28 MAGGIO 1943: LIVORNO SOTTO IL FUOCO AMERICANO
>E' il 28 maggio 1943 e per la prima volta, da quando è iniziato il secondo conflitto mondiale, la città di Livorno subisce un bombardamento aereo "ALLA CIECA" da parte degli alleati. Tutto inizia alle undici del mattino, quando la popolazione, abituata al coprifuoco con quell'attesa angosciosa di un evento che prima o poi avrebbe conosciuto, ma che non si aspettava certo in pieno giorno, si dà da fare in quelle che sono diventate ormai le attività quotidiane di guerra contro un duro e potente invasore. Improvvisamente l'urlo contemporaneo e terrificante delle sirene di allarme sconvolge la vita dei livornesi, che presi dal terrore si affrettano a ripararsi nei rifugi . E' l'attacco che da troppo tempo si aspettavano; e che senz'altro la cinica freddezza degli Alleati non glielo avrebbero risparmiato.

Quante volte avevano sentito passare sulle loro teste i rumori assordanti delle fortezze volanti che ritornavano dalle loro incursioni e quante volte avevano ringraziato Dio per essere di nuovo scampati ad una tragedia. Adesso era la loro volta.

Quel giorno però Livorno toccò con mano il suo primo bombardamento a tappeto, ovvero come lo chiamavano gli inglesi, "area bombing". L'effetto di questa drammatica tattica di attacco aereo era teso a paralizzare i servizi essenziali della città e con essi le sue industrie.

A tale proposito già Churchill, durante il primo attacco inglese a Foggia, che era costato 22.000 vittime, ebbe a  dire che l'aveva "coventrizzata". Quella fatidica mattina del 28 maggio 1943 la "coventrizzazione" toccò a Livorno. Venticinque minuti dopo che erano suonate le sirene, Livorno venne sommersa dal ferro e dal fuoco. Il primo lancio di bombe sconquassò la città. I tetti, le mura e gli edifici interi saltarono in aria e le macerie ricadendo ovunque causavano ulteriori danni e vittime. Da Borgo Cappuccini agli Scali D'Azeglio, via Roma, via Maggi, Viale Italia, allora Regina Margherita, via de Larderel, via S. Carlo, via Venezia; ovunque c'era la distruzione, il fuoco, il fumo ed i morti non si riusciva a contarli da tanti che erano.

Se lo ricorda ancora con lucidità Piera Fiorentini, classe 1919, che allora abitava in un palazzo di cinque piani vicino alla Fortezza vecchia.
"Ogni volta che suonava la sirena - racconta -, terrorizzati scendevamo in cantina. Portavo con me i due figli piccoli, che all'epoca avevano rispettivamente 2 e 4 anni. La fretta era tanta e tale che spesso dovevamo scappare mezzi nudi, senza avere neanche il tempo di vestirci , questo fu quando Livorno fu colpita dal bombardamento più violento. Fummo costretti a scappare a Montenero - prosegue - e a dormire sotto le logge del santuario. Erano tempi difficili e la fame si faceva sentire. A un certo punto fummo portati in una fattoria a Castel Fiorentino. Là dovevamo elemosinare la verdura e il pane dai contadini, ma spesso eravamo costretti a rubarla durante la notte. A volte abbiamo dovuto mangiare le bucce dei baccelli perchè non avevamo niente". Piera, che parla anche dei difficili giorni "della ricostruzione",
quando la città era in ginocchio e per rialzare interi palazzi ci vollero sacrifici disumani, ha ancora in mente il rumore che facevano i bombardieri che squarciavano l'aria prima di lanciare le bombe sulla città; ha tuttora in mente la vera realtà di chi furono i "cari" "liberatori". 
"Ancora oggi - spiega -  quando sento passare un aereo a bassa quota  ho un tuffo al cuore". Alla fine del primo bombardamento che colpì la città si disse che i civili caduti erano poche centinaia, ma a parte questo dato opinabile non si contarono i marinai né i lavoratori del porto. I dati ufficiali (sicuramente inferiori alla triste realtà) parlano di circa 500 morti e 600 feriti, soltanto nella prima incursione. Al primo attacco seguirono, a distanza di pochi minuti l'uno dall'altro, altri bombardamenti. Fu l'inizio dell'inferno. Successivamente Livorno venne di nuovo attaccata il 28 giugno 1943 alle 10,50 circa e poi a ripetersi, senza pietà per tanta miseria umana, circa altre cento volte.

Dai ricordi appresi di allora, emerge la raccapricciante morte dei cittadini nel rifugio degli Scali D'Azeglio, dove una bomba, centrandolo in pieno, causò l'abbassamento della massicciata stradale, schiacciando tutti quei poveretti, tanto che i soccorritori dei giorni seguenti dovettero seppellirli senza poterli contare. Dopo Il primo bombardamento Livorno venne gradualmente abbandonata dai suoi abitanti, si creò una zona nera (interdetta) che comprendeva praticamente tutto il centro a partire da piazza Cavour. Di quei tempi oggi restano solo alcune foto. Sono il simbolo della guerra, della distruzione, e del dolore. Di un'epoca archiviata, che però nessuno dovrà mai dimenticare.

   NOI MAI DIMENTICHEREMO LE VIOLENZE CHE OGNI GUERRA PROVOCA

 
 

 
 

  

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