Ilio Barontini un livornese anarchico ed un anarchico livornese.
A Ilio Barontino ,capo partigiano è dedicata la famosa Coppa Barontini.
Nato a Cecina, provincia di Livorno, il 28 settembre 1890. Operaio tornitore meccanico. A 13 anni già milita nel movimento anarchico di Livorno. Quando, due anni più tardi entra come apprendista tornitore al Cantiere Orlando, si iscrive al Partito Socialista. iovanissimo è già sul fronte del non intervento nella prima guerra mondiale; successivamente è tra i gruppi organizzati di Ordine Nuovo; nel ’21 è tra i fondatori del Pci ed è eletto consigliere comunale, segretario provinciale del PCd’I, responsabile della Camera del lavoro livornese. E’ il periodo del più brutale terrore fascista; nel ’22 subisce i primi mesi di galera. Perseguitato, arrestato, denunciato più volte, ma sempre pronto a riprendere, subito dopo, il suo posto di battaglia. Condannato a tre anni dal tribunale speciale, appena libero, torna in campo; nel ’31 è costretto ad emigrare (raggiunge la Francia, molto avventurosamente, su una barca via Corsica). Non è che l’inizio di una milizia politica, condotta tutta sul campo e quasi sempre in clandestinità, che doveva durare fino al 1945. A Marsiglia, per ordine del partito, organizza il movimento antifascista ed è in contatto con gli esuli politici di mezza Europa. Passato in Urss, studia e lavora, seguendo corsi di formazione presso l’Armata Rossa. Nel '36 è tra i primi ad accorrere in Spagna, è lui a condurre la battaglia di Guadalajara. Ricorda Pesce: «Barontini sostituì Pacciardi che era stato ferito e si rivelò uno stratega e un galvanizzatore eccezionale. La battaglia fu lunghissima, dall’8 al 24 marzo, un tempo da cani. Barontini non stava seduto al quartier generale, lui. Ogni giorno passava tra le postazioni. Ci spiegava la situazione, ci incoraggiava. Sempre tranquillo». Nel ’38 l’Internazionale comunista decise di aiutare la resistenza in Etiopia. Di Vittorio chiama Barontini e forma un terzetto con lo spezzino Rolla e il triestino Ukmar. Si chiamavano "i tre apostoli". Barontini era Paulus, Rolla era Petrus e Ukmar Johannes. Il loro compito è di saldare le forze abissine. Malgrado il pugno di ferro di Graziani, l’Etiopia non si era sottomessa. Barontini, Rolla e Uckmar avevano un lasciapassare del Negus. Organizzarono in Abissinia un forte movimento partigiano e un governo provvisorio di patrioti, diffondendo in due lingue un giornale ebdomadario "La Voce degli Abissini". In seguito il Negus dette a Barontini il titolo di vice-imperatore. Ras Destà, rappresentante etiopico alla Società delle Nazioni, li accompagnò fino a Khartoum. Graziani aveva messo una taglia sulla sua testa, ma lui riesce a sfuggire, a Khartoum è accolto da Alexander, dal quale sarà poi decorato.
Quando la Francia di Petain e di Laval è in ginocchio davanti a Hitler vincitore, Barontini è già in Francia dove organizza il maquis, i franchi tiratori del Ftp. «I tedeschi - ebbe a scrivere Antonio Roasio ricordando quegli anni - calcavano il suolo di Parigi, i lavoratori francesi mordevano il freno; era in quell’atmosfera che si organizzarono i primi nuclei di partigiani - FTP -... Dai piccoli colpi con la rivoltella si passò ad azioni combinate tra diversi gruppi eseguite a colpi di bombe. Bombe di vario tipo, che i Ftp chiamavano bombe "Giobbe", il nome di battaglia di Ilio Barontini». In Francia si faceva chiamare Barone; in Italia il suo nome di battaglia è Dario. Il generale Dario.
La sua epopea partigiana la racconta, con vera ammirazione, lo stesso Amendola ("Comunismo, antifascismo, resistenza", Editori Riuniti): «E poi il ritorno in Italia, primo istruttore dei gappisti. Egli organizzò Sap e Gap a Torino, Milano ed in altre parti d’Italia, in Emilia e anche a Roma». Dal settembre 1943 Dario è infatti in Italia, al lavoro nella resistenza. «Da Bologna, città-base, Barontini cominciò il suo "giro d’Italia" - scrive sempre Antonio Roasio ("Figlio della classe operaia", Vangelista) - cioé a visitare le città dell’Italia centro-settentrionale per organizzare e far funzionare i gruppi gappisti. Studiava gli uomini, le loro caratteristiche, insegnava i primi elementi sulla costruzione di bombe a mano, bombe a scoppio ritardato, come far deragliare un treno, ecc... Aveva sempre con sé una vecchia borsa sgualcita, che certa non poteva passare per quella di un avvocato. Un giorno gli chiesi che cosa custodisse tanto gelosamente: l’aprì, c’erano dei panini, alcuni oggetti personali e dei candelotti di dinamite». In Emilia ha il comando; è sotto la sua guida che è condotta la battaglia decisiva sulla Linea Gotica, e agli Alleati consegna una Bologna liberata. Il generale Alexander gli appunta sull’uniforme la bronze star. Dozza gli conferirà la cittadinanza onoraria. Ilio Barontini muore (insieme a Leonardo Leonardi e Otello Frangioni) in un incidente d’auto il 22 gennaio 1951, mentre torna da Firenze dove ha partecipato al XXX congresso del Pci.
SBF
nelle foto I capi partigiani,da sinistra Ilio Barontini,Walter Audisio,Moranico.
foto d'archivio della Coppa Barontini
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