OGGI ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI GIORDANO BRUNO

Introduzione alla filosofia - di Ernesto Riva

Giordano Bruno

  


 

Giordano Bruno (1548-1600) 

Uno dei meriti di Bruno è aver compreso che uno dei nodi cruciali del sapere moderno è costituito dall'interpretazione dell'universo in quanto tale. Bruno capisce inoltre tutta la novità, tutto il potere dirompente della dottrina copernicana. Proprio per questo non esita a proporre una interpretazione "forte" dell'opera di Copernico. Copernico, secondo Bruno, non si è dilettato ad immaginare una mera ipotesi teorica: ha delineato, invece, una vera e propria interpretazione del mondo. Una interpretazione che fa crollare tutta una serie di principi fisici e metafisici dell'aristotelismo e che sollecita a ripensare tutta la cosmologia tradizionale. Oltrepassando le stesse posizioni copernicane, Bruno delinea con audacia una nuova immagine del mondo che non ammette né il vecchio geocentrismo (la Terra al centro dell'universo) né il nuovo eliocentrismo (il Sole al centro dell'universo) ma afferma l'infinità dell'universo. L'universo di Bruno non ha centri né gerarchie, è unitario ed infinito. E' un mondo infinito, materiale, omogeneo, autosufficiente, composto da corpi, eventi, processi, la cui ragione d'essere è tutta immanente (=interna, intrinseca) alla realtà stessa. 

L'idea della pluralità dei mondi e dell'infinità del tutto ha un'origine antichissima. Presso i Greci era stata ad esempio propugnata da Democrito e da Epicuro; più tardi, nella latinità, fu difesa da Lucrezio nel De rerum natura. Ma quelle concezioni erano state respinte dalla corrente "ufficiale" della scienza greca, che aveva accettato il modello aristotelico di un mondo finito. Nel Medioevo il rigetto totale dell'atomismo, visto come eretico dalla Chiesa, aveva decretato la definitiva sconfitta di ogni immagine astronomica alternativa a quella sanzionata dalla Chiesa stessa. I primi dubbi si possono trovare nell'ultima Scolastica e in Ockham. Con Cusano, poi, si fece strada l'idea che l'universo potesse essere "interminato" : il suo cosmo non è più il cosmo medievale ma non è ancora l'universo infinito dei moderni . 

E' soltanto con Bruno che troviamo l'esplicita affermazione dell'apertura e dell'infinità del mondo. E – si noti – Bruno non giunse a questa visione dell'universo da osservazioni astronomiche o da calcoli matematici, bensì da una intuizione di fondo del suo pensiero, alimentata dal copernicanesimo. 

Le tesi "rivoluzionarie" presenti in Bruno sono le seguenti : 

L'universo è aperto in ogni direzione e le supposte stelle fisse si trovano disperse in uno spazio senza limite; 

Vi è una pluralità illimitata di sistemi solari, che Bruno ritiene popolati da creature viventi, senzienti e razionali; anzi, alcuni di questi mondi sono certamente più stupendi del nostro e con abitanti di gran lunga migliori dei terrestri; 

L'universo è una sola, immensa regione. Si sbaglia, secondo Bruno, a voler distinguere fra una parte più nobile ed una meno nobile dell'universo perché, procedendo tutto dall'unica mente e dall'unica volontà di Dio, resta preclusa ogni discriminazione gerarchica fra le varie zone del creato; 

Lo spazio è qualcosa di unico ed omogeneo, ossia di fondamentalmente simile a se stesso. Sostituzione quindi dello spazio aristotelico (finito e gerarchicamente differenziato in luoghi naturali) con uno spazio infinito. In quanto tale, esso è acentrico, poiché non vi è nessun punto di riferimento assoluto. I corpi sono costituiti da atomi, che sono le costituenti elementari della realtà. Gli atomi sono identici fra loro per sostanza, forma e dimensione : la differenziazione dei corpi deriva solo dal diverso numero e dalla diversa aggregazione degli ingredienti atomici. Il monismo di Bruno unifica la materia e la forma: se l'universo è un unico corpo infinito, la sua forma sarà l'Anima intellettiva universale. In altri termini, l'Anima universale è la vera e sola causa ed è identificata con la forma aristotelica. La materia, d'altra parte, è vista come materia universale, e dunque materia e forma non sono due sostanze bensì due aspetti dell'unica sostanza universale e infinita.

In conclusione, l'infinità dell'universo è l'idea madre che sta alla base di tutte le altre e che infiamma Bruno di un'ebbrezza filosofica che lo riempie di entusiasmo e di passione, portandolo a considerare l'universo come un qualcosa senza limiti dai caratteri divini : infinito lo spazio, infiniti i mondi, infinite le creature, infinita la vita e le sue forme ecc. 

L'universo non è per Bruno frutto di una creazione ma è la manifestazione diretta e immediata della divinità. In Bruno però l'identificazione di Dio con la natura non è del tutto compiuta (è un panteismo particolare) : egli persiste nel voler distinguere da Dio nella natura, che è l'Intelletto immanente nell'universo, il Dio sopra la natura, che è chiamato da lui Mente, ed è inteso come una sorta di Provvidenza, almeno in generale se non in particolare. 

All'universo è poi immanente un'Anima intellettiva universale, autrice della grande varietà della natura, e quest'Anima intellettiva non sostituisce né rende impensabili le varie anime intellettive particolari, le quali sono, per ciascun essere della natura, quello che l'Anima intellettiva universale è per il mondo nel suo complesso. 

Bruno ritiene inoltre che ciascun essere della natura abbia una propria anima, e questa sia, oltre che interno principio di vita e di moto, anche libero principio dei suoi atti. In altri termini, l'anima umana è dotata di libero arbitrio : anzi, il volere umano non solo può scegliere fra le varie possibilità ma può anche eccederne i limiti quando, con l'intelletto, si rivolge oltre la natura, al suo supremo principio. Beninteso, la divinità, in Bruno, è considerata immanente nel mondo, dunque non è certo il Dio cristiano quanto piuttosto una sorta di simbolo: l'espressione cioè del dinamismo organizzato e intelligente che Bruno attribuisce all'universo. 

Bruno tende, in ogni caso, a separare nettamente la sfera della fede e della religione dall'ambito della ricerca e del sapere razionale. La prima riguarda soltanto l'ambito della coscienza personale; pertanto il Cristianesimo non può e non deve interferire con la riflessione filosofico-scientifica, e del resto le stesse Scritture non hanno finalità cognitive bensì pratico-morali. Bruno afferma la doverosità di emancipare l'indagine della scienza e della filosofia da qualunque forma di autorità, a cominciare da quella dei filosofi antichi (e in primo luogo da Aristotele). 

Il sapere viene valorizzato da Bruno come componente essenziale di un intervento attivo da parte dell'uomo nell'esistenza e nel mondo. E' importante che vi sia uno stretto rapporto fra la mente e la volontà, fra la conoscenza e l'azione : "L'uomo non contempli senza azione, e non operi senza contemplazione" (cfr. Lo spaccio della bestia trionfante). 

In quanto poi agli eroici furori, essi consistono in pratica nello svincolarsi dagli amori sensibili, dalle passioni individuali, dagli interessi sociali e politici per innalzare l'uomo a ciò che è puramente ideale, così che l'uomo raggiunga la "vita de dei", che però non significa, si badi, la trasformazione dell'uomo in un Dio : è piuttosto una ricerca attiva, mai finita, è l'inarrestabile dinamismo dell'uomo che, animato dalla passione della conoscenza e dal desiderio del proprio perfezionamento, non si vuole fermare davanti a nessun ostacolo, infrange ogni barriera e prosegue un cammino che sa infinito. 

CENNI BIOBIBLIOGRAFICI 
Nato a Nola (Campania) nel 1548, Bruno entrò giovanissimo nei Domenicani e prenderà gli ordini. Ma il suo spirito irrequieto e l'eterodossia delle sue idee gli crearono ben presto seri problemi. Nel 1576 fu costretto a lasciare il convento e iniziò a peregrinare per l'Europa. In Inghilterra scriverà i Dialoghi italiani (tra cui De la causa, principio et uno), e si sposterà quindi in Germania. Scrive i Poemi latini, in cui riespose la sua filosofia. Accettò poi l'invito del patrizio Giovanni Mocenigo di recarsi a Venezia. Qui viene denunciato all'Inquisizione (Mocenigo scopre una tresca fra sua moglie e l'ospite, inoltre è deluso dalle lezioni di Bruno sulla magia e sulla mnemotecnica; in ultimo non tollerava i discorsi "eretici" da cui Bruno non si asteneva). Bruno si difese con abilità secondo il principio della "doppia verità". L'Inquisizione veneta, stufa di quel turbolento personaggio, consegnò poi Bruno all'Inquisizione romana. Si aprì così a Roma nel 1593 un nuovo processo, che si protrasse per sette anni. Nel dicembre 1599, richiesto per l'ultima volta di abiurare, Bruno dichiarò di non volersi pentire, di non avere nulla di che pentirsi, di non sapere di che cosa dovrebbe pentirsi. Allora Bruno fu scomunicato ed affidato al governatore di Roma per le debite "pene", che, per gli eretici impenitenti, era il rogo. Il 17 febbraio 1600 Bruno veniva arso al rogo in campo dei Fiori a Roma. Secondo lo studioso Luigi Firpo, "la condanna è stata oggettiva. Dal punto di vista giuridico del tempo non esisteva alternativa. Dal punto di vista del procedimento è un procedimento esemplare". Si ricordi che Bruno fu condannato perché era eretico e non per altri motivi. Non fu ucciso perché sosteneva idee filosofiche insolite o perché aveva commesso adulterio. Egli negava la transustanziazione, la verginità della Madonna, affermava che Dio e l'universo sono la stessa cosa, sosteneva la bontà della magia e della metempsicosi; che Mosè è un simulatore, che la Scrittura è un'illusione, che Cristo non è Dio ma un mago impostore giustamente giustiziato, e così gli apostoli. 


 


 

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