorno dopo uno sconfortato Melas firma la Convenzione di Alessandria e si ritira ad est del Mincio. Napoleone è padrone del teatro di guerra. Combattono a Marengo 28 mila francesi con 25 cannoni, subendo 1100 morti, 3600 feriti, un migliaio tra prigionieri e dispersi. Gli austriaci sono 30 mila con 100 cannoni, soffrono mille caduti, 5500 feriti, 2900 prigionieri e perdono 15 cannoni e 40 bandiere.

Tra i morti, nei primissimi minuti della carica, il generale Desaix. Le stampe del tempo lo raffigurano mentre riceve il colpo al petto, bello, nobile, solenne. Quando gli portano il corpo dell’uomo che l’ha salvato, Napoleone esclama «Perché non posso piangere?». Farà seppellire Desaix al passo del Gran San Bernardo, proclamando «Solo le Alpi sono tomba degna di Desaix», in un monumento marmoreo che le comitive dei turisti ignorano nel chiasso. Temendo la reazione politica, il Primo Console stila tre ordini del giorno e maschera la sconfitta. La propaganda censura il ruolo di Desaix, fino oggi su Wikipedia.

Restano le memorie della battaglia. Il «pollo alla Marengo» che il cuoco di Napoleone prepara con la sciabola, mischiando pomodoro, funghi, gamberetti, cipolle e aglio, con contorno di uova fritte e galletta militare. Da allora piatto preferito dell’imperatore è davvero buonissimo. La Tosca di Puccini ricorda i due tempi di Marengo con il perfido Scarpia che ordina di cantare il Te Deum per la vittoria austriaca, salvo poi apprendere, mentre tortura il patriota Cavaradossi «Eccellenza quali nuove un messaggio di sconfitta…a Marengo Bonaparte è vincitor, Melas è in fuga…» e il povero Cavaradossi intona l’aria «Vittoria…l’alba vindice appare che fa gli empi tremare libertà sorge e crollano tirannidi….». Che sarebbe stato dell’Europa se Desaix fosse vissuto? Che effetto avrebbe avuto su Napoleone la sua geniale saggezza di moderato? Avrebbe capito le follie di lasciare il mare all’Inghilterra e partire per la Russia? La storia non si fa con i se, ma ai piedi della candida tomba sulle Alpi, la fantasia può volare, romantica come il generale Desaix.

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