"Il dottor Zivago" di Boris Pasternak, un romanzo nato fra le polemiche.
E' ritenuto un capolavoro esemplare di romanzo storico e sociale. Un romanzo dal carattere esplicitamente razionale che suscitò violente polemiche e atti intimidatori quando fu pubblicato, il 23 novembre del 1957. A distanza di cinquant'anni, il romanzo Il dottor Zivago di Boris Pasternak (nella foto) viene celebrato in tutta Europa non senza ricordare la persecuzione intellettuale e morale che l'autore ha dovuto subire dal regime comunista e dai servizi del Kgb che lo costrinsero alla povertà e all'isolamento.
Il romanzo è lunghissimo, quasi settecento pagine in cui è raccontata la storia – per certi versi autobiografica – di Zivago, per un periodo compreso tra il 1905 e il 1930. La narrazione copre quindi i trent'anni cruciali della Russia. Anni in cui ciò che succede al dottor Zivago succede a milioni di Russi a causa della fallita rivoluzione del 1905, a causa della Prima guerra mondiale, a causa della Rivoluzione d'Ottobre, della guerra civile, della carestia, della Nep e, infine, della dittatura comunista consolidata.
Non è stato facile pubblicarlo. In Russia il romanzo non potette circolare neanche in bozzetti. L'Italia si guardava attorno con circospezione. Molti intellettuali non volevano – o non poterono – diffondere il romanzo perché coscienti che si trattava di una spietata denuncia, senza equivoci, di quel regime sovietico perpetrato ai danni dei cittadini russi. Il clima politico italiano non era favorevole alla pubblicazione: ciò significava rompere con il Partito Comunista Italiano. E per questo che la pubblicazione fu rifiutata da Giulio Einaudi o, come disse Vittorio Strada, il più grande teorico della letteratura russa, fu una pubblicazione mancata per insufficiente tempestività e per deficit organizzativo. Gli intellettuali che ruotavano intorno alla casa editrice fecero di tutto per far sì che la pubblicazione non avvenisse, almeno non subito. Intervennero personalmente Palmiro Togliatti, Rossana Rossanda e Pietro Ingrao. Anche Italo Calvino, consulente editoriale per Einaudi, cercò di ritardarne la pubblicazione.
Ma il romanzo vide la luce lo stesso. In Italia prima che in Urss. Fu pubblicato in prima mondiale da Giangiacomo Feltrinelli, giocando sull'inerzia e l'indecisione della Einaudi. Il manoscritto gli era stato recapitato a Berlino da un giornalista italiano che lavorava a Radio Mosca. Trentuno edizioni in un anno, fu la fortuna della casa editrice anche se si consumò la rottura tra la Feltrinelli e il Pci.
Il libro si diffuse in tutta Europa e fu tradotto in tutte le lingue, ma con esso circolò anche il 'Caso Pasternak'. Qualche mese dopo la pubblicazione, nel 1958, gli fu conferito prima il premio Bancarella e poi il premio Nobel per la letteratura, ma il governo russo gli precluse la possibilità di ritirarlo, se lo avesse fatto non avrebbe potuto far ritorno in patria. Venne poi espulso dall'Unione Nazionale degli Scrittori e, da quel momento, visse nel gelo glaciale della politica e della letteratura ufficiale, un esilio forzato dal quale venne a liberarlo la morte, nel 1960. Nonostante tutto, la fama di scrittore crebbe a dismisura, a testimoniare che le forme di genialità e l'arte in generale non si possono sopprimere.
Ricordare Pasternak oggi significa esprimere un sentimento commosso verso uno fra i più grandi poeti del Novecento. Un poeta vero, miracolosamente sopravvissuto alla generazione dei suicidi e dei massacri di quasi tutti i suoi amici. Il dottor Zivago è un romanzo ritenuto un capolavoro esemplare di storia, vita sociale e conflitti individuali difficile da non identificare con quel periodo storico per molti ritenuto freddo e glaciale come la sensazione che traspare dalla lettura quando si incontrano i manti bianchissimi della Siberia, il luogo simbolico d'esilio del dottor Zivago/Pasternak. Il romanzo fu pubblicato in Russia solo nel 1988, dopo la perestroika. Mentre nel 1989, Yevgueny Pasternak, figlio dell'autore, compirà quel viaggio in Svezia per ritirare un Premio rimasto lì da oltre trent'anni.
2.6.1 - La trama del libro
Leggendo il romanzo si sente il freddo glaciale delle notti russe e il suono della Balalaika.
Il protagonista si chiama Jurij Andrèevic Zivago, un medico. Dopo aver combattuto nella prima guerra mondiale rientra a Mosca per salvare i suoi familiari dalla Rivoluzione russa. Si rifugia con la moglie e il figlioletto in un paesino sperduto sui Monti Urali dove incontra Lara, crocerossina impiegata nel suo stesso reparto ospedaliero. Tra i due nasce un amore interrotto dalla cattura del dottor Zivago da parte dei partigiani russi. Al suo ritorno dopo la fine della rivoluzione, non troverà la moglie ad aspettarlo, ma Lara. Una storia d'amore raccontata attraverso le poesie che il protagonista scrive per la sua amata, ma anche e soprattutto il simbolo della lotta culturale di sinistra di quel periodo, di cui lo scrittore Boris Pasternak si fa portavoce. Nel 1965 il romanzo divenne un film per la regia di David Lean, con Omar Sharif e Julie Christie, che lanciò le vicissitudini di Jurij e Lara sullo sfondo della Russia rivoluzionaria in ogni angolo del pianeta e che vinse cinque premi Oscar e la Palma d'Oro a Cannes. La Russia solo nel 2006 portò in scena il capolavoro in televisione in forma di sceneggiato. Fu visto da milioni di telespettatori.
(tratto da "I premi letterari Campiello e Bancarella", tesi di laurea di Giuseppina Bianchino; per gentile concessione dell'autrice)
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