Una città martire
(Boves, Cn)
La cittadina conta durante il Novecento circa 10.000 abitanti ed una popolazione, specie nelle frazioni montane, di una grande povertà, dedita perlopiù alla coltivazione di fazzoletti di terra ed ad un allevamento assolutamente insufficiente all'alimentazione famigliare. Di qui la ricerca di lavori per integrare i proventi magrissimi dell'agricoltura: molti i giornalieri, i muratori, le filandiere, le serve e folto il numero degli emigranti, tra i quali tanti stagionalmente in Francia.
Le guerre mietono vittime direttamente e indirettamente, cioè anche con le malattie cui sono soggette le popolazioni carenti per condizioni igieniche e alimentazione. Trecento i morti tra i combattenti della prima guerra mondiale. Nella seconda sono 149, ma altri si aggiungono nella guerra di liberazione: 86 civili, 58 partigiani e 6 fascisti. Si ripete il dramma dei paesi il cui reclutamento è sostanzialmente tra le truppe alpine e pesa la batosta della Russia e dei Balcani.
Boves è il simbolo della prima strage tedesca in Italia dopo l'armistizio: il 19 settembre sono 24 i morti lasciati sul terreno dalla rappresaglia della divisione SS tedesca Leibstandarte "Adolf Hitler" e 350 le case bruciate. Un secondo eccidio avviene durante il rastrellamento per debellare gli attivissimi partigiani "colpisti" della zona tra il 31 dicembre 1943 e il 3 gennaio 1944: un'altra volta il paese bruciato e 59 vittime tra civili e partigiani.
La Resistenza sarà poi condotta - a partire dall'estate 1944 - da una brigata garibaldina (la 177a) e da una gielle, la Brigata "Bisalta" portando Boves ad una elevatissima partecipazione della sua popolazione alla guerra di liberazione e, naturalmente, ad altri lutti. Per i non invidiabili primati nel numero delle vittime e nelle distruzioni la cittadina sarà insignita prima della medaglia d'oro al valor civile (consegnata nel 1961) e, poi, della medaglia d'oro al valor militare (consegnata nel 1963).
Oggi queste memorie sono conservate sul territorio bovesano e della sua valle Colla, sparsi di lapidi e di monumenti, nonché sotto il porticato del municipio (ricostruito di bel nuovo dopo l'incendio) ove sono custoditi lunghi elenchi di morti nelle "due guerre" (quella fascista e quella di liberazione), le motivazioni delle medaglie d'oro assegnate al paese, la topografia delle morti e delle distruzioni durante le due rappresaglie.
A tutto questo va aggiunta una istituzione di cui Boves ha voluto dotarsi nel.1984 per conservare il ricordo del recente passato, ripudiando per sempre la guerra: una scuola di pace che ha sede nei locali del vecchio municipio, ove, assieme a tanti cimeli è conservata una straordinaria testimonianza - unica nel suo genere - una mostra dei dipinti e dei disegni della maestra di allora di San Giacomo di Boves, Adriana Filippi, che visse tra i partigiani durante i "venti mesi". Tra le 150 opere (oli, pastelli, disegni) si trovano i ritratti di tutti - si può dure - gli uomini più significativi della guerra di liberazione in valle Colla e interessantissime scene di vita guerrigliera.
Boves è diventata in questi cinquant'anni meta di molte visite per questo suo passato.)
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