SCIOPERI OPERAI DEL MARZO 1943

Eccezionale rilievo internazionale: primi colpi d'ariete contro il nazifascismo

Il pinerolese nella Storia cancellata - Agnelli e Mussolini - l'impegno di operaie e operai

Quanti sono gli intellettuali, quanti gli insegnanti delle scuole medie e superiori locali, quanti sono gli studenti universitari che conoscono o hanno mai sentito parlare dei grandiosi scioperi del marzo 1943 avvenuti nella loro terra, e messi in atto dalla loro gente in pieno periodo di guerra e sotto il regime nazifascista.

Con questa "Scheda" ci, proponiamo di approfondire alcuni aspetti politici e sociali della prima lotta di massa, il primo colpo di ariete contro le impalcature della ,dittatura fascista, mentre infuriava la guerra di Mussolini e di Hitler mettendo a ferro e a fuoco l'intera Europa. E, allo stesso tempo, rivolgere un doveroso ricordo e omaggio a quelle operaie e a quegli operai, a quelle donne e a quegli uomini i quali seppero assumere un ruolo di avanguardia rispetto all'intero popolo italiano e di mettersi alla testa del più grande moto di rinnovamento che il Paese avesse conosciuto dalla sua unificazione,

Da questo testo risulteranno anche alcune delle motivazioni di fondo per le quali, soprattutto nel pinerolese, questi aspetti di fondamentale importanza vengono non solo marginalizzati ma più generalmente cancellati dalla memoria collettiva.

Per comprendere l'importanza e la novità rivoluzionaria del marzo '43, è necessario riandare con la memoria ai mesi decisivi a cavallo tra l'inverno 1942 e 1943 quando il corso della Seconda guerra mondiale prese la sua piega definitiva: il 13 ottobre 1942, le Armate italiane e tedesche di Rommel sono duramente sconfitte ad El Alamein nell'Africa settentrionale; l'8 novembre gli alleati anglo-americani sbarcavano in Marocco e quattro giorni dopo in Algeria; la grande offensiva nazifascista sul Don che avrebbe dovuto spalancare le porte dell'Oriente e portare alla conquista dei preziosi pozzi petroliferi del Caucaso, si è tramutata a Stalingrado in una sconfitta totale, senza precedenti nella storia: l'intera IV Armata di Von Paulus è costretta alla resa con oltre 300 mila fra morti e prigionieri. Nella rovinosa ritirata è coinvolta l'Armir, l'armata inviata da Mussolini con gli scarponi di cartone, ad affrontare il terribile inverno russo. Restava però la minaccia della "nuova arma segreta", in grado di capovolgere le sorti della guerra, brandita da Hitler.



Nessuno avrebbe potuto immaginare che gli scioperi del marzo potessero avere una portata internazionale, attraverso le potenti trasmissioni di Radio Londra, riprese dalle Radio di tutti gli Alleati, le quali mettevano in primo piano e con profondo stupore, che si trattava del "primo grande sciopero antifascista in un Paese dell'Asse".

Sul piano locale, va anche ricordato che - come riporteremo in seguito - l'unica azienda citata da Mussolini nella riunione del direttorio fascista del 17 aprile 1943, sulle "interruzioni dal lavoro" in Italia, è la Riv di Villar Perosa.

E' anche utile citare quanto scrivono, in merito a questi scioperi, da un lato un grande storico e, dall'altro, un ufficiale di Stato maggiore del Regio esercito, addetto al Comando supremo, presente al fianco del generale Castellano alle trattative per l'armistizio del '43.

Claudio della Valle: "Una pagina poco nota perché non trova spazio nei libri di storia per le scuole, la scrissero gli operai delle fabbriche...Con la sola arma che essi hanno per farsi sentire: quella dello sciopero. Dal 5 marzo '43 alla metà del mese successivo, gli operai...scioperano, contribuendo in modo decisivo per far precipitare la crisi del regime fascista".

Generale Luigi Marchesi, riferendosi al 25 luglio 1943, dopo aver documentato l'enorme sproporzione di forze armate a nostro favore rispetto a un'invasione tedesca e la loro fedeltà accertata, aggiunge: e ci rimaneva ancora quella tremenda forza che, seppure non organizzata, avrebbe portato un contributo fondammentale: le masse popolari. Queste avevano già fatto sentire il loro peso decisivo con gli scioperi di Torino e Milano, che contribuiscono sostanzialmente a far superare al re i suoi indugi, prima del 25 aprile.



Osservazioni su quanto finora scritto su questa pagina di storia

Il caso più strano è certamente quello, generalmente affermato, della presenza nel pinerolese per gli scioperi del marzo '43 del vecchio compagno antifascista Gustavo Comollo (Pietro), già di servizio all' "Ordine nuovo" di Gramsci nel 1920. Tralasciamo le sue vicissitudini tra galera fascista e attività clandestina. E' un fatto che esso subì un ennesimo arresto nel giugno 1935. Deportato al confine fascista, prima a Ponza, poi a Ventotene e, nel maggio



1943, trasferito per punizione a Pisticci (Metaponto) da dove fuggì dopo il 25 luglio dello stesso anno partendo per Torino, per salutare i parenti e partire subito dopo per Trieste e ricongiungersi con la sua compagna, anche lei già deportata a Ventotene. .

Come poteva Comollo essere presente agli scioperi nel pinerolese del marzo '43, come affermano, prima il giovane Vittorio Morero, poi, a distanza di anni, anche il compagno Mario Nebiolo? Infatti, quest'ultimo nelle sue "memorie" afferma di essere stato informato della preparazione dello sciopero, e di avere tenuto un comizio alla Turati il 5 marzo '43. assieme a Walter Giai, quando, in realtà, lo sciopero in quell'azienda ebbe luogo ben dieci giorni dopo, confermando nel contempo la presenza a Pinerolo del Comollo, il quale come abbiamo accertato, era al Confine di polizia. Tralasciamo altre inesattezze non secondarie, forse legate all'età.

In realtà si stava, in effetti, decidendo, nella più assoluta clandestinità, del resto più che comprensibile. in merito all'effettuazione del primo grande sciopero antifascista, in tempo di guerra, nel maggior stabilimento industriale italiano, direttamente impegnato nella produzione bellica, e cioè la Fiat Mirafiori, con 21 mila dipendenti; ben sapendo che la forza più o meno organizzata interna era limitata a una ottantina di compagni; mentre sarebbe stato più facile partire dalla Rasetti o dalla Microtecnica, aziende importanti (dove la presenza politica era, in confronto, decisamente maggiore), ma non certo tali da avere lo stesso significato politico e di carattere esemplare sulla possibilità di scontrarsi frontalmente con la dittatura fascista, per "la pace separata", e condizioni di vita più civili.

. Nel suo libro "Deputato per caso?", il giovane Carlo Borra, dipendente Riv che partecipò agli scioperi, riferendosi a quel periodo, si limita scrivere "Lo sciopero partì dalle grandi fabbriche torinesi, ma si propagò rapidamente anche in provincia. Così anche la Riv di Villar...si fermò. Operai e impiegati incrociarono le braccia senza uscire dalla fabbrica, e inutili furono i richiami dei dirigenti. Si era in tempo di guerra e pertanto fu mandata la truppa a presidiare lo stabilimento....Ma ci pensarono soprattutto le donne...a convincere i soldatini..."

"Lo sciopero, se ben ricordo, durò tre o quattro giorni e si concluse in seguito di un'assemblea degli operai".

Terminando in senso positivo, con: "ma in fondo il risultato principale, far sentire al regime che non si poteva contare sul mondo operaio era raggiunto".

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