era il febbraio ’71 ed il veliero compiva 40 anni
IL LIVORNESE CHE SALVO’ L’“ AMERIGO VESPUCCI”
Il giornalista parlamentare Angiolo Berti,dalle colonne de Il Telegrafo sostenne la necessità di non disarmarla e convinse il mondo politico a trovare i fondi per ristrutturarla


E’ la nave “più bella del mondo”. Tutti ce la invidiano,anche oggi che compie addirittura 80 anni (un’età davvero inusitata nella storia della vela). Ma praticamente nessuno sa che, quarant’anni fa,molti volevano mettere in disarmo l’”Amerigo Vespucci”, il “tre alberi”, unico nel suo genere,vanto della Marina Militare.
Motivo: davanti a grossi,indispensabili lavori di ristrutturazione,nel mondo parlamentare, quello da cui in sostanza dovevano per legge giungere i fondi,diffusa era la convinzione secondo cui si trattasse di “un lusso che l’Italia non poteva più permettersi,dati i tempi”.
Se così non è stato, è perché qualcuno – forte della conoscenza di quel mondo e soprattutto di un particolare affetto per quella nave , la sua storia ed il ruolo nella formazione dei futuri ufficiali di Marina – riuscì in maniera sottile,quanto efficace, a porre l’importanza della sua sopravvivenza nelle sedi opportune.
E’ la storia di un solo uomo,livornese,che mai salì a bordo ma che non tollerava si cancellasse un’immagine così cara al cuore degli italiani,per un pugno di milioni od,ancor peggio,per puro calcolo politico .
Angiolo Berti, giornalista parlamentare per mezzo secolo,era avvezzo ad imprese spregiudicate e pericolose ( fu tra l’altro insignito della medaglia d’oro di benemerenza civile per aver salvato dal campo di concentramento delle Caserme Rosse a Bologna,centinaia di rastrellati toscani fra il ’43 ed il ‘45). E, nel febbraio del 1971, dimostrò altrettanta scaltrezza e determinazione in un percorso certo assai diverso,forse nemmeno paragonabile, quanto però delicato per la posta in palio. Per un livornese, il “Vespucci”, non rappresenta infatti solo un simbolo,è l’essenza stessa della libertà, di vivere nel vento e fra le onde, di sfidare il mare e le tempeste.
Ma per dimostrare la fondatezza delle proprie idee, Angiolo aveva bisogno di una rampa di lancio. E chi,meglio de Il Telegrafo (il quotidiano fondato dallo spirito garibaldino di Giuseppe Bandi novanta anni prima) poteva sostenerlo?
Così il 4 febbraio del 1971, non a caso alla vigilia del 40° anniversario del varo a Castellammare di Stabia, Angiolo portò a conoscenza dei lettori la seria possibilità di una messa in disarmo della nave. Concreto e forte fu l’editoriale,supportato anche da illustri pareri tecnici,primo fra tutti il Capo di Stato Maggiore,amm. Roselli Lorenzini ed,assieme,di vari comandanti che l’avevano comandata.
“Se venisse messa in disarmo, scriveva l’Ammiraglio,mai se ne sarebbe potuta costruire una identica, perché enormi sarebbero state le spese. Quindi, la scelta era prendere o lasciare.”
L’eco di quegli articoli fu oltremodo inaspettato, ma non era sufficiente. La burocrazia ha propri tempi e percorsi. E dunque l’abilità di Angiolo fu soprattutto quella d’ insinuarsi, con dignità e fermezza, nelle maglie di un mondo,comprensibilmente distratto da tanti, oggettivi problemi di bilancio.
Furono lunghi mesi di contatti e strette di mano, di dubbi e speranze. Eppure se il salmastro s’ attacca indissolubilmente allo scoglio spinto dal vento di libeccio, così la volontà di Angiolo a perseverare era figlia di quella gente che continua a credere in certi valori, specie quando li tocca con mano. Accademia Navale, Vespucci ,la Marina per i livornesi sono un mito che vive con la città. Separarli, è impossibile,anche biologicamente.
A conclusione della vicenda,come testimonianza, fu il messaggio del direttore de Il Telegrafo,Carlo Lulli:” Ci sono momenti nella vita di un uomo in cui dire la cosa più semplice e cioè che due e due fanno quattro, è già un atto di coraggio e tu,mio caro Angiolo,livornese come me,ci sei riuscito.”
La storia di Angiolo e della “Vespucci” è tutta qui, ma ad ulteriore conforto, è la scelta dell’ammiraglio comandante l’Accademia Navale, Pierluigi Rosati,ricevendo in dono la “pagina” dalla Fondazione “Berti”. Presso l’Accademia, il giorno 2 marzo la “pagina” è stata presentata alle autorità cittadine ed alla stampa,nel contesto di una cerimonia per parlare con esperienze e significativi filmati, la vita a bordo , fatta di silenzi ed assieme del fischio del nostromo che detta gli ordini.
La “Vespucci” è immagine del nostro Paese,ma l’Accademia e la Fondazione “Berti”, con questo, hanno voluto testimoniare che,a vario titolo, è anche parte di loro.
Una nota di cronaca, a conclusione. Per il suo impegno umano e professionale verso la Marina Militare, il 1° novembre 1975 Angiolo Berti fu nominato “storiografo ufficiale”, dal Capo di Stato Maggiore, ammiraglio Gino De Giorgi.

GIAN UGO BERTI
(riproduzione vietata)

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