La mattina del 5 agosto 1945, poche ore prima dell'alba, il quadrimotore B-29 "Enola Gay" (nome della madre del pilota, il ventinovenne Paul W. Tibbets) si alza in volo da Tinian con a bordo 12 uomini di equipaggio e un unico ordigno bellico, che risulterà decisivo per la sorte del Giappone: una bomba atomica, denominata dagli statunitensi "Little boy". Lungo tre metri, con un diametro di uno e mezzo e un peso di cinque tonnellate, non ha un bersaglio preciso: verrà deciso al momento, secondo le condizioni atmosferiche. Arriva il bollettino meteorologico: "a Kokura cielo coperto in prossimità del suolo per nove decimi; a Nagasaki coperto totalmente; a Hiroshima quasi sereno, visibilità 10 miglia" Il bersaglio è scelto. L'aereo sorvola la zona a 10.500 metri di altezza e alle 8.15'17" viene sganciato l'ordigno. Tibbets scende in picchiata, guadagna velocità, vira di 180 gradi e si allontana. Ha 45 secondi di tempo. L'equipaggio conta sottovoce: "44, 43, 42, 41...". Un lampo abbaglia il cielo. "Cosa abbiamo fatto?". A 600 metri dal suolo la bomba esplode; dopo 7 secondi il silenzio è rotto da un tuono assordante: vengono distrutti tutti gli edifici nel raggio di tre chilometri, 30.000 persone muoiono sul colpo, altre 40.000 nel giro dei due giorni seguenti. Una colonna di fumo si alza lentamente a forma di fungo fino a 17.000 metri dal suolo. Inizia a cadere una pioggia viscida. I fiumi straripano ed invadono ciò che rimane della città giapponese. Alle 14.58 locali il B-29 di Tibbets atterra a Tianin. Ha segnato in modo indelebile la storia mondiale, ha lasciato un'impronta che rimarrà a lungo.
Come si è giunti ad una così drastica decisione? La risposta va ricercata nella visione del mondo del dopoguerra che gli USA (o perlomeno chi li guidava) avevano sviluppato già prima del conflitto stesso, intuendo i grandi vantaggi che avrebbero potuto trarre da esso. Dopo l'attacco giapponese a Pearl Harbor, gli Stati Uniti decisero di entrare in guerra a fianco degli alleati. Quando però viene il momento di sottoscrivere un documento ufficiale, Roosevelt chiede che venga firmato con la sigla "le Nazioni Unite". L'idea che il presidente aveva di questo organismo era completamente differente dal ruolo che essa svolge al giorno d'oggi. Egli infatti vedeva l'ONU come un organismo oligarchico formato da quattro potenze (USA, Gran Bretagna, URSS e Cina) che avrebbero avuto il compito di controllare il resto del mondo. La proposta incontrò però una vivace resistenza sia Londra che a Mosca, che avrebbero preferito una serie di organizzazioni regionali che, per forza di cose, avrebbero dovuto trovarsi nella sfera d'influenza di una di queste potenze. Entrambe finirono per accettare lo schema proposto dagli Stati Uniti, ma solo per causa di forza maggiore. La situazione economica all'interno degli Stati Uniti aveva infatti cominciato a cambiare intorno al 1938: gli industriali e i banchieri che dapprima, contrari ai piani di Roosevelt riguardo all'economia interna, avevano cercato in tutti i modi di contrastarlo per salvaguardare i propri interessi, osservando l'evolversi della situazione in Europa, con il nazismo che diventava sempre più aggressivo e acquisiva sempre maggior potere, decisero poi di cambiare radicalmente la situazione del loro capitalismo. L'industria americana, iniziando infatti a prendere coscienza del fatto che le si stava presentando l'occasione irripetibile di ereditare le prerogative imperiali di Inglesi e Francesi, decise di sfruttare la grande influenza che il presidente aveva sulla massa per i propri interessi.
A quel tempo il presidente in carica aveva il potere di eleggere, senza dover ottenere l'approvazione del senato, circa 2.700 persone tra funzionari e persone alle dipendenze dirette della Casa Bianca. Così i membri del Council on Foreign Relations, associazione dei più importanti banchieri, industriali, studiosi e uomini d'affari, poterono investire queste cariche, soprattutto nel ministero degli esteri, che mancava di esperienza e specializzazione, e che quindi era il posto adatto per i "tecnici" di Wall Street, riuscendo nel loro scopo di entrare nel controllo del paese. Nel 1939 si stipulò addirittura un contratto con il quale il Council si impegnava a fornire un gruppo di esperti e specialisti, prevedendo un futuro intervento degli U.S.A. nel conflitto mondiale. Si istituirono quattro gruppi di pianificazione strategica: uno per la sicurezza, uno per l'economia, uno per la politica e uno per i territori. Gli Stati Uniti si preparavano a sostituire l'Inghilterra nel dominio del mondo. Negli appunti del sottocomitato per la difesa del Comitato del Council si legge: "Gli Usa devono coltivare la visione di una regolamentazione del mondo, dopo questa guerra, che ci permetta di imporre le nostre condizioni, consistenti forse in una Pax Americana".
Così la formazione delle Nazioni Unite entrò nella strategia statunitense. Prova dell'avvenuto unificamento tra potere politico ed economico può essere il fatto che il governo, per la produzione di tutto il necessario all'entrata in guerra del paese, si affidò esclusivamente ad industrie private. La scelta di questa strategia non fu però esente da scontri tra gli stessi membri del Council e del governo, dapprima solo nei corridoi, poi anche in Senato. Il pensiero basilare era però radicato nelle menti di tutti: l'investimento bellico passò nel giro due anni da 8.400 milioni di dollari nel '41, a quasi 100.000 milioni l'anno dopo. Iniziò così anche un trasferimento di ricchezze dalle casse pubbliche a quelle private. L'invenzione della bomba atomica poté così essere utilizzata anche dall'industria americana, sia per scopi pacifici che per scopi bellici. Una volta dimostrata la possibilità di sfruttamento economico dell'arma nucleare, tutte le principali compagnie ed industrie vollero metterci le mani. Così si decise per una divisione tra le varie industrie della produzione dei vari materiali necessari a realizzare la bomba. L'unica fonte di uranio allora conosciuta era però il Sudafrica, che allora era sotto il dominio inglese: gli Stati Uniti dovettero quindi includere da subito l'Inghilterra nell'organizzazione della produzione della bomba atomica. Gli accordi fra governo e industria portarono quest'ultima a controllare, attraverso l'Atomic Energy Commission, creata originariamente dal governo per controllare lo sviluppo e i guadagni dell'energia atomica, ma passata appunto subito sotto la sua influenza, tutta l'industria nucleare, finendo per monopolizzarla.
Roosevelt decise quindi di proporre a Churchill un piano per la formazione dell'ONU, che sarebbe servito a dividere il mondo in quattro sfere di influenza, sotto il controllo di U.S.A., Inghilterra, Francia e Cina: egli dava infatti per scontato che Mao Tse-Tung non sarebbe mai riuscito ad imporsi e che la Cina sarebbe rimasta anche dopo la guerra dalla sua parte. Churchill non era però d'accordo, ed insisteva invece perché fra le grandi potenze fosse inclusa anche la Francia. I "gendarmi" del mondo furono così cinque e Churchill si impegnò per fare accettare questo schema anche ai sovietici. Durante la conferenza di Yalta Stalin espresse i propri dubbi riguardo al progetto degli statunitensi, temendo che potesse diventare un futuro strumento contro lui e la sua Russia. Ognuna delle tre potenze intendeva comunque rimanere al di sopra delle Nazioni Unite, che avrebbero inevitabilmente posto numerosi limiti ai loro disegni. Il 13 aprile del 1945 sopraggiunge però la morte del presidente statunitense Roosevelt. Il comando passa al vicepresidente Truman, che il 26 giugno, dopo la conferenza di S.Francisco, firma insieme a tutti gli stati del mondo allora definibili tali, con l'esclusione di Germania e Italia, la Carta dell'ONU. La Carta, condannando la violenza bellica fra vari stati, dava all'ONU il compito di mantenere la pace, e sottolineava l'uguaglianza di tutti i popoli. Questo era però l'aspetto esteriore: in pratica la Carta esprimeva una legge dettata dagli Stati Uniti che avrebbero punito chiunque vi si fosse sottratto. Si dava agli altri quattro "gendarmi" previsti in precedenza un potere maggiore, in quanto erano gli unici che non avrebbero potuto essere dominati dagli Usa.
Il 17 luglio si aprì la conferenza di Postdam tra i vincitori della guerra in Europa, e i calorosi rapporti tra Churchill, Truman e Stalin sembravano indicare una futura armonia tra le tre grandi potenze. Il presidente statunitense aveva però già ricevuto il telegramma "il bimbo è nato in modo soddisfacente", che indicava il successo degli esperimenti atomici nel New Mexico. Dal '42 si lavorava infatti segretamente per la produzione dell'arma e solo Gran Bretagna e Canada ne erano al corrente. Si era infatti deciso di tenera la Russia all'oscuro di tutto: la bomba doveva infatti dimostrare all'alleato sovietico la superiorità dell'occidente. Questa decisioni suscitò violente critiche tra i pochi al corrente del progetto, ma Churchill e Roosevelt restarono della stessa opinione. Si attendevano i dati relativi all'ordigno, ma non si poteva sfigurare davanti all'opinione pubblica con una spesa di più di due miliardi di dollari senza alcuna conseguenza effettiva.
Il 24 Truman ordinò di sganciare le bombe, poco dopo averne fatto un cenno a Stalin. Questo però non sembrò meravigliato: i suoi servizi segreti tenevano sotto controllo lo sviluppo dell'arma già dal '42 ed egli non voleva parlare delle ricerche sovietiche sulla stessa. Il presidente statunitense però, tornato in paria, diede l'ordine di prepararsi ad una guerra totale con la Russia, intuendo già quello che sarebbe accaduto. La guerra che prima vedeva U.S.A. e U.R.S.S. contro il Giappone per la vittoria definitiva di una guerra già vinta, si stava trasformando in un conflitto tra Stati Uniti e Russia, tra due blocchi politicamente e ideologicamente contrapposti, per il dominio del mondo. Il 6 agosto 1945 la prima bomba atomica fu quindi sganciata sopra Hiroshima. Aveva una potenza pari a 12,5 chilotoni di TNT, al nucleo di uranio. Tre giorni dopo un'altra bomba di una potenza quasi doppia, con un nucleo di plutonio, fu sganciata su Nagasaki. Nel giro di cinque mesi morì un totale di 230.000 persone, tra morti all'istante e dopo più tempo, per via delle radiazioni nocive che la tremenda arma aveva sprigionato. Quando ciò venne fatto sapere, i capi militari statunitensi si mostrarono sorpresi: non si può sapere se essi davvero ignoravano le conseguenze dell'utilizzo della bomba o se agirono con cinismo, pur conoscendo l'effetto delle radiazioni che continuarono a mietere vittime per decenni. Truman, quando i dati relativi ai danni provocati dalla bomba gli furono comunicati, disse: "E' il più grande giorno della storia". In un comunicato affermava che le bombe erano state utilizzate per salvare la vita di 500.000 soldati americani, e che non erano altro che un avvertimento per il Giappone: se non si fosse arreso, altre bombe sarebbero cadute. Sottolineava inoltre come Stati Uniti, Canada e Gran Bretagna, che possedevano la formula per realizzare la bomba atomica, non l'avrebbero rivelata al mondo finché non si fosse scongiurato il rischio di una distruzione totale. Affermava poi: "Siamo in grado di dire che usciamo da questa guerra come la nazione più potente del mondo. La nazione più potente, forse, di tutta la storia".
Ci si è sempre però chiesti se l'utilizzo delle due bombe e l'uccisione di 300.000 persone erano militarmente necessari. Gli U.S.A. avevano infatti già ricevuto una richiesta di pace da parte del Giappone e i rapporti dell'aviazione affermavano che lo stato nipponico si sarebbe arreso certamente entro la fine dell'anno anche senza che si dimostrassero necessari lo sgancio dei due ordigni o le invasioni sul territorio giapponese. Questi rapporti smentiscono completamente il messaggio di Truman. Chi era quindi il vero destinatario della bomba? Le previsioni degli attacchi di terra già programmati ai danni del Giappone davano perdite non superiori a 40.000 uomini, ma il presidente continuò a gonfiare le cifre. Molti scrittori, nei loro saggi sull'energia atomica, avevano affermato l'inutilità militare del provvedimento definitivo. Nel '45 il timore di vedere la Germania vittoriosa non esisteva più e il Giappone era sul punto di arrendersi e gli U.S.A. avevano utilizzato le uniche due bombe di cui erano a disposizione con una fretta ingiustificabile. I più autorevoli scienziati statunitensi avevano inoltre ammonito il presidente di non utilizzare la bomba contro civili. Perché il presidente aveva agito comunque? Alcuni scrittori danno come motivo il fatto che Stalin si era impegnato ad attaccare il Giappone per l'8 agosto. Era chiaro che se la Russia fosse riuscita a scontrarsi vittoriosamente con il Giappone finche gli Stati Uniti erano fermi a Okinawa, ne avrebbe ricavato un grande prestigio internazionale, a danno degli Usa. Così, sganciate le due bombe, l'attacco russo riuscì, ma passò inosservato, a causa del clamore provocato dall'utilizzo della bomba nucleare. Cousins e Finletter danno un'interpretazione "americana" dell'accaduto dicendo: "Agendo così, abbiamo evitato una lotta per ilcontrollo effettivo del Giappone... Se noi non fossimo usciti dalla guerra in netto vantaggio sulla Russia, non avremmo avuto nessuna possibilità di opporci alla sua espansione". Si arriva così a dire che il lancio delle bombe può già essere considerato il primo atto della guerra fredda. L'idea di utilizzare la bomba atomica come arma contro l'U.R.R.S. era nata già prima della fine della guerra, poiché gli U.S.A. avevano già intuito ciò che sarebbe successo.
Il resoconto dei giornalisti giunti sul luogo del disastro prima dell'arrivo degli americani scrivono che tutti i feriti erano destinati a morire, che le radiazioni facevano morire più di 100 persone ogni giorno. Il giornalista W. Burchett, nel suo rapporto ai sovietici, scrive: "Gente non toccata dal cataclisma sta morendo ancora, misteriosamente, orribilmente... Hiroshima fa pensare ad una città sulla quale sia passato un enorme rullo compressore che l'abbia stritolata, annientata per sempre... Negli ospedali ho scoperto persone che, pur non avendo ricevuto alcuna ferita al momento dell'esplosione, stavano tuttavia morendo per i suoi misteriosi effetti". La stampa americana replicò più volte sottolineando che non c'era radioattività ad Hiroshima e dicendo che la propaganda del Giappone era volta soltanto a danneggiare gli Stati Uniti davanti all'opinione pubblica. L'esplosione della bomba non suscitò un grande clamore a Mosca: i principali quotidiani la nominarono soltanto, e non parlarono neppure di quella di Nagasaki. Solo giorni dopo accusarono la propaganda statunitense di voler sminuire il ruolo della Russia nella vittoria definitiva della guerra. Quando però le informazioni sugli effetti della bomba giunsero negli States, i militari si organizzarono subito per bloccare questa fuga di notizie. Chiusero l'accesso ai luoghi delle due stragi, sequestrarono tutto il materiale informativo, fecero chiudere alcuni laboratori e ospedali che si occupavano di studiare gli effetti della strage. Un reparto medico dell'esercito giunse ad Hiroshima per studiare questi effetti; ancora adesso, a 55 anni di distanza, si stanno curando persone affette dalle conseguenze del bombardamento. Questa politica di oblio funzionò perfettamente e la questione passò in secondo piano.
Nonostante il generale Eisenhower avesse annunciato che la bomba nucleare non sarebbe più stata usata come mezzo d'attacco, la politica militare degli Stati Uniti stava cambiando: secondo i rapporti di alcune riunioni segrete "gli Stati Uniti hanno potuto fino ad ora attenersi ad una tradizione di non colpire mai fino a che non fossero attaccati. Per il futuro, la nostra forza militare dovrà essere capace di sopraffare il nemico e di annientare la sua volontà e capacità di fare guerra prima che possa infliggerci un danno significativo". Ci si preparava, quindi, a dover scatenare una guerra contro l'U.R.R.S. prima che quella potesse organizzarsi per farlo per prima. Era già stato preparato un piano che prevedeva la distruzione di venti città russe con un attacco a sorpresa. Proprio il fattore sorpresa sarebbe dovuto essere quello su cui basarsi in caso di guerra. Tutto questo con la piena consapevolezza che la Russia non era in grado, al momento, di opporsi in nessun modo agli U.S.A.. Questi volevano infatti non solo che nessuno potesse attaccare la potenza statunitense, ma che nessuno fosse nemmeno in grado di difendersi da essa. Il generale Groves insisteva addirittura affinché nessuno oltre a U.S.A., Canada e Gran Bretagna fosse in grado di costruire ordigni nucleari. Tutto ciò fa vedere come il progetto degli Stati Uniti sia sempre stato quello di rimanere al di sopra di ogni altra nazione, tanto in guerra come in pace, tanto nel presente quanto nel futuro.
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La scuola di Francoforte e l'analisi della personalità autoritaria
La Scuola di Francoforte (operante dagli anni ’20 agli anni ’70) ha sviluppato una teoria critica del capitalismo e del comunismo sovietico, alla luce dell'ideale rivoluzionario di un'umanità futura libera e disalienata. Il pensiero critico mira a smascherare le contraddizioni dei due suddetti sistemi e a prospettare un modello utopico alternativo a entrambi. Il quadro di riferimento teorico Theodor Adorno Max Horkheimer Herbert Marcuse Leo Löwenthal Erich Fromm Jürgen Habermas Franz OppenheimerOpere • Max Horkheimer, (1930), Anfänge der bürgerlichen Geschichtsphilosophie. Gli inizi della filosofia borghese della storia. Da Machiavelli a Hegel. • Erich Fromm, Max Horkheimer, Herbert Marcuse (1936), Studien über Autorität und Familie: Forschungsberichte aus dem Institut für Sozialforschung, Studi sull'autorità e la famiglia • Erich Fromm (1941), Escape from freedom, Fuga dalla libertà • Max Horkheimer, Theodor W. Adorno (1947), Dialektik der Aufklärung. Philosophische Fragme
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