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Domenica 18 Luglio 2010


 

DIRITTI GLOBALI

Dalle auto accuse per la strage Borsellino alla ritrattazione

Fonte: ATTILIO BOLZONI, FRANCESCO VIVIANO – la Repubblica | 02 Luglio 2010

Fu ritenuto attendibile per molti anni. Fino al ripensamento finale: ho inventato tutto  Un balordo manipolato dall´alto i misteri del "pentito" Scarantino  

La moglie denuncia: per fargli confessare il falso gli davano pane con i vermi I drammatici confronti con i boss di Cosa Nostra: sei un bugiardo, non ti conosciamo   ROMA - Sua moglie Rosalia raccontò che a suo marito, per farlo confessare, facevano mangiare «il pane con i vermi». Diceva che Enzino aveva paura di morire, impiccato a Pianosa o fulminato da un´iniezione con il virus dell´Aids. Rosalia piangeva, urlava - «Lo torturano e lo seviziano nel cervello» - ma nessuno le credeva. Sembrava una di quelle donne di mafia che sbraitava contro quei «cornuti degli sbirri», era perfetta per la sceneggiata palermitana nel giorno del pentimento del suo Enzino, Vincenzo Scarantino, il picciotto della Guadagna che il 24 giugno del 1994 aveva deciso di vuotare il sacco sulla morte di Paolo Borsellino.

Era stato arrestato due anni prima, a settembre, con l´accusa di avere fornito ai sicari l´auto carica di esplosivo per fare la strage. Un´indagine «classica» - cioè un´indagine senza l´aiuto di collaboratori di giustizia - tenne a precisare il procuratore capo di Caltanissetta Giovanni Tinebra commentando la cattura dell´uomo chiave del massacro. Tutto sembrava a posto. Ma chi era questo Vincenzo Scarantino che non compariva negli organigrammi delle «famiglie» di Palermo, che mai era stato coinvolto in vicende di alta mafia, che praticamente era uno sconosciuto ai poliziotti e ai carabinieri delle sezioni investigative? Aveva l´aspetto di un balordo, un po´ spacciatore e forse anche un po´ magnaccia, imparentato sì con Salvatore Profeta che era della cosca di Santa Maria del Gesù ma lui - Enzino - era decisamente fuori dal giro del potere criminale che conta a Palermo: il giro di Cosa Nostra. I cronisti più dubbiosi chiesero a Tinebra: ma come è possibile che a uno così, nuddu miscatu cu nienti, nessuno mischiato con il niente, abbiano affidato la regia operativa della strage? Rispose ancora il procuratore di Caltanissetta, quello che aveva messo il «bollo» sull´intera operazione: «Non ci siamo posti la domanda. I fatti si sono svolti in un certo modo e Scarantino non è uomo da manovalanza». Qualche anno prima Enzino era stato giudicato non idoneo al servizio di leva, i medici dell´ospedale militare di Chieti l´avevano scartato perché «neurolabile». Chi era allora Vincenzo Scarantino?
È cominciata così l´incredibile storia del picciotto della Guadagna catapultato in uno dei grandi misteri d´Italia. È cominciato con il suo arresto favorito dalle soffiate di due complici (che poi si sarebbero rivelati bugiardi come lui) e con 18 ordinanze di custodia cautelare contro esecutori e mandanti di via D´Amelio. A niente sono servite le grida di sua moglie Rosalia Basile, che giurava sulla testa dei figli: «Enzino quella domenica, il 19 luglio, era in chiesa, lui è sempre stato un uomo religioso e fa parte della confraternita di Sant´Anna». La povera Rosalia voleva salvare suo marito, non sapeva di quella telefonata arrivata in Questura tre giorni dopo la strage: «Andate a vedere che cosa c´è nel cestino di rifiuti vicino all´edicola di via D´Amelio». C´era un foglio con il disegno di un uomo con la barba, un uomo che indossava la tunica di una confraternita. Era la fotografia di Enzino. Qualcuno l´aveva messa lì. Tutto sembrava a posto anche questa volta.
I colloqui investigativi dopo il suo arresto furono tre o quattro, ci andavano il capo della squadra mobile Arnaldo La Barbera e i suoi fidati uomini, quei giovani funzionari che erano appena usciti dalla scuola di polizia. Poi, un giorno, Enzino si è pentito. Prima fa i nomi di «quelli di Borsellino», poi - è il suo primo interrogatorio, il 24 giugno 1994 - dice che Cosa Nostra riforniva di coca il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. «Attendibile» per la strage, «inattendibile» per tutto il resto. Logico, no? Chi era allora questo Vincenzo Scarantino?
Gli avvocati dei mafiosi vanno all´attacco. Dicono che è un falso pentito. Dicono che si è inventato tutto. Dicono che non può sapere niente di mafia perché lui è uno che va «con i trans». E uno che ha quelle tendenze non ispira certo fiducia ai boss. Gli avvocati portano la testimonianza di una vecchia amante di Enzino, tale Giuseppe conosciuto meglio come «Giusy la sdillabbrata». È un altro colpo alla credibilità del pentito venuto dal nulla. Ma non l´ultimo. Vincenzo Scarantino viene messo a confronto con tre ex stelle di Cosa Nostra. Uno è Salvatore Cancemi, che gli dice: «Io non ti conosco». Risponde Scarantino: «Io sì». Ribatte l´altro: «Tu non sai niente, tu non sai nemmeno cos´è un uomo d´onore, t´invito a dire la verità e a dire chi ti ha fatto questa lezione». E poi, Salvatore Cancemi, rivolgendosi ai procuratori di Caltanissetta: «State attenti, è falso, non credete a una virgola di quello che vi sta dicendo». Nel secondo faccia a faccia Scarantino si trova di fronte al pentito Santino Di Matteo, quello che aveva appena svelato i retroscena della strage di Capaci. La reazione di Di Matteo è ancora più diretta: «È la prima volta che ti vedo e non so da dove hai preso tutte queste cazzate... io non so come fai a dire che hai partecipato alla strage Borsellino». Poi è il turno di Giovanni Brusca: «Mai visto». Nonostante le tre autorevoli testimonianze a Caltanissetta sono andati avanti, gli hanno sempre creduto.
Passa qualche anno e Scarantino si pente di essersi pentito. Esita, parla un´altra volta, ritratta ancora. Per i procuratori di Caltanissetta, dietro i suoi ripensamenti «c´è l´ombra di Cosa Nostra». I giudici continuano a credergli: fino in Cassazione. Fino a quando Enzino si libera: «Io, Dio mi perdoni, ho giurato falsamente. Io di mafia non so niente: ho inventato tutto insieme alla polizia». L´ultima volta che l´hanno visto piangere è stato quando si è ritrovato accanto Gaspare Spatuzza. Anche lui gli ha dato del bugiardo. Anzi, gli ha detto: «Come puoi dire che hai rubato l´auto per la strage, quell´auto l´ho fatto rubare io». E da quel momento Enzino è diventato l´uomo più misterioso di Palermo.

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