La Fondazione Berti ricorda ,nell'anniversario della morte ,il giudice Paolo Borsellino.
Per ricordarlo pubblichiamo un'intervista concessa quattro anni fa ,dal figlio ,oggi funzionario della Polizia di Stato.

Polizia di Stato


Borsellino, la vita per un ideale, un ideale per la vita


"Il 19 luglio di quattordici anni fa avevo 21 anni. Ero uno studente universitario e di notte sognavo ciò che il pomeriggio di quel giorno, inesorabilmente, si verificò", racconta sulla terza rete Rai Manfredi Borsellino, figlio di Paolo.

E quello che si verificò scrisse una delle pagine più nere della storia contemporanea del nostro Paese: l'attentato che costò la vita al giudice Paolo Borsellino e a cinque poliziotti della sua scorta, neanche due mesi dopo la strage di Capaci. Quella che gli italiani credevano - con la morte di Giovanni Falcone - rappresentasse il culmine della violenza, dell'arroganza e dell'attacco della mafia allo Stato, non era ancora l'apice della follia criminale: anche Borsellino fu colpito, e con lui tutta la società civile.

Manfredi Borsellino oggi è un funzionario della Polizia di Stato e ricorda anche quello che successe dopo il sogno premonitore. "Un silenzio assordante - dice - dopo un attentato nel cuore della mia città: fumo, sirene, corpi dilaniati". E poi il "silenzio surreale". "Quello stesso silenzio - ricorda Manfredi Borsellino - che mi accompagnò fino all'arrivo in via D'Amelio, quando il corpo, o ciò che ne era rimasto, di mio padre e dei suoi agenti di scorta era stato già rimosso".

Manfredi chiude così il ricordo del padre: "Ho perso un padre perché, nonostante tutte le avversità, ha svolto sino alla fine nient'altro che il suo dovere di magistrato e servitore dello Stato. Sono orgoglioso e onorato di esserne il figlio". E noi orgogliosi e onorati di essere stati rappresentati da un magistrato capace, onesto e tenace come lui.

18-07-2006

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