La repressione di Piazza Tienanmen
Nel 1989 il primo ministro Li Peng e la fazione dei cosiddetti conservatori cercano di rallentare ulteriori sviluppi delle quattro modernizzazioni in senso liberistico. Lo scopo è quello di tenere sotto controllo lo sviluppo economico; contenere, e possibilmente ridurre, l’inflazione; evitare l’aumento degli squilibri sociali; combattere la speculazione e la corruzione dilagante.

Di fronte a queste misure comincia la protesta degli studenti cinesi che chiedono riforme democratiche nel paese.

Questione politica e questione sociale
Quali sono le motivazioni della protesta?

La posta in gioco sulla Tienanmen non sono soltanto gli ideali di libertà e democrazia, in contrapposizione ad una concezione autoritaria del potere e della società. In un paese sottosviluppato e privo di tradizioni democratiche come la Repubblica popolare cinese la questione politica tende a confondersi con la questione sociale, nel senso della rivendicazione di maggiore giustizia.

In gioco vi sono precisi interessi sociali. Gli studenti sono i figli di quella piccola borghesia cittadina e burocratica e di quei ceti intellettuali che pagano i costi della riforma economica, a causa dell’inflazione che ne falcidia i salari, e che non ne sta ricavando alcun beneficio, né sul piano della liberalizzazione produttiva, né su quella della speculazione e della corruzione.

Per i giovani della Tienanmen, le libertà borghesi che essi rivendicavano non erano un semplicemente un fine, ma "il mezzo" attraverso il quale lottare contro la corruzione e l’arricchimento della burocrazia statale e di partito e dei detentori delle "rendite di posizione" sociali ed economiche create dalla riforma economica neoliberista di Deng Xiaoping.

Le manifestazioni
Le manifestazioni prendono l’avvio come commemorazioni per la morte di Hu Yaobang, fino al 1987 segretario di tendenza riformista del partito comunista. Una grande folla partecipa alle dimostrazioni che avanzano la richiesta di riforme democratiche (come un più ampio diritto di riunione) e di dimissioni dal governo dei delfini di Deng Xiaoping, Li Peng (primo ministro) e Zhao Ziyang (segretario generale del Partito comunista). Per settimane nella sterminata piazza si discute sulle forme che la democrazia dovrà assumere in Cina.

Le folle crescono sempre di più: al sit-in del 18 aprile vi sono 2.000 studenti; in 100.000 commemorano Hu Yaobang il 21 aprile; sono 500.000 le persone radunate nella piazza il 27 aprile per chiedere democrazia, libertà di stampa e lotta alla corruzione; un milione di manifestanti chiede il 17 maggio le dimissioni di Deng Xiaoping.

I metodi di lotta sono non violenti: il presidio della centralissima piazza Tienanmen e lo sciopero della fame, che 2.000 studenti iniziano il 13 maggio. In occasione della visita del premier sovietico Mikhail Gorbaciov (un simbolo della possibilità di apertura dei regimi comunisti) gli studenti rifiutano di sciogliere il raduno e organizzano grandiose manifestazioni nella piazza.

Il governo di Li Peng e Zhao Ziyang dichiara allora la legge marziale (20 maggio) e invia l'esercito a Pechino per disperdere i manifestanti. Si è giunti ormai a un punto di non ritorno: di fronte a una crisi come questa un regime totalitario, in cui l’identificazione tra governo e sistema è totale, non può che crollare o scegliere la strada della repressione.

La strage
Seguono giorni di tensione e incertezza. Una parte delle forze armate si schiera a difesa degli studenti accorsi nella piazza.

Ma nella notte tra il 3 e il 4 giugno 1989 i militari aprirono il fuoco, uccidendo centinaia o migliaia di dimostranti. Gli studenti si rifugiano nei campus universitari, che vengono circondati e setacciati dall’esercito. Inizia la caccia ai "controrivoluzionari": in tutta la Cina vi sono migliaia di arresti e di processi, che in qualche caso si concludono con esecuzioni sommarie. Le condanne inflitte agli studenti sono pesanti. Solo nell’aprile del 1998 viene liberato Wang Dan uno dei giovani leader della rivolta di Tienanmen; nel 1987 era stato liberato dopo 18 anni trascorsi in carcere Wei Jing-sheng: entrambi vengono subito esiliati negli USA.

Reazioni a Tienanmen
Le immagini della strage sono diffuse dalle televisioni di tutto il mondo, le cui troupes stazionavano sulla piazza Tienanmen. Per ostacolare la diffusione di notizie il governo attua un severissimo controllo sugli organi di stampa cinesi e vieta l'ingresso nel paese ai giornalisti stranieri.

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