l'Italia (in ricordo di un italiano)

pubblicata da Enrica Paresce il giorno giovedì 17 marzo 2011 alle ore 10.57


In ricordo di mio padre (nato nel 1894), che andò volontario a combattere dalla Sicilia alle dolomiti per un sogno d'Italia unita nella prima guerra mondiale, e lasciava la pistola all'attendente perché "ci doveva essere un modo che non fosse uccidere, per vincere altri uomini", leggeva l'Iliade e l'Odissea ai suoi soldati davanti al fuoco, e gli fu chiesto di leggere la Divina Commedia ma lui non l'aveva, e il soldato che l'aveva chiesto disse - la vado a prendere a casa Tenente, è lì solo qualche passo dietro le linee austriache!" - che rimase sotto il fango e i tronchi della trincea due giorni prima di essere trovato ancora vivo, e dopo novant'anni ancora urlava la notte al ricordo dei topi che divoravano i suoi amici quando non scriveva proclami militari nell'aria declamandoli con aria ispirata. Mio padre che aveva detto al suo ufficiale superiore che voleva scegliere a caso dei soldati del suo reparto per la decimazione, che prima di ammazzarne anche solo uno avrebbero dovuto uccidere lui.

Che ritornò in Sicilia con una pallottola nel ginocchio, per non aver voluto sparare ad un austriaco solitario incontrato per caso mentre passeggiava beandosi della bellezza delle Alpi, e una medaglia al valore per aver guidato all'attacco i suoi uomini senza armi, riuscendo a conquistare Passo di Buole, per scoprire che la sua giovane moglie era morta e anche suo figlio e nessuno aveva avuto il coraggio di dirglielo... e prendersi la spagnola, tanto per non farsi mancar nulla.

MIo padre che mi raccontava com'era fare il magistrato in Sicilia fra le due guerre, andare in giro con i carabinieri a cavallo come scorta, dormire in luoghi che definire disagiati è un eufemismo. E l'impegno politico socialista sempre più forte... e poi via per la guerra d'Albania, e trovarsi ad essere più solidali con gli albanesi che con l'esercito a cui si appartiene e ancora via... dopo essersi preso un virus che lo stava per uccidere.

Tornare a casa, lasciare la magistratura per non arrestare un compagno di partito, fuggire a Roma con i documenti falsi e buttarsi anima e corpo nella resistenza, e poi l'arresto, la cella condivisa con il suo amico Bruno Buozzi (e ogni volta che passava per Viale Buozzi a roma si incupiva e mormorava che non poteva credere che Bruno non ci fosse più!), e poi via, in fuga, a dormire sotto gli altari e la notte a mettere volantini sugli alberi del Pincio... e la liberazione, la direzione di un giornale, l'impegno al governo, alle arti (restauro Dell'Ultima Cena di Leonardo, creazione del recupero opere d'arte con Siviero), all'economia e il lavoro (istituzione della Tredicesima) e l'impegno alla Consulta... nel partito del lavoro, nel PSIUP nel PSI e poi di nuovo via, con i democristiani che falsificano i voti e la commissione di controllo che rimanda e rimanda sino a che la legislatura non è finita. E allora cambiare di nuovo, pubblicista, giornalista, professore universitario, avvocato, altre due, tre, quattro mogli (la quarta è mia madre) e sacra rota, matrimoni all'estero... la delusione nel vedere la Costituzione a cui aveva lavorato anche lui spezzata e disattesa, la magistratura che distorceva la giuistizia ( molti anni prima di morire nel 1987 lo sentiii commentare amaramente che ormai la magistratura si comportava come una cupola mafiosa, una casta di intoccabili che si consideravano al di sopra della legge... e che la giustizia non era più nelle leggi ma nell'estro di persone irresponsabili... e come ho detto lui era stato giudice) e la pittura, i libri, le note all'enciclopedia del diritto, gli articoli sul suo amato Holderlin, sino a morire con un libro suo sull'ermeneutica del diritto da correggere e un libro sui computer da studiare... perché mi disse mentre aspettava di morire con gli occhi allegri e il femore spezzato,

- Il futuro, Enrica è nei "computer"

in suo ricordo... VIVA L'ITALIA

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