LA NASCITA DEI SOVIET DI PIETROBURGO


Nell’estate del 1905, mentre le sollevazioni ipopolari maturavano rapidamente in tutta la Russia, i bolscevichi tennero a Londra un congresso durante il. quale decisero di partecipare alla rivoluzione democratico-borghese per trasformarla, se possibile, in rivoluzione socialista con l’appoggio delle masse contadine. Ma il carattere spontaneo dei disordini, che intanto avevano raggiunto il culmine, determinò il fallimento del progetto. Da un punto di vista storico, fu comunque significativa la formazione dei primi soviet operai, che sorsero in quasi tutti i principali centri industriali. Il soviet dei deputati dei lavoratori di Pietroburgo, uno dei primi ad essere organizzato, fu costituito il 14 ottobre1905 ed ebbe una vita di poche settimane.

Il soviet dei deputati operai sorse come risposta ad una esigenza oggettiva, partorita dal corso stesso degli eventi, per una organizzazione che fosse autorevole senza avere una tradizione, che abbracciasse immediatamente le grandi masse disperse senza subire gli intoppi dell’organizzazione; che facesse confluire in un punto le correnti rivoluzionarie all’interno del proletariato, che fosse capace di prendere l’iniziativa, che controllasse automaticamente se stessa e, soprattutto, che potesse sorgere dal nulla in non più di ventiquattro ore[...]. Per godere di una certa autorità agli occhi delle masse il giorno dopo la propria nascita, questa organizzazione doveva essere costituita sulla base di una larghissima rappresentanza.
Su cosa fondarsi? La risposta era automatica. Poiché l’unico legame tra le masse proletarie, vergini da un punto di vista organizzativo, era costituito dal processo di produzione, non rimaneva che far coincidere la rappresentanza con le fabbriche e le officine[...]. L’iniziativa della creazione di un autogoverno operaio rivoluzionario fu presa da una delle due frazioni socialdemocratiche il 10 ottobre, quando già si avvicinava il più imponente degli scioperi. Il 13 sera, nell’edificio dell’Istituto Tecnologico, si svolse la prima assemblea del futuro soviet. Erano presenti non più di 30-40 delegati. Fu deciso di invitare tutti i lavoratori di Pietroburgo allo sciopero generale ed alle elezioni dei delegati. [...] Il soviet, dal momento della sua nascita a quello della sua morte, fu sempre sotto la poderosa spinta delle forze spontanee della rivoluzione che, nella maniera più irriguardosa, trapassava il lavoro compiuto dalla coscienza politica. Ogni passo della rappresentanza operaia era determinato in anticipo, la “tattica” era palese. I metodi di lotta non occorreva discuterli, si aveva appena il tempo di formularli.[...]

Da L. Trockij, 1905, a cura di V. Zilli,

La Nuova Italia, Firenze 1971, pp. 211-213



LA RIVOLUZIONE DEL 1905




Con l’avvento del capitalismo si era aperto in Russia un contrasto sempre meno componibile tra il processo di industrializzazione, con le nuove forze sociali che metteva in campo, e la mancata modernizzazione delle istituzioni politiche. Una contraddizione che si trasformò in conflitto aperto nel 1905, quando l’intero paese fu sconvolto da un’ondata di rivolte: vi furono scioperi nelle principali città industriali e soprattutto a Pietroburgo, sommosse contadine, ammutinamenti di truppe e rivolte nazionalistiche nel Caucaso. Si trattava di eventi diversi che mettevano però in luce una spinta prepotente alla democratizzazione del sistema politico. Alla testa di questo movimento vi erano la borghesia e il proletariato industriale, ma l’alleanza tra queste due classi sociali moderne non si verificò. La repressione ordinata dallo zar ebbe così ragione delle rivolte popolari.



Il 22 gennaio 1905 è passato nella storia russa con il nome di “domenica di sangue”. Quel giorno la polizia della capitale aprì il fuoco contro una grande folla di lavoratori che dimostravano sotto la guida di un avventuriero, un sacerdote a nome Georgij Gapon, uccidendo, stando alle stime ufficiali, 130 persone e ferendone parecchie centinaia. Ironia della sorte voleva che l’organizzazione di Gapon fosse in sostanza un “sindacato giallo”, parte integrante di un piano del funzionario di polizia Sergej Zubatov di infiltrarsi nel movimento sindacale per avviarlo in direzioni gradite alle autorità; e, sempre per ironia della sorte, i lavoratori stavano convergendo sul Palazzo d’inverno, all’oscuro del fatto che Nicola 11 non vi si trovasse, con icone e ritratti dello zar quali fedeli sudditi, anzi figli devoti del loro sovrano, per implorare da lui riparazione dei torti subiti e aiuto. L’intero, truce episodio rivelò pertanto sotto molti aspetti l’incompetenza delle autorità; il massacro provocò un grande scoppio di indignazione in tutto il paese dando nuovo slancio al movimento rivoluzionario. In particolare, come asseriscono molti autori, comportò una rottura definitiva tra lo zar e i molti lavoratori che fino alla ‘domenica di sangue” gli erano rimasti fedeli. Cedendo a crescenti pressioni, Nicola Il ai primi di marzo dichiarò la sua intenzione di convocare un’assemblea “consultiva”5 e, compiendo ulteriori sforzi verso la pacificazione, proclamò la tolleranza religiosa e abrogò certe disposizioni di legge contro le minoranze etniche, senza tuttavia impedire che la marea rivoluzionaria continuasse a crescere. Nell’estate del 1905 si ebbero nuovi scioperi, sollevazioni contadine di massa in molte province, manifestazioni di opposizione attiva, iniziative rivoluzionarie fra minoranze nazionali e persino, qua e là, ribellioni tra 16 forze armate (celeberrimo il caso della corazzata Potemkin appartenente alla flotta del mar Nero). Il 19 agosto un manifesto imperiale istituì una duma elettiva dotata di poteri consultivi, ma non riuscì a soddisfare né la pubblica opinione colta né le masse; il movimento rivoluzionario cuIminò in un gigantesco sciopero generale che durò dal 20 al 30 ottobre e che è stato descritto come il maggiore, il meglio realizzato e il più decisivo sciopero della storia. [...] Il 1905 si concluse dunque in Russia con sanguinosi combattimenti; ma la rivoluzione ormai si era esaurita in quell’ultimo sforzo. Durante l’inverno spedizioni punitive e processi sommari di fronte a corti marzia1i ristabilirono l’ordine in molte zone in preda alle agitazioni. La destra estrema si unì all’esercito e alla polizia organizzando squadracce, note con il nome di “centurie nere”, che pestavano e a volte uccidevano ebrei, liberali e intellettuali. Protofascista in sostanza, questa destra di nuovo conio prosperava sugli odi etnici e religiosi e faceva appello soprattutto ai contadini ricchi e, nelle città, ai membri della classe media inferiore. Ma, cosa più importante ancora, la gran massa della popolazione era stanca di empiti rivoluzionari e bramava la pace; s’aggiunga che Vitte rafforzò la presa del governo ottenendo un grosso prestito dalla Francia.

Da N.V. Riasanovsky, Storia della Russia, Dalle origini ai giorni nostri,

Bompiani, Milano 1993, pp. 408-409

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